SONDRIO CHE CAMBIA: L'AREA CARINI
AREA CARINI: APPROVAZIONE IN PORTO
Alla fine di un periodo intenso, caratterizzato da discussioni,
anche all’interno della maggioranza che regge il Comune, il
Piano di intervento relativo alla cosiddetta “Area Carini”, ove
sorgeva un tempo l’omonima azienda, con aree limitrofe, è stato
approvato dal Consiglio Comunale.
Non è ancora operativo in quanto ora ci saranno due mesi per
presentare eventuali osservazioni e quindi l’esame delle stesse
e i conseguenti provvedimenti conclusivi.
Non entriamo in questa sede nel merito delle posizioni assunte
nel dibattito. Prendiamo atto di cosa ha deciso il Comune e
commentiamo la scelta per i suoi aspetti generali
LE TRASFORMAZIONI DELLA CITTA'
La prima osservazione si riferisce al valore della scelta come
trasformazione della città.
Non sono molte le trasformazioni radicali intervenute negli
ultimi decenni.
La prima, di grandissimo valore, è stata la costruzione del
Palazzo del Governo ad opera di Muzio, completata nel dopoguerra
dalla costruzione dei Palazzi, alquanto anonimi pur con
caratteristiche di pregio, delle sedi INPS e INAIL. Un dato
questo urbanisticamente negativo in quanto ha reso morta la Via
XXV aprile. Palazzo del Governo non aveva questa connotazione
negativa per via del portico di libero passaggio tra le vie XXV
aprile e V. Veneto, per giunta con la sala-esposizioni a metà.
Ricordiamo la sede della Camera di Commercio, di architettura
moderna e con una sua personalità che stacca il centro storico
dalla zona direzionale-commerciale.
Lo sviluppo della città, nel dopoguerra, oltre la “cinta murata”
della ferrovia, è stata una espansione topograficamente
condizionata, anche se fortunatamente dal 1970 “imbrigliata” da
un Piano Regolatore che, nonostante riserve e critiche, si è
rivelato vincente. Abbiamo letto in questi giorni dell’asse
Moro-Tonale diventato un viale di elevata qualità urbana al
posto di un asse degradato qualle sarebbe diventato se fosse
passata l’idea, diffusa a quel tempo, di farne la
circonvallazione della città.
C’è stata la realizzazione del quartiere di Via Maffei,
socialmente importante per via dell’integrazione delle tipologie
edilizie (economico-popolare, cooperativistica, immobiliare),
della dotazione di strutture e servizi fra cui campeggia la
Piastra. Altra realizzazione quella dell’area artigianale della
Cà Bianca. Ci sono state aree di sviluppo pianificate come
Paribelli, S. Rocco, Valeriana superiore (la diffusione di
villette nella Valeriana inferiore è invece recente) e altre. C’
è stato il recupero di un’altra area produttiva dimessa, quale
la zona dell’ex Romeri) e l’insediamento di strutture nelle aree
tecnologiche di Piano.
Ci sono state in centro operazioni di riassetto come la Garberia
e l’Enologica e di recupero come i Palazzi oggi sede della
Direzione del Credito Valtellinese e dei Palazzi Sassi,
Martinengo ed ex Tribunale. La maglia stradale si è arricchita
all’esterno, oltre che della tangenziale e del citato asse
Moro-Tonale, dell’anello Maffei-Giuliani-Gramsci e dell’asse
Nani-Europa con relative diramazioni. Fondamentale in centro
l’apertura della Via Cesura da Via Piazzi e, ad ovest, la Via
Don Lucchinetti che ha creato un anello, prima esistente sì ma
con la Valeriana di calibro modestissimo, sostanzialmente una
vicinale. Da non dimenticare la stazione degli autobus.
DISCUSSIONI SEMPRE
Per gran parte di
queste trasformazioni il livello di discussione è stato alto.
