VALTELLINA 2010 - 2 - L'urbanistica che viene

L'assetto del territorio - La nuova Statale 38 - Altri profondi mutamenti - I nuovi paesaggi urbanistici - Un interrogativo



L'ASSETTO DEL
TERRITORIO


Nella precedente puntata (pubblicata sul numero 19 dell'otto
luglio u.s. e leggibile cliccando, in alto a sinistra,
inpProvincia di sondrio - NdR)
abbiamo dato uno sguardo alle tendenze
delle trasformazioni riguardanti la basilare struttura
ambientale della valle. A queste trasformazioni si vanno
sovrapponendo quelle dell'assetto del territorio, sulle quali
facciamo ora qualche riflessione.

La Valtellina è storicamente
una valle di montagna abitata; l'uomo ha lasciato anche nei
secoli scorsi grandi impronte antropiche, non solo in
fondovalle. Quelle degli antichi tracciati, dell'eroica
agricoltura viticola e zootecnica, delle strade carrozzabili
ottocentesche, dell'industria idroelettrica. Quali sono le nuove
impronte che si vanno ora delineando e si evidenzieranno nel
prossimo decennio?


LA NUOVA
STATALE 38


Un segno rilevante sarà certamente quello
della nuova SS.38. Andrà configurandosi per successivi pezzi che
caleranno sul territorio con tutte le aleatorietà politiche,
tecniche, finanziarie che già da tempo sperimentiamo. Si
determinerà una razionalizzazione del traffico, gli insediamenti
urbani saranno liberati dal cappio dei mefitici attraversamenti.
Ma la più forte annessione della Valtellina al sistema
infrastrutturale lombardo presenterà - insieme agli aspetti
indubbiamente positivi - le criticità connesse al divenire un
tentacolo della grande macchia metropolitana omologante.

Con la nuova viabilità a regime possiamo stimare un incremento
del traffico, tra dieci anni, verso il raddoppio degli
autoveicoli. Si apre il problema di raddoppiare, in parallelo,
anche il governo e la tutela del territorio nel suo insieme.

ALTRI
PROFONDI MUTAMENTI


L'aspettativa per questa nuova spina dorsale non ci deve
distrarre da altri profondi mutamenti. A cambiare è tutta la
fisionomia urbanistica del fondovalle, con fenomeni che si sono
da tempo avviati e che portano alla cosiddetta "città diffusa".
La grande parte della crescita degli insediamenti non avviene
più per espansione dei tradizionali agglomerati; E' "né paese né
città". Lo sviluppo arteriale si addensa lungo le trame degli
spostamenti automobilistici.Il "muoversi" soppianta "l'abitare".
Lungo le arterie si dispongono i contenitori del mostrare e del
vendere. Il cittadino della "non città" è l'abitante-consumatore
in movimento, che andando con la sua scatola di latta da A a B,
si fermerà sicuramente a C e D. L'urbanistica diviene a sua
misura. Le nuove piazze della "non città"sono gli ipermercati o
altri attrattori, che con la loro suadente fisicità compensano
anche le diverse piazze virtuali, come Internet, il brulichio
degli SMS, la chatteria. Nel contempo per centinaia di piazzette
di paese o di contrada - con il loro bravo monumento ai caduti,
con l'osteria, la bottega, l'ufficio postale chiusi - procede la
rottamazione urbanistica. Nei nuovi stili di abitare
l'elaborazione del lutto per la perdita di tradizione avviene
con il placebo dell'ulteriore casa in montagna. Con il
fuori-strada, che si aggiunge al parco-macchine familiare, si
sale all'ex-maggengo o all'ex-alpeggio a ri-radicarsi, con sciàt
e taragna. Gli insediamenti artigianali si sbrodolano saldando
tra loro periferie di paesi con luoghi storici dormienti. Dalle
dispersioni insediative - poniamo ad esempio quelle tra
Poggiridenti e Chiuro, tra Faedo e Piateda, fra Bianzone e
Tirano, entrano ed escono ogni giorno migliaia di camioncini, di
furgoncini, di pick-up di artigiani, con la loro merce più o
meno fatturata. Mentre dalle moderne casette residenziali,
monofamiliari, vanno e vengono tre auto al giorno: genitori che
lavorano, nonni-badanti che accompagnano bimbi all'asilo, o
fanno spesa , figli nei loro raid serali-notturni, ecc...Si
tratta dei nuovi movimenti che gli ingegneri trasportisti
chiamano "asistematici", perchè assai più anarchici rispetto ai
vecchi spostamenti canonici "casa-lavoro". Inoltre, avendo
origini e destinazioni disperse - ed anche distanze
ordinariamente brevi, attorno ai 10 - 80 Km. - sono per lo più
non trasferibili su trasporto pubblico e ferrovia. Anche gli
ambientalisti si debbono rassegnare.

