Il Presidente della Repubblica Ciampi. La sua biografia, la sua elezione, il discorso di insediamento. I precedenti Presidenti.

di GdS



LA
BIOGRAFIA


Carlo Azeglio Ciampi. Banchiere centrale e uomo politico, nato a
Livorno il 9 dicembre 1920. Ha conseguito la laurea in Lettere e
il diploma della Scuola Normale di Pisa nel 1941, e la laurea in
Giurisprudenza presso l'Università di Pisa nel 1946. In questo
ultimo anno è stato assunto alla Banca d'Italia, dove ha
inizialmente prestato servizio presso alcune filiali, svolgendo
attività amministrativa e di ispezione ad aziende di credito.
Nel 1960 è stato chiamato all'amministrazione centrale della
Banca d'Italia, presso il Servizio Studi, di cui ha assunto la
direzione nel luglio 1970. Segretario generale della Banca
d'Italia nel 1973, vice direttore generale nel 1976, direttore
generale nel 1978, nell'ottobre 1979 è stato nominato
Governatore della Banca d'Italia e presidente dell'Ufficio
Italiano Cambi, funzioni che ha assolto fino al 28 aprile 1993.
Dall'aprile 1993 al maggio 1994 è stato Presidente del
Consiglio, presiedendo un governo chiamato a svolgere un compito
di transizione.

Durante la XIII legislatura è stato Ministro del Tesoro, del
Bilancio e della Programmazione Economica, nel governo Prodi
(dall'aprile 1996 all'ottobre 1998) e nel governo D'Alema
(dall'ottobre 1998 al maggio 1999). Dal 1993 Governatore
onorario della Banca d'Italia e dal 1996 membro del consiglio di
amministrazione dell'Istituto dell'Enciclopedia Italiana.

Ha ricoperto numerosi incarichi di rilevanza internazionale, tra
cui quelli di: presidente del Comitato dei governatori della
Comunità europea e del Fondo europeo di cooperazione monetaria
(nel 1982 e nel 1987); vice presidente della Banca dei
regolamenti internazionali (dal 1994 al 1996); presidente del
Gruppo Consultivo per la competitività in seno alla Commissione
europea (dal 1995 al 1996); Presidente del comitato interinale
del Fondo Monetario Internazionale (dall'ottobre 1998 al maggio
1999).

Dall'aprile 1993 al maggio 1994, Ciampi ha governato durante una
fase di difficile transizione istituzionale ed economica. Il
referendum elettorale e la congiuntura sfavorevole
caratterizzata da un rallentamento della crescita economica
richiedevano immediate risposte.

Il governo Ciampi ha garantito l'applicazione della nuova legge
elettorale approvata dal Parlamento, attraverso il complesso
lavoro per la determinazione dei collegi e delle circoscrizioni
elettorali, e il passaggio da un Parlamento profondamente
rinnovatosi tra la XI e la XII legislatura. Sul piano economico
gli interventi più significativi sono stati rivolti a costituire
il quadro istituzionale per la lotta all'inflazione, attraverso
l'accordo governo-parti sociali del luglio del 1993, che
segnatamente ha posto fine ad ogni meccanismo di indicizzazione
ed ha individuato nel tasso di inflazione programmata il
parametro di riferimento per i rinnovi contrattuali. Inoltre il
governo Ciampi ha dato avvio alla privatizzazione di numerose
imprese pubbliche, ampliando e puntualizzando il quadro di
riferimento normativo e realizzando le prime operazioni di
dismissione (tra cui quelle, nel settore bancario, del Credito
italiano, della Banca commerciale italiana, dell'IMI).

Come Ministro del Tesoro e del Bilancio del governo Prodi e del
governo D'Alema Ciampi ha dato un contributo determinante al
raggiungimento dei parametri previsti dal Trattato di
Maastricht, permettendo così la partecipazione dell'Italia alla
moneta unica europea, sin dalla sua creazione.

