Rifiuti: AMPIA ANALISI MA ANCHE LA BUFALA DELLA Bassa Valle DEFINITA "ZONA BARICENTRICA"
Cosa interessa alla gente?
Rifiuti. Cosa interessa alla gente? Si dice che le interessano
soprattutto due cose: a consuntivo che la bolletta sia la più
leggera, anzi la meno pesante possibile, a preventivo che gli
impianti si facciano lontani da casa propria.
Appartiene a questa categoria l’autore di una – a dir poco -
lunga missiva dalla Bassa Valle, corredata da un articolo di
quotidiano, che tocca l’universo mondo dei rifiuti per arrivare
alla conclusione che l’impianto in Bassa Valle non si deve fare.
Intanto non possiamo pubblicare senza autorizzazione un articolo
già pubblicato da altri e poi le pagine inviateci sono
decisamente troppe!
Dato però che ci sono anche spunti di carattere generale assai
interessanti, cogliamo l’occasione per riprenderne alcuni con le
relative considerazioni di carattere generale. Prima di queste
però ci vogliamo soffermare sulla questione della scelta della
Bassa Valle come “zona baricentrica”.
Il
baricentro non é questione di Km
Il lettore, “d’accordo con gli amici”, ha ragione nel sostenere
che non lo é. Sbaglia nelle motivazioni. Il problema infatti non
va visto in termini di chilometri, come fa lui scrivendo che in
fin dei conti Chiavenna è a 25 Km da Andalo mentre Livigno è a
quasi sei volte tanto.
La determinazione di “zona baricentrica” è meno semplicistica.
L'esempio del baricentro turistico
Per capire facciamo l’esempio turistico assumendo come dati
quelli ufficiali dell’APT sugli arrivi di turisti nei mesi di
giugno e luglio. Con lo stesso sistema di calcolo che più avanti
illustriamo per i rifiuti ci siamo divertiti ad andare a
calcolare il baricentro dei flussi turistici interessanti la
nostra provincia. Orbene, andando per zone – ma cambia di poco
il calcolo puntuale -, abbiamo trovato che il baricentro si
trova a circa 18 km da Bormio (a grandi linee zona di Grosio).
Il baricentro cioè si trova a quasi 140 km da Medesimo e a meno
di 20 da Bormio. Non è quindi questione di km.
Teniamo pur conto che considerando anche gli arrivi “diffusi”,
quelli cioè sparsi nei diversi Comuni della provincia al di là
delle località turistiche, ivi comprese Val Gerola e Valmasino
per fare un esempio, il baricentro scende di pochi Km, meno di
una decina.
Il vero baricentro dei rifiuti. Calcolato
Detto questo, siccome ci piace la precisione, vediamo la vera
ragione per cui la scelta della Bassa Valle in quanto “zona
baricentrica” si rivela, dopo la riunione in Provincia con i
Sindaci, ancor più bufala di prima, anzi una bufala colossale.
E’ stato infatti escluso che vengano rifiuti da fuori provincia.
Detto in maniera tale da escludere persino l’Alto Lario.
Con queste premesse risulta stupefacente che si sia usata
l’espressione “zona baricentrica” a sostegno della scelta. E
intendiamo dimostrarlo in modo inequivoco non senza prima una
noticina propedeutica.
Il Presidente Tarabini è bravissimo in finanza. Era , come
scrisse su Panorama l’on. Donat Cattin, l’unico parlamentare, in
una con un senatore del PCI – c’era però anche l’on. Berlanda
andato poi a presiedere la Consob – a conoscere perfettamente il
Bilancio dello Stato. Non si può però chiedere a lui, come del
resto agli altri amministratori della Provincia, in Giunta e in
Consiglio, di maggioranza e di opposizione, di metter mano al
calcolo vettoriale per verificare direttamente qual’è la zona
baricentrica.. (Però tutti loro possono, anzi dovrebbero, farsi
fare i conti, precisi, dai tecnici, che non mancano).
Si noti che non è affatto uno sfizio o una ginnastica
intellettuale conoscere ove sia il baricentro dei rifiuti
prodotti (o stoccati secondo i casi), perché a maggior distanza
fra il luogo ove verrà costruito l’impianto e il baricentro dei
rifiuti corrisponde maggior costo di trasporto.
Esattamente il costo si ha moltiplicando i 50 milioni di kg di
rifiuti previsti per la distanza in Km e per il costo
chilometrico di trasporto. L’impianto sorgesse nel baricentro
questi costi sarebbero al minimo.
