Provincia e Regione ai ferri corti – match Tarabini-Formigoni

Tornando a Sondrio.. le novità - Lo "scentro" al Tavolo Territoriale - Tarabini - Bordoni - Bettini - Ma se foste voi al Pirellone?



Tornando a
Sondrio.. le novità


Solita telefonata “per saperne di più” da Milano quando qualcosa
bolle in pentola. Non succedeva dai giorni caldi delle
candidature a Sindaco di Sondrio.

Cadiamo dalle nuvole rispondendo che sino al giorno precedente
avevamo da fare cose sicuramente più interessanti delle beghe di
casa nostra come ad esempio gustarci la Mostra dedicata a
Leonardo da Vinci in quell’imponente Museo che è il Louvre (ove
abbiamo avuto modo di ammirare anche alcune tavole dell’autore
della lunetta sopra il portale principale della Chiesa
Parrocchiale di San Maurizio a Ponte, Bernardino Luini)
piuttosto che la Festa d’estate a Montmatre, il concerto alla
Saint Chapelle, la cioccolata in Rue de Rivoli dalla famosa
Angiolina, le attrazioni alle Tuileries, e magari anche il busto
di Gaspare Spontini, antenato della consorte, unico italiano con
Rossini fra i sette grandi compositori nella facciata
dell’Opera, nonché una serie di altre “cosette” che incantano.

Dovere professionale ha obbligato dalla poesia a passare subito
alla prosa cominciando con la lettura della stampa locale che a
Parigi ovviamente non si trova, anche se “La Gazzetta di
Sondrio”, comodità di Internet, ci siamo presi lo sfizio di
consultarla nella nostra camera d’albergo nei pressi di Place
Vendome…

 

Lo "scentro" al
Tavolo Territoriale


In gergo si potrebbe definire uno “scentro” la riunione del
Tavolo Territoriale del 18 giugno corso a Sondrio, vista quella
che si può definire una vera e propria requisitoria del
Presidente della Provincia Tarabini nei confronti della Regione.
Per la verità ci si dice che più d’uno, comprese persone vicine
al Presidente, ha espresso riserve, in ogni caso tutti concordi
nel dire che più che prendersela con i funzionari regionali che
eseguono direttive il sen. Tarabini avrebbe dovuto indirizzare i
suoi strali a chi le direttive le dà vista la presenza
dell’assessore Moneta, comprensibilmente rimasto muto come un
pesce. A Sondrio. A Milano invece, lui ma anche suoi colleghi di
Giunta, pare invece non si siano attenuti alla regola classica
dei frati trappisti dalla bocca per voto cucita…

Diversi i punti-galeotti, primo fra tutti quello delle acque.

Non ci entusiasma affatto entrare in argomento perché scoccia
che quando si tratta qualche problema, ed in modo obiettivo e
neutrale come costume di questo giornale, c’è talora qualche
fanfarone che ne dà una lettura di parte, secondo i casi
etichettandoci in un modo o in quello opposto.

Non si può non farlo però, visto e considerato che quanto è
successo può condizionare i successivi sviluppi e gli stessi
nostri rapporti con la Regione. Basta, del resto, leggere il
settimanale “La Provincia”, con gli articoli del consigliere
regionale Bordoni, dell’arch. Bettini e con una pagina intera
dedicata ad una inconsueta intervista concessa dal Presidente
Tarabini (che tra interviste e conferenze-stampa dall’inizio del
suo mandato ne ha concesse proprio poche; forse basta una mano
sola per contarle).