Tra i provvedimenti più significativi di questo periodo si
ricorda la manovra correttiva della politica di bilancio varata
nel settembre del 1996 dal governo Prodi, che ha consentito un
abbattimento di oltre 4 punti percentuali del rapporto
indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni rispetto al
prodotto interno lordo, il parametro di Maastricht di più arduo
conseguimento per il nostro Paese.

Il 13 maggio del 1999 è stato eletto, in prima votazione, decimo
Presidente della Repubblica Italiana.

Autore, oltre che di numerosi interventi e articoli, in
particolare di:

- Considerazioni Finali del Governatore della Banca d'Italia dal
1979 al 1993;

- Sfida alla disoccupazione: promuovere la competitività europea
(1996);

- Un metodo per governare (1996).


LA 
SUA ELEZIONE

1° scrutinio 13 Maggio 1999 ore 9.00


Presenti: 990, Votanti: 990, Astenuti: 0

Maggioranza dei due terzi dei componenti dell'Assemblea : 674

Ottengono voti:
Ciampi Carlo Azeglio 707

Gasperini 72 - Ingrao 21 - Russo Jervolino 16 - Bonino 15 -
Andreotti 10 - Craxi 6 - Mancino 6 - Serena Antonio 6 - Violante
6 - Scalfaro 5 - Berlusconi 4 - Fazio 4 - Martinazzoli 4 - Amato
3 - Cossiga 3 - Barbera 2 - Baldassarre 2 - Schede Bianche 55 -
Voti Dispersi 25 - Schede Nulle 18

Risulta eletto Carlo Azeglio Ciampi




il
discorso di insediamento



Roma - Camera dei Deputati (Seduta comune del 18.5.1999 - Ore
17.00)

Quando il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi,
accompagnato dal Presidente della Camera Luciano Violante e dal
Vicepresidente vicario del Senato Carlo Rognoni, entra
nell'Aula, l'Assemblea si leva in piedi - Vivissimi, prolungati
applausi, cui si associano i membri del Governo ed il pubblico
delle tribune. Il Presidente della Camera prende posto al suo
seggio, con alla destra il Presidente della Repubblica ed alla
sinistra il Vicepresidente vicario del Senato.


Presidente Violante:

Onorevoli deputati, onorevoli senatori, invito il Presidente
della Repubblica a prestare giuramento davanti al Parlamento a
norma dell'articolo 91 della Costituzione (L'Assemblea si leva
in piedi).



Il Presidente della Repubblica legge la formula:

"Giuro di essere fedele alla Repubblica

e di osservarne lealmente la Costituzione"

Presidente Violante:

Il Presidente della Repubblica rivolgerà ora il suo messaggio al
Parlamento. Invito gli onorevoli deputati e gli onorevoli
senatori a prendere posto.

Il Presidente della Repubblica, restando in piedi,

pronuncia il seguente Messaggio:



Signor Presidente,

Onorevoli parlamentari,

Signori delegati regionali,


il mio omaggio va all'Assemblea che mi ha eletto, al Parlamento
nella sua più alta composizione, che esprime la rappresentanza
nazionale ed i suoi valori storici e, assieme ad essa, le
autonomie politiche e le identità culturali delle regioni
italiane.


Oggi in quest'aula non sento soltanto la voce della comunità
italiana che vive ed opera nei confini della Repubblica. Sento
anche quella degli italiani che vivono la loro cittadinanza nel
territorio dell'Unione, rappresentata dal Parlamento europeo
(Vivissimi applausi). E, non meno nitida e forte, sento la voce
della più larga comunità italiana diffusa nel mondo (Vivissimi
applausi), in fiduciosa attesa di più dirette vie di
partecipazione politica e sempre pronta a dare alla madre patria
una ricchezza di cultura, di conoscenze, di riconoscenza.