Noi ci siamo divertiti a fare qualche conteggio e ne avremmo
dato anche i risultati ove fossero disponibili i dati del 2002,
stranamente non ancora pubblicati nonostante che siamo quasi a
fine 2003, e nonostante che ci siano fin dalla prima settimana
del gennaio scorso.
Non è però solo questione di indisponibilità dei dati recenti.
In fin dei conto c’è infatti fior di gente che si occupa
istituzionalmente di rifiuti in più d’una sede, per cui si dica
a loro di fare questo calcolo oppure a chi ha tirato fuori
questa bufala di dimostrare che non lo è (impossibile per quanto
si vedrà ora).
Con un foglio Excel occorrono 15 secondi per la colonna dei
Comuni (o dei siti zonali), 15 per incollare sulla seconda
colonna i dati, un minuto per inserire le formule nelle altre
colonne e in fondo, e il risultato, per chi sa come fare il
calcolo, c’é.
Il baricentro
demografico
Per rendere conto ai lettori che non parliamo a spanne, e che i
conti li abbiamo effettivamente fatti, faremo l’esempio - di
poco più semplice ma la metodica è la stessa – del baricentro
della popolazione di Valtellina e Valchiavenna, - un dato che,
sia pure indirettamente, si collega con il problema del
baricentro dei rifiuti -, riferendoci alle cinque zone, per
parallelismo con i siti zonali dei rifiuti, ma il discorso è
sostanzialmente analogo se ci riferiamo ai Comuni.
Ebbene, dai dati del censimento risulta questa popolazione per
le cinque zone della provincia:
Valchiavenna 24.137, Morbegnese 43.774, Sondriese 56.361,
Tiranese 33.562, Alta Valle 19.032.
Partendo da questi dati ne viene che il baricentro della
popolazione è quattro chilometri, per l’esattezza 4001,16 metri,
ad est di Sondrio, in direzione Tirano.
Vediamo anche il nesso con i rifiuti. Non esiste, certo,
proporzionalità diretta tra abitanti e quantità di rifiuti,
anche per la diversità, nei Comuni, della raccolta
differenziata. Esiste però l’altro fattore, quello turistico,
che sposta l’equilibrio ulteriormente verso Tirano per il gran
numero di presenze turistiche complessivamente in Aprica,
Teglio, Bormio, e zona attigua, Livigno.
D’altronde i nostri calcoli, persino considerando il trasporto
delle ceneri del termocombustore a Gordona, confermano questa
ovvia deduzione.
La bufala. Da
dove é venuta e perché?
Ma allora chi e perché ha tirato fuori questa clamorosa bufala
dell’impianto in Bassa Valle – che poi era da tempo deciso fosse
Andalo – in quanto “zona baricentrica”, tanto più che sappiamo
benissimo che per la localizzazione intervengono altri fattori?
Una direttiva più o meno ufficiale?
Posizione
neutrale
Eliminata questa motivazione, eliminata l’altra di un
possibile arrivo di rifiuti da fuori provincia per raggiungere
la massa critica, non seguiamo il lettore nelle valutazioni del
perché si fosse puntato su Andalo, arrivando all’acquisto dei
terreni, segno inequivoco di una decisione se non formalmente
assunta quantomeno più che matura. Non lo seguiamo anche perché
seguiamo il problema neutralmente cercando di tenere il discorso
su binari il più obiettivi possibili.
Vediamo invece alcuni dei punti toccati nella maxi-missiva.
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Riduzione della
produzione rifiuti
La riduzione, consenta il lettore, è una pia illusione. Ci aveva
creduto l’allora assessore regionale verde Monguzzi dimenticando
che fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. La
programmazione regionale si era posto questo come obiettivo,
clamorosamente fallito, col risultato che i “fregati” siamo
stati noi. Prevedendo infatti una riduzione della produzione si
è conseguentemente ipotizzato che i rifiuti della nostra
provincia andassero insieme con quelli di Lecco
nell’inceneritore di Valmadrera. La realtà è che lì, andando
bene, potrebbero ricevere un sesto di quelli che produciamo noi.
Sono due i fattori che rendono illusoria questa ipotesi.