TARABINI

Noi non entriamo nel merito dei punti toccati dal sen. Tarabini,
di fatto un lungo elenco di contestazioni che rivolge alla
Regione, perché bisognerebbe avere una conoscenza specifica di
tutte le posizioni in campo. L’esempio del turismo è
significativo. Se 10 province su 11 sono d’accordo risulta
difficile a chiunque pensare che al Pirellone si disattenda
questo orientamento e si scelga invece quello dell’unica
provincia dissenziente, la nostra, quand’anche questa abbia
ragioni valide, almeno riferite alla sua realtà…

Vediamo comunque i passi principali della sua ampia intervista
rilasciata al giornale "La Provincia", venuta dopo l’incontro
istituzionale, quello di fatto trasformatosi in uno scontro
continuo con i funzionari regionali presenti:


-     Turismo: opposizione energica al nuovo disegno di legge
regionale, verticistico, anche se opposizione solitaria visto
che le altre 10 province lombarde – “incredibile”, dice Tarabini
- sono state d’accordo.

-          Acque per usi civili. Rapporto “abbastanza disteso”
anche se non si è d’accordo a lasciare ai Comuni le gestioni in
economia per 5 anni. Devono essere lasciate senza scadenze
oppure devono cessare subito.

-          Acque per produzione idroelettrica. C’è la delega
alle Province che però devono seguire le direttive regionali che
sono inaccettabili e quindi la delega è stata finora rifiutata.

-          Acque e minimi deflussi dagli impianti
idroelettrici.  I deflussi previsti dalla Regione sono bassi e
poi in certi casi la concessione dovrebbe essere negata.
L’intesa in sede tecnica trovata nell’aprile del 2002 non è
stata attuata. Ci vorrebbe un monitoraggio preciso dei prelievi
e dei deflussi.

-          Aut-aut. O si trova un’intesa entro giugno o si
sospenda il rilascio di ogni concessione.

-          Altri problemi ci sono sul tavolo: sanità, commercio,
università, Parco dello Stelvio, Piano Territoriale (per la
verità su quest’ultimo punto il ritardo abissale, di anni,
riguarda solo noi, visto che é la Provincia a doverlo fare. 53
Province, pur essendo partite molto dopo, hanno già provveduto.
E pensare che sarebbero bastati non molti mesi per avere un
Piano avanzato, anzi di avanguardia, con la logica delle
"zoomate" successive. Certo, sarebbe stato necessario uscire dal
tradizionale, inevitabilmente di corto respiro, e per fare
questo sarebbero state indispensabili certe condizioni. L'input
non é un problema dei tecnici, ma avere input da cultura
territoriale avanzata, ovviamente secondo schema di
piano-processo, é relativamente semplice se chi deve dare gli
input domina la materia, é arduo, se non impossibile, in caso
opposto. Specie poi se su questo argomento, il vero strumento di
autonomia reale, oggi forse l'unico, se pensato e predisposto
come diciamo, si escludono possibili apporti della società
civile, della cultura, della comunità che pensa.

Non entriamo dunque nel merito dei singoli problemi ma andiamo
invece sulla questione della linea, e sulla base esclusivamente
di posizioni ufficiali, ricordando le posizioni assunte in
passato.

Considerazioni

1)      Nella sua campagna elettorale il Presidente Tarabini
aveva puntato soprattutto sull’autonomia e molti concordano
sulla valutazione che sia stata questa una carte vincente per la
vittoria, abbastanza di misura sul Presidente uscente Dioli.

2)      In tempo successivo il Presidente Tarabini ha spiegato,
detto in sintesi, che il problema dell’autonomia aveva trovato
la sua piena collocazione nella linea definita con il Presidente
della Regione Formigoni con un’attenzione quindi particolare e
specifica per la Valtellina considerata proprio la sua
specificità nel contesto lombardo.

3)      Ora emerge un dissidio di fondo e per giunta non su
questioni marginali ma basilari per la nostra provincia. E’ a
tutti chiaro che la rilevanza dei temi non appartiene alla sfera
decisionale dei funzionari milanesi, pur dei più alti in grado
bensì alla sfera decisionale propria della classe politica. Il
confronto non può quindi che avvenire “inter pares” sia pure a
livelli di governo diversi. In altri termini il match – usiamo
questo termine perché sostanza e toni di censure e
rivendicazioni da parte del Presidente Tarabini non sono certo
materia da placida discussione conviviale – può essere
unicamente quello diretto Tarabini-Formigoni.