I NUOVI
PAESAGGI URBANISTICI


Entro queste brevi annotazioni non è possibile richiamare i
molteplici nuovi paesaggi urbanistici che già ora
contraddistinguono la Valtellina e alludono a un futuro
probabile. Prendiamo il primo che capita, all'inizio, quello del
cosiddetto Trivio di Fuentes. Qui è già avanti il formarsi di un
insediamento all'americana, con dinamiche molto promettenti.
Senza chiesa, senza municipio, senza storia, ma non del tutto.
In cambio è nodo infrastrutturale; snodo tra vallate e rive di
lago dove il territorio è scarso; accessibilità in più
direzioni. Sorgono attività, c'è l'IPERAL che già fa
"capoluogo", che risucchia gente per comprare, incontrarsi,
sostare. Se Tirelli mettesse su una chiesa per fare un po' di
messe e matrimoni "spaesati", con la Roll-Royce bianca in
affitto, la nuova città avanzerebbeanco più celermente. Fuentes
ha potenzialità da polo attrattore anche per l'intrattenimento
spaesato: multisala, maxidiscoteca, eros-center. Dalle nostre
parti è l'unico posto a meritare una stazione ferroviaria e
insediamenti di rango territoriale ampio, come un moderno
ospedale, e quindi sostituirne a tre o quattro, condannati
all'obsolescenza. O l'inceneritore.


LUN
INTERROGATIVO


Questo attuale "assetto del territorio" spiazza gli urbanisti
con il loro "zoning", con i loro "standard", ed anche quel
ferravecchio chiamato PRG. in fondo si possono trovare molte
ragioni per l'abolizione del vecchio piano regolatore, a cui sta
provvedendo la Regione Lombardia con il suo nuovo Testo Unico
Urbanistico. Ma sorge un interrogativo. L'evoluzione di questa
nuova modalità di uso del territorio, determinata dai nuovi
stili di vita, dai consumi, dal mercato, contiene in sè una
capacità autoregolativa tale da poter spedire in soffitta
indirizzi di programmazione e pianificazione? A giudicare dalle
inerzie nell'elaborazione del piano territoriale provinciale
sembrerebbe che la risposta della politica sia affermativa. Ho
amici architetti e urbanisti che demonizzano la "città diffusa".
Da parte mia ritengo che sarebbe velleitario cercare di
addomesticare questo scenario imbrigliandolo in un
tradizionalistico rilancio di vecchie regole, o astratti
rigorismi. Dobbiamo inventare nuovi strumenti che non possono
nascere soltanto da una fredda elucubrazione "disciplinare".
Necessitano pubbliche riflessioni tra politica e cultura sulla
Valtellina da lasciare ai nostri nipoti. Con il disincanto
necessario, perchè non si può mettere le brache ai grandi
mutamenti. Ma senza una quota di responsabile progettualità
territoriale e intergenerazionale la politica si svilisce
inesorabilmente, diventa asfittica.


Giovanni Bettini



(x)

Giovanni Bettini è docente a contratto di Urbanistica presso il
Dipartimento di Architettura e Pianificazione Territoriale del
Politecnico di Milano.

E' stato parlamentare, componente della Commissione Lavori
Pubblici della Camera dei Deputati; firmatario di progetti di
legge in materia di urbanistica e ambiente.

E' stato consulente del Sindaco di Napoli per la ricostruzione
post-terremoto e membro della Commissione Scientifica per
l'attuazione della Legge Valtellina. Componente del Comitato
Scientifico di IREALP. Membro effettivo dell'Istituto Nazionale
di Urbanistica. Fa parte del Comitato Scientifico Nazionale di
Legambiente e della Commissione internazionale per la Protezione
delle Alpi. Svolge attività pubblicistica.



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