1) Un tempo i rifiuti erano molto pochi. Intanto la base di
partenza era molto ridotta rispetto all’attuale, dato il molto
minore livello di consumi. Poi la gente, ma anche
l’organizzazione stessa della società, cercava di riutilizzare
tutto il riutilizzabile. I liquidi erano quasi tutti in
contenitori di vetro, con la famosa scritta “vetro a rendere”,
con tanto di cauzione. L’organico finiva in parte notevole in
agricoltura. La carta serviva persino al mercato dove la verdura
veniva avvolta in fogli di giornale, ma soprattutto veniva
bruciata. Pochi i contenitori di plastica, moltissimi di carta e
cartoni che poi finivano bruciati. Si riutilizzavano persino
abiti, lenzuola e simili. Fino agli anni sessanta cerano persino
le rammendatrici che rimagliavano le calze delle donne. Il
materiale metallico veniva portato dal “rottamat” che pagava i
conferenti, molte volte i ragazzi che in questo modo integravano
la scarsissima “paghetta” settimanale.
Oggi si butta via di tutto.
2) I meccanismi di produzione e di mercato sono tutti volti a
semplificare le produzioni, il trasporto, la conservazione, lo
smercio. La plastica domina, incrementando la frazione di
prodotto che deve essere smaltita. Un esempio per tutti: è in
commercio il caffè, così come la cioccolata, che, aperto a
strappo, si scalda istantaneamente per reazione chimica. Si
valuti cosa resta da smaltire per pochi grammi di caffè bevuto!
Pensiamo agli elettrodomestici. Una volta li si riparavano una,
due, tre volte sino proprio a consunzione. Oggi capita spesso
che al primo guasto, vuoi per la difficoltà di trovare chi
faccia una riparazione, vuoi per il relativo costo, si decida di
cambiare, aumentando il lavoro degli smaltitori.
Via realisticamente impossibile dunque, come d’altronde le
statistiche indicano.
Basti pensare del resto che dai dati del 2001 emerge che la
provincia di Sondrio, pur essendo la più “virtuosa”, dopo i
lecchesi che si fermano a 467, delle 11 lombarde era già
arrivata a 505 Kg di rifiuti prodotti annualmente per abitante,
con Como a 522, Bergamo a 543, e via via sino a Brescia-primato
con 730 (MN 634, LO 608, PV 589, MI 573, VA 557, CR 549).
Legambiente ha calcolato che una certa spesa del cittadino al
supermercato per un volume di 19,280 decimetri cubi, 10,160 sono
costituiti dagli imballaggi e solo 9,120 dalla merce.
Impressionante il primato, supernegativo, dell’Italia in questo
campo: su 27 milioni di tonnellate di rifiuti prodotti in un
anno, il 60% in volume e il 40% in peso è costituito appunto
dagli imballaggi
Non dimentichiamo infine che con gli ultimi due impianti
lombardi, tre considerando anche quello valtellinese, la
potenzialità complessiva in Lombardia supererà la produzione di
rifiuti, per cui non solo non si avrà una riduzione ma potrebbe
verificarsi anche il rallentamento della raccolta differenziata
visti gli incentivi che ci sono per chi produce energia
bruciando il rifiuto….
Recupero e
riciclaggio
Se sul punto precedente non siamo d’accordo con il lettore
concordiamo invece con la serie di proposte, in parte derivanti
dall’articolo citato, che egli avanza al riguardo e che meritano
di essere portate all’attenzione. Per brevità facciamo
riferimento a due sole.
La prima riguarda la plastica da recuperare. Nelle apposite
campane viene inserito un po’ di tutto. Lodevole l’intento ma
bisogna stare attenti. Sono molti coloro che non sanno che lì va
messo solo un certo tipo di plastica, ad esempio le bottiglie
d’acqua minerale che hanno la scritta PET. Ebbene, scrive il
lettore, perché non imporre a tutte le confezioni e agli oggetti
di plastica l’obbligo della scritta: “Plastica recuperabile”
oppure “Plastica non recuperabile”?
La seconda riguarda la carta. La gente porta normalmente nelle
campane i giornali e carta comune. Pochi portano, ad esempio, i
contenitori della pasta e simili. Anche qui, osserva ancora il
lettore, perché non imporre l’obbligo della scritta
“Recuperabile nei contenitori della carta”?
Altre cose appaiono più sofisticate, per cui il gioco non vale
la candela dato che bisogna tenere conto anche dei costi.