L’accantonamento dell’autonomia, solennemente promesso a suo
tempo agli elettori, non è inadempienza solo se arrivano i
risultati, pur in alcuni settori tardivi (anche se meglio tardi
che mai). Le contestazioni a livello istituzionale, dopo aver
sposato in pieno il concetto di sussidiarietà, se non danno
esiti positivi non solo lasciano il tempo che trovano ma
rischiano di essere un boomerang e, quel che più conta, un danno
per i cittadini. E’ vero che il Presidente Tarabini ricorda
l’aspirazione della Provincia di Sondrio, come da suo Statuto, a
diventare “Provincia a ordinamento speciale”, ma,
realisticamente tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare,
anche se siamo in Lombardia, e sotto molti profili, ivi compreso
quello di passi istituzionali concreti che non ci risulta essere
stati fatti sinora, neppure quelli che sono previsti nello e
dallo Statuto regionale.

 

BORDONI

In un ben calibrato articolo nella prima pagina dello stesso
settimanale il consigliere regionale Bordoni, dopo avere
espresso nelle prime righe il suo “disagio”, ne chiarisce le
ragioni, essenzialmente il divario tra le finalità della Regione
nel definire questo Tavolo Territoriale caratterizzato dalla
presenza di tutti i soggetti coinvolti nello sviluppo e
l’andamento dell’incontro divenuto, come s’è detto, più scontro
che incontro.

Sottolineato come la seduta pubblica non sia un momento a sé
stante, ma la sede in cui viene portato il risultato di una
serie di impegnativi approfondimenti, di accurate verifiche, di
viva progettualità perché su questa base si possa instaurare un
confronto Istituzioni-Forze sociali, premessa per la ricerca di
soluzioni di sintesi, Bordoni sottolinea la necessità che tale
confronto avvenga in un clima disteso per entrare nel merito dei
problemi, per discutere adeguatamente e per trovare infine la
sintesi.

Obiettivamente non si può non convenire tenuto conto poi, come
ancora dice Bordoni, che la Regione ha pensato e varato questo
“Tavolo” proprio per superare la gerarchia istituzionale con i
suoi Territori, scelta di democrazia partecipata (che peraltro
ha funzionato bene nel resto della Lombardia).

Una scelta che ha due pericoli da evitare: il dialogo tra sordi
e lo scontro. In questi due casi si perde tempo e basta!

Tre le regole, secondo il consigliere regionale, da seguire:

- Innanzitutto
che la rinuncia alla gerarchia istituzionale da parte della
Regione veda analogo atteggiamento negli altri soggetti;

- poi il dovere di ascoltare anche le idee diverse dalle proprie
“senza avere la pretesa di correggerle seduta stante”;

- in terzo luogo la disponibilità a soluzioni di sintesi,
“evitando di voler imporre la propria”.

“A metà strada tra lo scontro e la sordità reciproca” l’incontro
ha avuto un esito “complessivamente deludente”.

“Non abbiamo cominciato bene”, per cui ci vorrà “un esercizio
politico paziente e faticoso”.

Considerazioni
Alle osservazioni del consigliere Bordoni ne vorremmo
aggiungere un’altra, di carattere metodologico e quindi da
considerarsi invariante rispetto allo scorrere del tempo.

Ai tempi della vituperata Prima Repubblica era una costante, nei
giorni, talora nelle settimane, precedenti eventi importanti
come quello del 18 giugno, l’approfondimento collegiale dei temi
oggetto degli eventi stessi, in alcuni casi addirittura presenti
ad uno stesso tavolo esponenti delle Istituzioni e politici
fieramente avversari in provincia, ma, sui problemi di fondo,
spesso impegnati a ricercare, almeno in parte rilevante, linee
comuni.