Di questa pienezza di unità nazionale voi vi siete resi
interpreti con la votazione che mi ha eletto. E io mi adopererò
per far perdurare questa significativa convergenza
costituzionale da voi creata. Una convergenza costituzionale
che, nella sua specificità, non nega, anzi presuppone il
normale, vitale, netto confronto tra maggioranza e opposizione.



L'unità nazionale che dovrò rappresentare e perseguire impone
che si volga lo sguardo verso quello che sarà il destino degli
italiani nel secolo che sta per cominciare.


Le fortune d'Italia, dei suoi giovani e delle generazioni che
verranno, si affidano alla capacità di aprire ancor più la
nostra società e i nostri ordinamenti. Questi saranno tanto più
validi quanto meglio sapremo collegarli, coordinarli, renderli
consonanti con le realtà europee e mondiali.


Avverto il dovere di riaffermare questa esigenza nel giorno
solenne in cui rivivono le memorie nazionali e patriottiche, il
ricordo degli uomini che hanno fatto la nostra Italia attraverso
lotte civili e militari: testimonianze tutte della continuità
della nazione. Quella continuità che ha saputo superare e
vincere anche la più grave frattura della nostra storia, perché
mai è venuto meno, dal Risorgimento a oggi, il senso profondo
della patria, che ha poi consentito, nella Repubblica
democratica, la piena pacificazione tra tutti gli italiani
(Vivissimi applausi).


Proprio perché sappiamo profonde, e a tutti comuni, le radici
della nostra italianità possiamo investire questo patrimonio
nazionale. Investirlo soprattutto in Europa, in quell'Unione che
ci ha visti sempre protagonisti nel costruirla. Investirlo nel
Mediterraneo, dove i popoli che ci circondano guardano
all'Italia come luogo d'incontro naturale e storico delle
civiltà che su questo mare si affacciano. Soprattutto da noi,
essi attendono l'impulso alla creazione di condizioni di
sviluppo nella sicurezza e nella stabilità.


L'unità degli italiani è oggi specialmente necessaria per
affermare davanti a tutti i popoli la nostra naturale vocazione,
consacrata nella Carta costituzionale, a operare concretamente
per la pace, sempre e in ogni luogo (Vivissimi applausi).


L'aggressione contro gli innocenti, l'estirpazione dei popoli
dalla loro terra natale hanno riportato in Europa l'orrore
dell'odio razziale.


È contro questo odio che si è determinata l'inevitabilità del
ricorso alle armi. Una tragica realtà di violenze, di lutti, di
distruzioni ci angoscia ogni giorno.


Urge che si facciano ancor più forti la voce della politica e la
tenacia del negoziato, affinché garanzia del rispetto dei
diritti umani e premesse certe di una pace vera siano subito e
insieme stabilite.


La dura lezione del conflitto balcanico spinge ad ampliare, a
rendere più lungimirante la nostra concezione europea.


Ogni focolaio bellico nel nostro continente è ferita inferta
alla stessa Unione europea e ai suoi valori. La pace duratura
può raggiungersi solo allargando i confini dell'Unione. Essa si
fonda sul principio dell'inclusione e non dell'esclusione. È
questa l'idea-forza, la "pax" europea tra uguali che dobbiamo
offrire, con iniziative immediate e concrete, ai popoli
dell'Europa che sono fuori dell'Unione.


La sicurezza, l'avvenire della regione balcanica non risiedono
nella moltiplicazione di piccoli Stati nazionalisti. Risiedono
nel disegno di un percorso di estensione, graduale nel tempo ma
certo nella conclusione, della cittadinanza europea ai popoli
che nel continente hanno vissuto e vivono la loro identità
storica.


Questo sforzo europeo per una pace che non sia solo un
armistizio deve vedere in prima linea noi italiani. Noi che
abbiamo l'onore di convivere, nella città di Roma, con una
suprema istituzione di pace, la Chiesa cattolica. E con una
figura di riferimento universale dei più alti valori umani, il
Sommo Pontefice, al quale va oggi il mio grato pensiero per il
suo operare senza riposo (Vivissimi applausi).