Da citare anche qui le statistiche. La raccolta differenziata
vede in Lombardia un’ampia articolazione di situazioni (seppure
fra statistiche, sempre ufficiali, non vi sia stranamente
concordanza…). Se Lecco già nel 2000 aveva superato il 50% di
mezzo punto (ma i dati ufficiosi del 2002 parlano di 54%), Pavia era ancora al 20,1% mentre Sondrio con il
27,5% - 31,5 il dato ufficioso 2002) occupava l’ottavo posto. C’è da dire che i Comuni hanno
scoperto, o stanno scoprendo, che è assai conveniente
incrementare al massimo la raccolta, per cui la percentuale
salirà. Ma se questa aumenta diminuisce il rifiuto tal quale,
quello che deve finire nel termocombustore. Se scende sotto la
massa critica i costi salgono…
nUOVE
TECNOLOGIE
Il lettore, non favorevole al termocombustore, e tantomeno nella
sua zona, accenna a diversi tipi di tecnologie ma in particolare
ad una che avrebbero usato in Giappone. Secondo quanto ci si
scrive, grosse presse ridurrebbero enormemente il volume dei
rifiuti che, ridotti così a piccoli “lingotti”, verrebbero
stivati in discarica. Il lettore dice che una discarica come
quella di Saleggio potrebbe ricevere questi “lingotti” per più
di un secolo.
Sia per questa soluzione che per possibili altre ci sembra
doveroso però fare una semplice, ma esaustiva, obiezione. Se una
ipotesi di questo tipo fosse realistica come mai nessuna impresa
del settore l’ha presa in considerazione? Se questo non è
avvenuto delle due l’una: o la tecnologia non convince oppure
convince ma non c’è business per via dei costi…
Allo stato, che sia in Valle o che sia fuori, di fatto
tramontata la via migliore, quella del trasporto fuori
provincia, per i motivi già esposti in altri articoli
sull’argomento, non sembra esservi alternativa al
termocombustore.
Piccoli
impianti
Ragionamento analogo per un’altra ipotesi, quelli di tanti
piccoli impianti distribuiti sul territorio. Vale la stessa
considerazione, dato che se l’ipotesi fosse realistica qualche
impresa avrebbe già colto l’occasione!
cOMPOSTAGGIO
Il compostaggio non è risolutivo,tutt’altro. E costa, a
cominciare dalla raccolta. Può risolvere solo una frazione dei
problemi. In una provincia come la nostra può avere solo
applicazione parziale, sia in termini di zone che di tipo di
utenze
Fuori provincia
i rifiuti dei turisti
La tesi è suggestiva. Arrivano in provincia decine di migliaia
di turisti che aggravano il problema con i rifiuti che
producono. Almeno questi, dice, mandiamoli fuori provincia. Tesi
suggestiva ma né giusta né praticabile. Chi ha la seconda casa
paga la Tarsu. Chi è in albergo paga l’albergatore che
ovviamente tien conto di tutti i costi, rifiuti compresi.
Restano i pendolari del turismo che un po’ di rifiuti li
lasciano. Mettiamo il dazio a Piantedo, Nuova Olonio, Aprica,
Gavia, Stelvio e ai valichi di frontiera?!?!?
Localizzazione
Possiamo capire che l’idea che il termocombustore sorga a
Piantedo o comunque in Bassa Valle non vada giù a chi abita in
zona. Lo stesso sembra però capitare per altre ipotesi. Abbiamo
sentito nei giorni scorsi, appena accennato al Tartano, la voce
dei Sindaci di Talamona, Forcola e Ardendo.. Si sa che, una
volta scelta la via del bruciare i rifiuti in Valle, la scelta
dovrà essere imposta dalla Provincia che ha pubblicamente
rivendicato la sua competenza in materia. A parte qualche dubbio
al riguardo – la competenza programmatoria c’è, quella
territoriale dubbia in assenza di Piano Territoriale vigente per
cui, onde evitare ricorsi al TAR con quel che segue, dovrebbe
essere percorsa un’altra via più sicura –.
La soluzione c’è, e meno aleatoria di quanto non possa sembrare,
seppure definita qualche questione accessoria.
Non tocca a noi indicarla, tanto più che se lo facessimo,
rischieremmo di innescare qualche altra polemica. Dio ce ne
guardi!
Costi
E’ stato ufficialmente annunciato che lo smaltimento dovrebbe
costare 170 vecchie lire al kg. Se così fosse – ovviamente con
garanzia fidejussoria da parte della società che farà l’impianto
– non ci interessa come si arriva a questo dato. Lo diciamo
perché il lettore parla di 200 vecchie lire al kg solo per il
costo di ammortamento, cui devono essere aggiunti tutti gli
altri. Va riconosciuto che come ordine di grandezza sono dati
plausibili. Non ha però tenuto conto però che ci sono i
“certificati verdi”, quelli che assicurano un cospicuo malloppo
a pagamento dell’energia elettrica prodotta, (e c’è poi, se si
trova da venderlo, il calore che non è poco).