Stupisce come non si avverta più nemmeno questo come esigenza,
che non si colga l’interesse insito nel definire sedi di
confronto “interno”, chiamiamolo “vallivo”, per una verifica
delle posizioni, talora per correggerle, talora per migliorarle,
talora anche per prenderne atto e conferire loro in virtù del
generale consenso, maggiore robustezza.

A che serve un Consiglio Provinciale se non discute di queste
cose? Ad approvare le strade o i provvedimenti per la caccia e
la pesca o altri aspetti meramente formali?

E sarebbe una perdita di tempo mettere intorno al tavolo le
diverse Istituzioni della provincia con i rappresentanti a
Milano e Roma per un’agenda comune, per concorrere alla
definizione di una linea sui principali problemi della
provincia?

Non sono idee che caliamo dal Parnaso: stiamo solo ricordando
che queste cose sono state ufficializzate nella prima seduta del
Consiglio Provinciale in carica quando ha solennemente sancito
il principio di sussidiarietà che se esclude la gerarchia
istituzionale tra Regione e Provincia esclude anche la gerarchia
istituzionale tra Provincia e altri Enti di Valtellina e
Valchiavenna.

Basterebbe solo dar corso concreto alle solenni enunciazioni di
principio...


BETTINI

Interviene anche con il solito stile graffiante, per
Legambiente, l’arch. ed ex parlamentare Bettini. C’è crescita,
dice, ma non sviluppo, ma non valutazione attenta del valore
strategico delle nostre risorse, della necessità di fare
“sistema”, di avere una “collaborazione istituzionale”, di
innovazione. Il Tavolo Territoriale potrebbe rappresentare
qualcosa di nuovo, ma occorre che ci sia una reale
partecipazione dei soggetti o la proposizione di temi, come
quelli autonomistici del Presidente Tarabini, che vanno molto
oltre l’ambito di una sede di questo tipo.

Poi l’analisi sui vari aspetti: Mondiali, Infrastrutture, Acque,
Servizio Idrico Integrato, Turismo. Con una conclusione secca:
il Tavolo “deve essere un percorso permanente, strutturato,
articolato, di comunicazione sociale aperta e trasparente.


MA SE FOSTE VOI AL PIRELLONE?


Dicevamo prima che la metodologia è un’invariante rispetto al
fluire del tempo. Sovviene la Consulta di Piano della Comunità
Montana unica di Valtellina, internamente suddivisa nel gruppo
socio-economico e in quello territoriale.

In tempi in cui molti argomenti venivano affrontati senza
modelli di riferimento nel Paese, un lavoro impegnato, solidale
pur nell’espressione di diversi orientamenti culturali e
politici, portò, sotto la guida dello staff della C.M., ad un
risultato eccellente, senza ombra di dubbio in quel momento
quanto di meglio fosse stato realizzato nel nostro Paese (poi
questo impegno fu vanificato, prima dall’anonimo funzionario
regionale che tenne nel cassetto il Piano che era destinato
all’approvazione del Consiglio Regionale, e poi dallo sventurato
smembramento della Comunità).

Quell’esperienza era il frutto contestuale di una cultura di
governo e della consapevolezza del valore della partecipazione
con il supporto della politica nobilmente praticata. Era uno dei
frutti positivi di quella “Prima Repubblica” che non aveva certo
il volto e la coscienza che le si attribuiscono ora con una
fcolpevolmente falsa generalizzazione.

Ci si rende conto che nella seconda Repubblica le cose sono
cambiate, al punto di sprecare perfino occasioni interessanti
come quella che potenzialmente poteva essere il Tavolo del 18
giugno.

Perché sprecata?

Ma se foste nei panni di chi governa al Pirellone dopo l’esito
di tale incontro cosa fareste?

Sareste più disponibili, pronti a cancellare i NO, a dire solo
SI, a scucire i cordoni della borsa e quant’altro?!?
frial


GdS 28 VI 03 - www.gazzettadisondrio.it

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frial
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