Così come era stato ai tempi dell’adozione del Piano Regolatore
Generale, nel 1970. Un Piano moderno, innovativo che poi ha
costituito un riferimento per la pianificazione urbanistica in
tutta la provincia. E non solo. La critica maggiore era stata
per il dimensionamento della città, intorno ai 40.000 abitanti,
quasi il doppio della popolazione di allora. In realtà una serie
di aree nella piana avevano una destinazione particolare, per
cui di fatto erano in edificabili. Altre ancora, di sviluppo,
erano subordinate alla redazione dei piani attuativi. Questi due
elementi consentivano, come è stato in realtà, il controllo
dello sviluppo. Non solo, ma un dimensionamento così elevato ha
permesso di aumentare notevolmente gli standards tanto che
quando la Regione li ha elevati da 18 a 26 mq/abitante, la
verifica fatta ha rilevato che non era necessario procedere a
integrazioni. Ebbene, lo strumento che è stato determinante per
una crescita armonica della città fu allora accolto da serrate
critiche tanto che alle prime elezioni la DC, che guidava il
Comune, pagò un pesante scotto passando da 20 consiglieri sui 40
del Consiglio a 17! Non fu neppure facile l’approvazione del
Piano del Centro Storico, accolto con forti critiche in quanto
ritenuto rigido perché le demolizioni e ricostruzioni che molti
chiedevano, e non solo gli operatori del settore edile o
immobiliare, non avevano diritto di cittadinanza. Il degrado
ipotizzato non c’è stato ma girando per le vie del centro,
cominciando ad esempio ad entrare da piazza Garibaldi in Via
Dante, oggi si ha piena sensazione quanto meglio sia stato
scegliere recupero e ristrutturazione in luogo di demolizione e
ricostruzione. Non era possibile, come qualcuno avrebbe voluto,
in Garberia, peraltro già zona classificata nel P.R.G.
direzionale-commerciale, perché altrimenti non sarebbe stato
possibile realizzare la via di penetrazione oggi unica e gli
8000 metri cubi in sotterraneo che tolgono dalla superficie un
gran numero di auto.
QUANDO
SI CAMBIA E' SEMPRE LA STESSA COSA
Quando infatti si cambia per il futuro qualsiasi sia il tipo di
proposta le riserve e le critiche abbondano. E’ vero che queste
in alcuni casi hanno determinato ripensamenti e quindi modifiche
e quindi miglioramenti. La discussione, se pertinente, se
puntata sui contenuti, ha sempre una percentuale non
indifferente di positività. Persino quando osservazioni e
critiche non vengono raccolte dopo riflessione si è trattato di
un dato positivo perché ha consentito a chi stava operando la
scelta di confrontarsi, di approfondire scoprendo magari, a
verifica effettuata, di avere rinsaldato la sua scelta.
IL MIGLIORE FUTURO PER I NOSTRI FIGLI
Quanto è emerso nelle discussioni di queste settimane sull’area
Carini può ora essere rimasticato serenamente, al di fuori di
ogni venatura polemica, sia da chi ha approvato sia da chi non
ha condiviso.
E’ interesse di chi ha approvato far sì che le cose vadano nel
migliore dei modi.
E’ interesse di chi non ha condiviso abbandonare aspetti che si
rivelano di minor rilievo insistendo su altri di maggior peso.
E tutto questo perché è interesse di tutti, visto che questa è
la nostra città, di preparare un futuro per i nostri figli
che sia il migliore possibile.
Non è sbagliato, ad esempio, avere stralciato l’edilizia
residenziale pubblica da questa zona (oltre a tutto dove
sarebbero le risorse per la realizzazione?). Non regge il
paragone con il quartiere di Via Maffei, dove si è proceduto in
maniera inversa. Era la zona con il PEEP, Piano di Edilizia
Economica e Popolare. Alla sovvenzionata, cui procedeva l’IACP,
è stata associata la agevolata e la convenzionata, con
integrazione sociale data dalla compresenza delle cosiddette
“case popolare”, da quelle delle cooperative, da quelle
realizzate dalle imprese, perdippiù con un livello elevato di
servizi e aree attrezzate comuni.
Per quanto riguarda il discusso settimo ponte sul Mallero tre
considerazioni. Innanzitutto già alla fine degli anni '70 era
stato approvato il progetto esecutivo con l'OK delle Ferrovie
del sottopasso di Via Ventina, premessa per la costruzione del
ponte. Allora il Comune rinviò la realizzazione a quando ci
sarebbe stata la tangenziale. Idea dunque che viene da lontano.
Inoltre le obiezioni sul gravame che ne verrebbe per Via Moro
dato che una parte cospicua del traffico in entrata si
dirigerebbe in questa direzione hanno oggettivamente qualche
fondamento. E' anche vero però che, in tal caso, basterebbe
collocare i dissuasori che sono un disincentivo sia pure
parziale. In terzo luogo il tema può comunque essere
ulteriormente approfondito nel periodo riservato alle
osservazioni per la successiva approvazione finale
presumibilmente nel prossimo novembre.
Infine il problema del riequilibrio, ma di questo il giornale ha
già parlato nel numero del 18 luglio e il relativo articolo può
essere letto in altra parte.
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GdS 28 VII 02 -
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