Signor Presidente,

il senso dell'unità nazionale ci deve guidare nel compito
primario del rafforzamento del nostro sistema politico.


Nel mio giuramento, che è prima di tutto impegno solenne e
incondizionato di osservare il dettato della Costituzione, c'è
anche la consapevolezza dell'esigenza di un naturale sviluppo e
aggiornamento istituzionale.


Vi è una costituzione europea che nei principi democratici
generali, nella tutela dei diritti fondamentali, nelle fonti del
diritto fa già corpo unico con la Costituzione del 1948.


Ma molto ci resta da fare per portare il nostro sistema politico
alla modernità costituzionale europea in numerosi suoi
lineamenti:

- nelle istituzioni di un federalismo che risponda al principio
di sussidiarietà, a partire dalle autonomie comunali, e che già
prima delle elezioni regionali del 2000 dovrebbe vedere attuate
le sue premesse costituzionali (Vivi applausi);

- nelle procedure elettorali, che devono costruire l'equilibrio
tra la primaria esigenza di esprimere un Governo di legislatura
e la rappresentatività politica del paese;

- nella forma di governo e nei modelli di pubblica
amministrazione, che devono garantire requisiti europei di
stabilità, di trasparenza, di efficacia ed efficienza;

- nell'organizzazione della politica, in cui i partiti si
confermino, in forme moderne, strumenti indispensabili per
esprimere la volontà dei cittadini e far corrispondere l'agire
politico al sentire comune;

- negli ordinamenti della giustizia, dal momento che la certezza
del diritto e il principio del giusto processo, garantiti dalla
intangibile indipendenza della magistratura, sono un bene
pubblico che non può essere sacrificato ad alcuna altra
esigenza;

- nei sistemi di sicurezza interna e di difesa comune, dove
l'abnegazione e la capacità degli uomini e delle donne delle
Forze armate e delle forze dell'ordine possono essere
compiutamente valorizzate con una integrazione operativa sempre
più profonda nella dimensione europea, la sola in cui si possono
trovare giuste soluzioni anche ai problemi dell'immigrazione.



Signor Presidente,

dobbiamo essere uniti anche nell'impegno per il rafforzamento
del nostro sistema economico.


La creazione della moneta unica europea, grande evento politico
e non solo economico, ci impone di far sì che l'economia
italiana risponda sempre più alle caratteristiche del modello di
sviluppo europeo che insieme con gli altri paesi dell'Unione
stiamo disegnando.


È fatto, questo modello, di libertà d'impresa sia dai lacci sia
dai sussidi di Stato. È fatto di difesa dei consumatori contro i
monopoli. È fatto di capacità di fusione dei mercati nazionali
in un unico mercato europeo e in una armonizzazione giuridica,
tali da accrescere la competitività globale. È fatto della
volontà di dare alla istruzione scolastica, universitaria,
professionale, efficacia appropriata ai tempi, operando sui
metodi e sui contenuti dell'insegnamento. È fatto della volontà
di adeguare la formazione e l'apprendimento permanente alle
esigenze dei nuovi modi di produzione; ma anche e soprattutto
all'ordine temporale delle stagioni della vita lavorativa e alle
condizioni del lavoro femminile.


I lavoratori italiani, gli imprenditori, le loro organizzazioni
sindacali hanno dato un apporto determinante al superamento
della grave crisi economica, sociale, politica esplosa agli
inizi degli anni novanta. Ho viva la memoria di quel giorno del
luglio 1993, quando con l'accordo tra il Governo e le parti
sociali fu posta la pietra angolare sulla quale il paese ha
retto negli anni difficili della transizione e ha ricostruito la
propria stabilità economica.


