PROBLEMI DELLA PROVINCIA: I NOSTRI UNIVERSITARI PENALIZZATI

I nostri universitari, valtellinesi e valchiavennaschi, (e loro famiglie) sono praticamente gli unici lombardi penalizzati, e gravemente.

In tutto il resto della regione un universitario può frequentare gli studi standosene a casa, salvo che non voglia seguire corsi di studi o atenei particolari, perché i tempi di viaggio risultano compatibili con le esigenze dello studio e della frequenza.

Questo non succede per noi, fatta salva la situazione di chi si è iscritto ai corsi di laurea breve in Lecco.

Studiare fuori casa comporta costi molto elevati, a cominciare dall'alloggio, con un peso per le famiglie che costituisce una vera e propria ingiustizia. Addirittura ci sono casi in cui il proseguimento degli studi è impedito dalla ragion economica, non essendo sufficienti le provvidenze esistenti, mentre non lo sarebbe se l'Università la si potesse fare stando a casa.

Sul finire degli anni 60 il CRPE, Comitato Regionale della Programmazione Economica, fissò le linee-guida per quanto riguardava l'istruzione universitaria in Lombardia. Praticamente da allora vi fu una moltiplicazione delle sedi universitarie in tutta la regione. Ebbene allora era stato escluso un insediamento universitario in provincia per mille e una ragioni, ma era stato acquisito un concetto importante, evidenziato dai rappresentanti valtellinesi e recepito: per i valtellinesi, e pochi altri in zone fortemente decentrate, soprattutto alte valli alpine, si sarebbe dovuto provvedere con strutture ricettive, presumibilmente a Milano.

Come si è detto dianzi abbiamo assistito alla moltiplicazione delle sedi universitarie in tutta la regione ma non alla soluzione del problema residenziale per chi, soprattutto i nostri universitari, era ed è costretto alla permanenza fuori casa se vuole seguire con profitto gli studi.

Fa eccezione Morbegno che ha trovato soluzioni interessanti per i propri universitari ma questo solo perché ha la Fondazione Mattei, adeguate risorse e sensibili amministratori della stessa.

Quella che doveva essere una prova di solidarietà concreta della Lombardia con la provincia che le fornisce preziosa energia (il 90% di quella localmente prodotta) per le sue aziende, per il metro, per i tram, per le sfolgoranti luci del centro meneghino, è mancata del tutto.

In sede locale vi è stato un tentativo di sopperire quando l'allora assessore provinciale alla PI Guido Visini portò avanti il progetto di una Casa dello Studente in Milano, già con l'individuazione del sito, con un progetto di massima e con una analisi dei costi, ma, cessato il mandato di Visini, non se ne fece più niente.

Vi era un'altra idea, di cui eravamo convinti fautori. In uno dei tanti interventi urbanistici pubblico-privato in quel di Milano, il Comune avrebbe potuto ottenere gratuitamente dagli operatori questa Casa dello Studente, da dare in comodato di lungo periodo alla provincia di Sondrio. Per il Comune di Milano non vi sarebbe stato esborso finanziario e alla elementare domanda per quale motivo esso avrebbe dovuto privarsi di una simile struttura la risposta è facile, considerando il confronto intercorso allora con il Sindaco Tognoli che aveva compreso come alla Valtellina, forziere dell'AEM di Milano, bisognava ben riconoscere qualcosa di concreto ben oltre le striminzite contropartite di legge (sovracanoni BIM e "rivieraschi"). L'idea non fu accolta.

Una terza idea è degli anni scorsi, fautori noi anche di questa, vale a dire, utilizzando qualche risorsa della Legge Valtellina, e neppure molte, con un'apposito sistema finanziario che i nostri due Istituti Bancari avrebbero potuto agevolmente approntare e sostenere, procedere secondo il modello svedese del prestito sull'onore, a tasso zero, rilevante sostegno per le famiglie. L'idea non fu accolta.

La situazione generale dell'economia è migliorata certamente ma è anche aumentato notevolmente il numero di studenti che proseguono gli studi dopo la Scuola Secondaria. Centinaia di famiglie in provincia debbono stringere la cinghia per far studiare i figli, specie poi quando sono magari due o tre da mantenere fuori sede. Un problema diffuso di cui stranamente nessuno si occupa, a qualsiasi livello e in qualsiasi sede, politica, economica, sociale. Perché?

Malinconicamente lo registriamo.

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