La mitica “Brigata Valtellina”

UNUCI, magnifica lezione di storia del generale CC Carmelo Burgio

La mitica “Brigata Valtellina” protagonista della Grande Guerra, è emersa dai ricordi del Generale di Divisione CC Carmelo Burgio, relatore di una magnifica lezione di storia presso sala conferenze Grand Hotel della Posta, su invito dell’Unuci provinciale che unisce gli Ufficiali in congedo d’Italia. A presentare l’illustre ospite il presidente del sodalizio sondriese 1° Cap. Claudio GALA che si è detto onorato per la presenza dell’illustre relatore, insignito delle più alte onorificenze dello Stato per il suo encomiabile servizio nell’Arma dei Carabinieri e tra l’altro grande esperto di strategia militare. “Guerra civile americana: lezioni non apprese nella Grande Guerra” il tema della sua chiara disamina che ha esplorato in lungo e in largo gli errori tattici commessi sul versante italiano durante il primo conflitto mondiale.  Tra le figure di spicco, naturalmente, Cadorna, prima elevato agli altari, poi prostrato nella polvere e infine riabilitato con una sentenza senza luogo a procedere visto che le sue tattiche affondavano radicalmente in quel compendio militare dell’epoca votato essenzialmente all’attacco. Sempre e comunque. Scelte a volte discutibili, pur se dettate dall’amor patrio, esercitate sulla pelle di tanti giovani vite mandate al macello. “Studiare l’arte militare ci offre a volte l’opportunità di riflettere sugli errori commessi durante le grandi guerre, ma quella civile americana sembra non aver insegnato niente ai nostri strateghi nelle battaglie della Grande Guerra”, ha esordito il generale Burgio che vanta esperienze di grande prestigio nel glorioso “Tuscania” e all’estero, in Libano, in Albania, in Afghanistan e in Iraq, a Nassiriya all’alba della tragica strage del 2003. Parallelismo perfetto tra la Guerra civile americana e quella del “’15-‘18” puntando sui tre capisaldi dell’esercito: la Fanteria, la cavalleria e l’Artiglieria. Le guerre napoleoniche erano vinte dal genio napoleonico grazie ad un fulgido attacco che si muoveva con un tempismo perfetto che era subito a ridosso delle linee nemiche per l’assalto all’arma bianca. Ma in America le cose sono andate diversamente perché se in Europa i fucili monocolpo potevano colpire solo a circa 150 metri dal bersaglio mobile, rendendo vana la successiva ricarica, negli Stati Uniti i nuovi strumenti di guerra colpivano già a 350 metri e potevano sparare a ripetizione. La Fanteria allora deve imparare ad adattarsi ad attacchi proditori e a intermittenza, uscendo dal riparo delle trincee. La stessa cavalleria aveva disimparato a lanciarsi a capofitto nella mischia rischiando di essere macellati dal fuoco nemico, per avvicinarsi alle postazione avversarie e proseguire l’attacco a tappe come semplice fanteria. Un’idea rubata dalle “sturmtruppen”, quelle truppe d’assalto tedesche dotate di mitragliatrici, lanciafiamme e bombe a mano, che nel 1917 sfondarono Caporetto infliggendoci una dura disfatta. Ecco allora la valorosa “Brigata Valtellina” che si distingue nella prima battaglia dell’Isonzo attaccando la testa di ponte nemica davanti a Tolmino e dopo una settimana di combattimenti riesce ad occupare una trincea austriaca sul Santa Maria. Ripresa l’offensiva a metà agosto, i reggimenti della Brigata avanzano più volte sino ai reticolati nemici senza trovare varchi per passare; ogni tentativo è ricacciato dal pronto intervento delle riserve avversarie. E allora eccoli ancora gli errori strategici dei vertici militari italiani. Durante la 3° e 4° battaglia dell’Isonzo, la Brigata Valtellina rinnova gli sforzi per riconquistare il Santa Maria trovando le linee di difesa nemiche insormontabili e subendo così pesanti perdite. La ritroviamo ancora in Trentino nel settore del Pasubio e nella grande battaglia sul Carso dove sfonda le linee nemiche e, dopo la Battaglia di Vittorio Veneto tra il Grappa ed il Piave, attacca lungo la Val d’Astico sino all’armistizio del 4 novembre 1918.

 

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