Lo stimolo alla produzione di “energia verde” è venuto nel 1999
con il Decreto Bersani che ha introdotto il Certificato Verde
uno per ogni 100 MWh prodotti -, che GRTN rilascia a chi ha
prodotto energia da fonti rinnovabili. Ogni Certificato Verde
certifica la produzione di 100 MWh. Chi li ha li mette sul
mercato visto che chi produce da fonti non rinnovabili e chi
importa dall’estero energia ne deve acquisire per un totale del
2% della sua energia prodotta o importata.
Non si tratta di cosa da poco: nel 2002 3.300 MWh, che i 35
produttori o importatori devono procurarsi. La disponibilità era
di circa 1.200 più quelli di GRTN che ne ha in esubero (4.300).
I certificati verdi hanno dunque un vero e proprio mercato per
cui è difficile stabilire a priori il ricavabile. Oggi si parla
di 140/150 vecchie lire aggiuntive. GRTN come prezzo di
riferimento per i suoi aveva fissato lo scorso anno 163 vecchie
lire. Certo, va tenuto conto che il beneficio è valido solo per
otto anni, un periodo molto minore di quello per l’ammortamento,
ma immaginiamo che di questo Società futura e Provincia ne
abbiano tenuto conto nel dichiarare in 170 lire il futuro costo
di smaltimento, e comunque la garanzia del mantenimento del
prezzo verrà dall’inevitabile fideiussione.
Solo per dovere di cronaca registriamo, fra gli addetti ai
lavori, un crescente fastidio per questa soluzione e una
crescente voglia di riaprire la discussione sul trasporto fuori
provincia. No comment.
Finanziamenti
pubblici ?!?!?
Osservazione invece meritevole di attenzione, infine, quella che
il lettore avanza in merito a eventuali finanziamenti pubblici.
Il Commissario europeo Monti, si dice, non può accettare una
cosa del genere visto che si tratterebbe di aiuti a società che
debbono operare, secondo i criteri europei, in regime di
concorrenza. Non siamo in grado di pronunciarci salvo
sull’obiezione riguardante il fatto che SECAM è di proprietà
interamente pubblica. A parte il fatto che non sarà SECAM in
ballo – al massimo avrà una compartecipazione – anche se fosse
SECAM non è questione di titolarità azionaria ma di regime:
società di diritto privato che opera nel mercato.
A che pro?
Dicevamo all’inizio delle sole due cose che interesserebbero al
comune cittadino.
A che pro allora dedicare periodicamente attenzione a questo
problema su un giornale che ha già una larga base di lettori, in
ulteriore espansione, e che non avrebbero dunque interesse al
tema?
La Gazzetta di Sondrio è un giornale atipico, rispetto agli
organi di informazione tradizionali. Proprio perché diverso,
crediamo, suscita così vasto interesse. E la diversità richiede
in particolare di trattare una serie di temi che sono poco o
nulla sviluppati da altri o, quando lo sono, hanno taglio
cronistico, raramente con trattazione compiuta. Non è
valutazione nostra, o solo nostra. Ce lo dicono in tanti,
amministratori pubblici, addetti ai lavori ma anche gente
comune.
E poi, quello che si pubblica resta consultabile in ogni
momento, comprese le previsioni che si fanno e che, a distanza
di tempo, possono essere suscettibili di verifica circa la loro
validità.
Non è semplice scrivere sapendo che domani la realtà futura
potrebbe smentirci, ma questa è la strada che stiamo percorrendo
da quasi tre anni. Riscontrare che le previsioni
complessivamente si avverano non è soltanto motivo di
soddisfazione per chi scrive e per chi dirige il giornale, ma è
un contributo alla crescita della credibilità del giornale
stesso, e un incentivo forte all’aumento dei lettori, dato
indispensabile per l’aggiornamento del Piano Editoriale e dei
futuri sviluppi.
Infine, dato permanente e quindi anche nello specifico, i
problemi della nostra gente sono, e saranno, i problemi della
“Gazzetta”.
Alberto Frizziero
GdS 8 X 03
www.gazzettadisondrio.it