Non solo virus.V'è anche la guerra alla cimice asiatica: indispensabile collaborare

Senza distanziamenti e mascherine si rischia di nuovo la clausura

La Fondazione Fojanini di Studi Superiori in collaborazione con Melavì e il supporto di ERSAF-Servizio fitosanitario regionale, sta organizzando un piano di interventi per contrastare la cimice asiatica (Halyomorpha halys), l’insetto dannoso per numerose colture, e per quanto riguarda la provincia di Sondrio, principalmente per il melo.

La cimice asiatica, presente nel territorio provinciale ormai dal 2016, nel 2019 purtroppo ha causato danni importanti alla produzione frutticola valtellinese, rendendo sempre più urgente un programma condiviso di gestione.
“La problematica della cimice asiatica va affrontata sul territorio con un’azione condivisa e coordinata – dichiara Sonia Mancini, Presidente di Fondazione Fojanini – ed è con questa finalità che nasce questo progetto con Melavì e il supporto del Servizio Fitosanitario di ERSAF. Il progetto prevede diverse attività: il monitoraggio territoriale dell’insetto, un convegno tecnico e la definizione di linee guida con consigli tecnici che verranno prontamente diffusi alle aziende agricole”. “Per realizzare tale programma– continua Mancini - avremo bisogno della partecipazione di tutte le aziende agricole e di tutti gli attori del sistema produttivo”.
“Al fine di divulgare al mondo frutticolo provinciale il piano di azione ideato, era stato programmato per il giorno 16 marzo un convegno rivolto agli operatori del settore” continua Sonia Mancini, “di cui era stato già stilato il programma definitivo, con interventi anche da parte di tecnici frutticoli provenienti da Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Piemonte, che si sono trovati a dover affrontare la problematica prima di noi. L’incontro si sarebbe dovuto tenere presso la sala del teatro comunale di Ponte in Valtellina”.
A causa della problematica del Coronavirus tale incontro non si è potuto tenere nella data programmata, quindi spostato in data da destinarsi in base all’evoluzione della situazione e ai Decreti conseguenti.

Il presidente di Melavì, Bruno delle Coste, conferma: “è assolutamente necessario unire gli sforzi e procedere in modo coordinato contro questa avversità, anche perché in questa fase i produttori, che nel corso del 2019 hanno già subito danni in misura pesante, chiedono ai tecnici e al mondo della ricerca delle risposte pratiche”.  Il programma di monitoraggio, nato per azione congiunta Fondazione Fojanini-Melavì, e coordinato dalla Fondazione Fojanini, nasce in primis dall’esigenza di organizzare un monitoraggio territoriale il più possibile capillare, al fine poi di applicare eventuali contromisure nel modo più coordinato e puntuale possibile.

Martino Salvetti, responsabile del Servizio Difesa della Fondazione Fojanini spiega il programma: “Scendendo un po’ più nel dettaglio, il programma di monitoraggio si basa sull’utilizzo di trappole apposite per l’insetto che verranno posizionate in diverse tipologie di ambienti ed agroecosistemi (frutteti, aree incolte, boschi, altre tipologie di colture come mais, nocciolo ecc.). Il protocollo di indagine stilato prevede un posizionamento e controllo delle trappole dal mese di aprile (quando gli adulti svernanti iniziano a diffondersi nel territorio) ai mesi di settembre-ottobre, cioè fino alla raccolta delle mele. Contemporaneamente, in fase di controllo delle trappole, si effettueranno dei monitoraggi con altre tecniche (monitoraggi visivi, frappage, ovvero sbattitura delle chiome delle piante, e retino da sfalcio sull’erba) al fine di valutare la presenza dell’insetto nei diversi momenti della stagione e nelle diverse situazioni colturali. L’obiettivo principale è valutare  il momento  in cui la cimice esce dai siti di svernamento (adulti svernanti) per iniziare a visitare alcune tipologie di piante ospiti (Ailanto, altre piante spontanee e colture frutticole come pesco ecc.) per poi passare sul melo e iniziare a causare problemi su questa coltura che per noi è la principale coltura da reddito frutticola (estesa su circa 1200 ha)”.
I tecnici spiegano che l’insetto è particolarmente elusivo, e la sua presenza nei frutteti non segue delle regole precise, come invece succede per i “fitofagi” classici del melo. Questo implica che è molto difficile identificare un momento in cui inizia a colonizzare in modo massiccio i frutteti, e risulta complicato anche definire delle linee di intervento “territoriali”, anche con l’uso di molecole insetticide, perché il rischio è quello di effettuare dei trattamenti generalizzati, mentre è indispensabile valutare le diverse casistiche per decidere degli interventi il più possibile mirati e “aziendali”.
Infatti, la presenza di altre colture potenzialmente attrattive (soia, mais, pescheti, noccioleti), ma anche aree incolte, canali, rive di torrenti con fioriture spontanee a volte invasive (come il cosiddetto “albero delle farfalle”, Buddleja davidii), determina un numero molto elevato di casistiche e di variabili che è importante tenere in considerazione per valutare caso per caso la situazione della presenza della cimice asiatica nei nostri frutteti.
In quest’ottica, è importante che al monitoraggio condotto da Fojanini-Melavì si affianchi anche una fattiva collaborazione di tutte le figure professionali coinvolte, in primis gli agricoltori che più di tutti hanno il “polso” della situazione dei loro singoli frutteti.
“Al di là del monitoraggio in sè”, aggiunge Adriano Gadaldi, tecnico della Melavì, “la collaborazione che si vuole mettere in piedi ha anche lo scopo di “fare rete” con tutti gli operatori del settore, nella consapevolezza che solo una la condivisione dei metodi e dei risultati del monitoraggio possa portare ad un risultato ben più importante che è quello di affrontare in modo collaborativo una problematica che altrimenti rischia di trovarci impreparati. Inoltre sulla base del monitoraggio si potranno decidere interventi, anche insetticidi se necessario, il più possibile mirati e non dettati dal timore o dalle informazioni che giungono dall’esterno, da altri areali frutticoli”.
Per questo motivo, nella rete di monitoraggio che vedrà una quarantina di siti da individuare nell’ambito degli areali frutticoli, verranno effettuati controlli da parte dei tecnici ma verranno coinvolti anche studenti che si renderanno disponibili per tesi, tirocini ecc. “Facciamo anche un appello alle aziende” – aggiunge Salvetti  - “chiedendo la massima collaborazione: se in azienda c’è un familiare giovane e volonteroso, sarebbe importante che si mettesse a disposizione per coadiuvare i tecnici nei monitoraggi, rendendosi magari disponibile a controllare una postazione di trappole”.
Importantissima è la comunicazione: ogni osservazione, anche relativa alla presenza dell’insetto in areali non agricoli,  può essere utile e deve essere condivisa. Sulla base delle osservazioni ricevute e dei dati raccolti con il monitoraggio, i tecnici comunicheranno alle aziende agricole presenti sul territorio i momenti e le strategie migliori per intervenire.

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