Ma accanto e prima dei lavoratori occupati, ci sono quelli
disoccupati. E oggi dobbiamo rinnovare l'impegno perché tutte le
nostre politiche assumano come riferimento assoluto la lotta
alla disoccupazione (Vivissimi applausi).


Abbiamo operato con successo per la stabilità economica. Essa ci
ha permesso di essere tra i paesi fondatori della moneta unica
europea. Dobbiamo operare con la stessa metodica determinazione
per lo sviluppo e per l'occupazione. È questo il traguardo della
nostra passione civile.


Un traguardo che si appunta specialmente laddove la
disoccupazione si addensa, nel Mezzogiorno. Un Mezzogiorno che
si ritrova al centro di un'area di interesse vitale per
l'Europa, a mano a mano che il pendolo della storia si riporta
verso il Mediterraneo. La promozione civile e produttiva
dell'economia meridionale diventa allora un'opportunità di
respiro continentale. Si avvertono nella società meridionale i
segni di una forte spinta collettiva a essere protagonista dello
sviluppo nelle singole realtà locali e nell'intera regione.


È in atto nel mondo un confronto aperto tra il modello europeo,
che intende stimolare il libero mercato coniugando con esso
politiche rispettose della dimensione sociale, e i modelli
proposti dalle altre economie avanzate, con le loro virtù, con
le loro vitalità, con i loro limiti.


Le imprese italiane, piccole e grandi, che ancora sopportano i
residui delle rigidità burocratiche proprie di una estesa
presenza statale, devono essere in prima fila ad affrontare
questa sfida.


La devono affrontare accrescendo la loro duttilità aziendale,
rafforzando i distretti, industriali e agricoli, rendendo più
intense le connessioni tra produzione di beni, produzione di
servizi e istituzioni territoriali; affinando la loro attitudine
a capire la complessità dei mercati e ad anticiparne i
mutamenti. La devono affrontare anche con l'impegno nella
ricerca in fecondo collegamento con le università, con il pronto
inserimento delle innovazioni nei processi produttivi, con la
difesa dell'ambiente intesa come grande opportunità economica
creatrice di iniziative e di lavoro, ma soprattutto sentita come
vincolo costituzionale di interesse generale. Vincolo che
esprime il dovere di preservare un patrimonio, la terra,
ereditato dai nostri padri per consegnarlo integro ai nostri
figli (Vivissimi, prolungati applausi).


Signor Presidente,

sta per aprirsi un nuovo millennio. Agli italiani, e in
particolare alle speranze dei giovani, sento di poter dire che
ci sono le condizioni perché il paese compia un deciso balzo in
avanti.


In questi ultimi cinquant'anni l'Italia è cresciuta, nella
libertà, più che in qualsiasi altra epoca della sua storia.
Abbiamo raggiunto più di quanto sognammo negli anni della nostra
giovinezza, della giovinezza della Repubblica (Vivissimi,
prolungati applausi). Oggi l'orgoglio del nostro patriottismo si
fonda su quello che siamo riusciti e riusciamo a fare con la
nostra operosità, con la nostra arte, con la nostra ricerca, con
l'ingegnosità e lo stile dei nostri prodotti, con il contributo
di equilibrio e di idee in ogni campo delle nostre relazioni
internazionali. Questo significa oggi, nel mondo, essere
italiani (Vivissimi applausi).


Delle potenzialità di questa nuova Italia noi per primi dobbiamo
essere coscienti e ritrovare in noi l'entusiasmo per tradurle in
realtà, superando di slancio la linea d'ombra che sembra
proiettarsi su questa chiusura di secolo.


Perché ciò avvenga è essenziale una vera stabilità politica, che
è continuità del governare nel succedersi delle legislature e
nell'alternarsi delle maggioranze.


Solo la stabilità politica può suscitare quel clima di fiducia
che stimola a progettare e a intraprendere, che rassicura i
cittadini risparmiatori e consumatori, che sollecita a investire
sul futuro.


