La Valtellina sull’Everest: bravo Confortola, peccato per Compagnoni L’impresa di D’Arrigo
1) In alto con
Confortola
La Valtellina sull'Everest: il 25 maggio scorso - il giorno dopo
Alessandro Busca,
Claudio Bastrentaz, Karl Unterkirker e Mario Merelli che erano
riusciti ad arrivare in cima senza ossigeno -
Tarcisio Bellò, Marco Confortola e uno sherpa hanno raggiunto
la cima con l'uso di ossigeno da circa 8300 metri. Il vento
forte e le temperature rigide hanno bloccato il tentativo del
resto del gruppo con l'altro valtellinese, Michele Compagnoni.
Purtroppo il secondo gruppo era partito un po' dopo il primo e
si é trovato costretto a ripiegare a breve distanza
dall'obiettivo.
Dal tetto del mondo é subito partito questo eloquente messaggio:
“DAL TETTO DEL MONDO SALUTIAMO IL SANTO PADRE E IL PRESIDENTE
CIAMPI, IL
MINISTRO ALEMANNO, IL NUOVO PRESIDENTE DEL CAI, TUTTI GLI
ITALIANI E GLI
ISTITUTI DI RICERCA CHE CI HANNO PORTATI FIN QUI”.
Marco Confortola è nato a Bormio il 22 maggio 1971, é
Guida Alpina, Maestro di Sci Alpino, Istruttore Regionale del
C.N.S.A.S.
ESPERIENZE EUROPEE
1999 - partecipa al Trofeo Mezzalama classificandosi in 15°
posizione.
2001 - partecipa al Trofeo Mezzalama classificandosi in 18°
posizione, 1° discesa estrema sulla parete Nord del Pizzo
Tresero, Via dei Seracchi, 1° attraversata 13 Cime del
ghiacciaio dei Forni in 14h 30’, 1° concatenamento in solitaria
con salita e discesa di 5 pareti Nord (Tresero-Pedranzini-Dosegù-San
Matteo-Cadini), tempo totale 8h 10’.
2002 - 1° salita parete Nord integrale del Tresero con cliente.
Ha svolto inoltre varie salite e discese in solitaria sull’Arco
Alpino.
Tarcisio Bellò, Marco Confortola e uno sherpa hanno raggiunto
questa mattina alle 8.30 (ora locale) la vetta dell’Everest, con
l’uso di ossigeno.
I tre erano partiti alle 23.30 locali dal campo III, spazzato
tutta la notte da vento fortissimo, tanto che Soro Dorotei,
Silvio Mondinelli, Michele Compagnoni, Mario Panzeri e Giulio
Maggioni hanno preferito attendere fino alle 3 del mattino prima
di mettersi in marcia.
Questo secondo gruppo, che tentava la salita senza il supporto
di ossigeno, ha dovuto rinunciare al tentativo poche centinaia
di metri sopra il campo, a causa dell’eccessivo freddo.
Al loro rientro al campo III i cinque hanno trovato una brutta
sorpresa: il vento aveva semidistrutto le tende.
Red
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2) Ci mancava il
deltaplano!
Nello stesso periodo
altro exploit targato Italia sul tetto del mondo.
Angelo d'Arrigo, 43 anni, siciliano, figura nota del mondo del
volo libero, è riuscito ad effettuare il sorvolo in deltaplano
della montagna più alta del mondo, l'Everest.
La spedizione era partita per il Nepal il 19 aprile e si era
acquartierata a Lukla (2800 m), dove erano stati effettuati
alcuni voli d'ambientamento ed i preparativi tecnici per la
missione. Poi l'intero gruppo si è trasferito a Syangboche (4000
m) ed il 18 maggio sono iniziati i tentativi di sorvolo che,
secondo le previsioni, sarebbe dovuto avvenire non oltre il 28,
poiché dopo tale data le mutate condizioni climatiche
l'avrebbero reso impossibile.
Nei giorni successivi il volo è stato più volte rimandato a
causa delle cattive condizioni del tempo, lasciando il pilota e
tutto il suo staff in inutile attesa fino a che, per non
rischiare di superare la data fatidica, si è deciso di cambiare
programma.
Spostatosi a Tyangboche (3867 m), Angelo D'Arrigo è decollato
alle 5,30 (ora locale) del 24 maggio trainato da un delta a
motore pilotato da Richard Meredith ed ha risalito da sud la
valle del Khumbu per sorvolare Namche, Amadablam e la cascata di
ghiaccio dove sono posti i campi intermedi degli alpinisti che
affrontano il tetto del mondo.
Il deltaplano di D'Arrigo ha poi volato verso le pareti del
Nuptse (7879 m) e del Lhotse (8511 m), prima di staccarsi dal
mezzo a motore e, sfruttando violentissime correnti
ascensionali, lanciarsi in solitario verso la vetta dell'Everest
(8848 m), dove ha avvistato la spedizione italiana che proprio
in quelle ore stava raggiungendo la cima. Il volo è durato circa
4 ore e 30' con velocità prossime ai 200 km/h.
La conduzione del mezzo è risultata più difficile del previsto
soprattutto a causa di forti turbolenze e della violenza del
vento; il pilota ha dovuto affrontare imprevisti quali la
formazione di ghiaccio sulla visiera del casco e la rottura di
una parte del cavo di traino, detta "fusibile", avvenuta poco
prima di raggiungere la vetta. Inoltre le proibitive condizioni
di volo, dovute al freddo intenso ed agli sbalzi di pressione,
con salite da 3800 ad oltre 9000 metri affrontate in poco tempo,
hanno messo a dura prova il suo fisico, basti pensare che a
quelle quote i rischi derivati dalla carenza di ossigeno nel
sangue sono elevati, tanto che nell'equipaggiamento del pilota
erano previsti bombola ed erogatore d'ossigeno. Tutta
l'attrezzatura era stata preventivamente testata nella galleria
del vento della Fiat di Orbassano ed in una camera ipobarica del
Centro Sperimentale Medicina Aerospaziale dell'Aeronautica
Militare a Pratica di Mare.
Superata la vetta dell'Everest, D'Arrigo si è lanciato in
planata dal versante nord, verso il Tibet, virando subito dopo
verso ovest e tornando nella valle del Khumbu in Nepal
attraverso il passo Lo-La. Ancora una lunghissima planata ad
alta velocità, fino ad atterrare verso le ore 10 locali (le 14
in Italia) in prossimità del "Laboratorio Piramide", postazione
italiana del CNR a quota 5500, nella quale è stato ospitato in
attesa di essere recuperato dal suo team.
Angelo D'Arrigo è già famoso per altre imprese legate al volo
dei rapaci, come l'attraversamento del Sahara, del Canale di
Sicilia e il volo insieme ad uno stormo di gru siberiane dalla
Siberia al Mar Caspio. Anche durante questa impresa in Himalaya,
prima di affrontare l'Everest, D'Arrigo ha riportato nella valle
del Khumbu un esemplare di "aquila nepalensis" che in questa
zona è quasi estinta. Nei suoi programmi futuri seguire il volo
del condor attraverso le Ande, in Perù.
Gustavo Vitali
Gustavo Vitali - Federazione Italiana Volo Libero
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