In questo messaggio ho sentito il dovere di richiamare
innanzitutto la funzione di sintesi - la rappresentanza
dell'unità nazionale - propria della magistratura che mi è stata
affidata. A questa unità dedicherò ogni mia forza, convinto che
proprio perché siamo così segnati da diversità, saremo anche
capaci di più alta coesione, modernamente costruita sul
pluralismo più che sulla omogeneità senza anima (Vivissimi
applausi).


Ma accanto alle specificità che arricchiscono vi sono le
discriminazioni, le emarginazioni, le nuove povertà che
deturpano il volto della nostra società. E queste piaghe ci
ricordano che, mentre inseguiamo l'ammodernamento istituzionale,
ci sono princìpi della gloriosa Costituzione di cinquant'anni fa
che non abbiamo ancora pienamente attuato (Vivi applausi):

- come quelli degli articoli 29, 30 e 31, vero programma
costituzionale in favore della centralità della famiglia e dei
suoi valori (Vivissimi, prolungati applausi), valori che qui e
sempre dobbiamo riaffermare come grande ricchezza del nostro
popolo;

- come il fondamentale principio di eguaglianza enunciato
nell'articolo 3, ancora debole nell'attuazione nonostante l'alto
incitamento che ci è venuto costantemente dalle sentenze della
Corte costituzionale. E, aggiungo, nonostante l'azione di quel
volontariato diffuso che è vanto del nostro paese, quel
volontariato capace di entrare nei vuoti lasciati dallo Stato
sociale e di capire e di soccorrere la società anche là dove la
tenebra dell'esclusione è più fitta (Vivissimi applausi).



Signor Presidente,

onorevoli parlamentari, sono questi gli appuntamenti del mio
mandato: che intendo come mandato di garanzia costituzionale nei
confronti di tutte le parti politiche (Vivissimi applausi).


Nel mio compito mi sarà di conforto e di sprone l'assidua
attenzione ai lavori delle Camere, agli atti parlamentari, dai
quali trarrò suggerimento e consiglio.


Seguirò da vicino anche l'evolversi delle esperienze regionali:
dalle regioni alpine al Mezzogiorno.


Nel mio lavoro avrò come costante, severo ammonimento l'esempio
dei miei predecessori (Vivi applausi), che con la loro opera
hanno dato sostanza di dignità all'ufficio presidenziale: da
Luigi Einaudi (Vivi applausi), con cui ho in comune una
traiettoria di vita, non certo l'altezza della dottrina, a Oscar
Luigi Scàlfaro (Vivi applausi - Il senatore Oscar Luigi Scàlfaro
si leva in piedi e china il capo in segno di ringraziamento), il
Presidente dei tempi difficili, che mi onorò della sua fiducia,
nominandomi Presidente del Consiglio. Si concluse allora il mio
lungo ciclo di lavoro alla Banca d'Italia, che mi ha formato
nella disciplina del servizio alle istituzioni.


Con l'aiuto di Dio, con la fiducia degli italiani, sarò fedele
al mio giuramento. Sarò fedele ai valori di libertà, di
giustizia, di democrazia che sono il fondamento della
Costituzione repubblicana.


Viva la Repubblica italiana! Viva l'Unione europea! Viva
l'Italia!


(L'Assemblea si leva in piedi - Vivissimi, prolungati applausi,
cui si associano i membri del Governo e il pubblico delle
tribune).




i
PRECEDENTI PRESIDENTI


ENRICO DE NICOLA 1948

LUIGI EINAUDI 1948-1955

GIOVANNI GRONCHI 1955-1962

ANTONIO SEGNI 1962-1964

GIUSEPPE SARAGAT 1964-1971

GIOVANNI LEONE 1971-1978

SANDRO PERTINI 1978-1985

FRANCESCO COSSIGA 1985-1992

OSCAR LUIGI SCALFARO 1992-1999


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