MENO UTOPISTICA LA BRESCIA-BORMIO-STOCCARDA

La tragedia del Gottardo - I fattori negativi - Inadeguatezza delle infrastrutture - Volume delle merci e numero dei veicoli - Limitazioni dei flussi di traffico - La Brescia-Bormio-Stoccarda me

LA
TRAGEDIA DEL GOTTARDO


La tragedia nel tunnel del Gottardo, oltre alla tristezza della
vicenda umana con un bilancio che, seppur contenuto rispetto
alle iniziali previsioni, resta molto grave, ha evidenziato come
il sistema dei trasporti sud-nord Europa sia prossimo al
collasso.

E' sì vero che la tragedia é stata originata da un fortuito
incidente tra due veicoli da trasporto, ed é pur vero che i
sistemi di sicurezza hanno evitato che il bilancio fosse ancor
più tragico, ma é anche vero che, incidente dopo incidente,
queste grandi infrastrutture si rivelano palesemente inadatte ai
flussi straordinari di traffico odierno, in particolare a quelli
di traffico pesante.

I FATTORI NEGATIVI


Sono tre i fattori che incidono sulla situazione:

1) L'inadeguatezza delle infrastrutture;

2) Il volume complessivo delle merci e quindi il numero dei
veicoli;

3) Le limitazioni esistenti ai flussi di traffico.

INADEGUATEZZA DELLE INFRASTRUTTURE
. Per quanto riguarda le infrastrutture non solo
le due grosse tragedie, quella del Monte Bianco e questa del
Gottardo, ma anche una serie di incidenti e guai minori hanno
messo in evidenza fattori di rischio. Con il rischio aumenta la
probabilità di incidenti e con gli incidenti aumenta la
probabilità di incidenti gravi, tali da mettere fuori servizio
per periodi non brevi le infrastrutture.

Su questo versante la situazione é in movimento, nel senso che
le Autorità preposte hanno la consapevolezza del problema, sia
in sede europea che nazionale, tanto che una serie di
provvedimenti sono stati attuati o sono in attuazione anche per
la viabilità ordinaria, specificatamente per gallerie oltre i
1000 e oltre i 2000 metri di lunghezza. Vedasi, in particolare,
il caso delle gallerie della superstrada per Bormio nelle quali
sono in corso interventi per gli impianti di sicurezza (anche se
si appalesa la necessità di cartelli che avvisino delle
distanze dai punti di fuga o comunque di sicurezza).

Tra pochi mesi sarà
emanata la Direttiva europea che, fra l'altro, prevederà anche
l'obbligo di sensi unici alternati per i trafori a canna
semplice, nonché nuovi standards costruttivi. E' però chiaro
che possono essere sì introdotti miglioramenti, strutturali,
tecnologici, gestionali ma con il limite rappresentato dal fatto
che un tunnel é stato costruito in un certo modo. Modificarlo,
o, tendenza dominante, raddoppiarlo con altra canna laterale,
richiede oltre che grandi investimenti un lungo periodo.


VOLUME DELLE MERCI E NUMERO DEI VEICOLI
 Il volume dei traffici ha assunto dimensioni macroscopiche.
All'interno del comparto il volume di quelli su gomma ha assunto
dimensioni macroscopiche, in un rapporto di tre a uno rispetto
alle merci trasportate per ferrovia. Il numero dei veicoli da
trasporto transalpino ha
assunto dimensioni macroscopiche, oltre 7,5 milioni, di cui poco
più di un terzo verso la Francia, meno di un quinto verso la
Svizzera, poco più di un terzo verso l'Austria e circa un
decimo verso la Slovenia. Brennero e Frejus, con il Monte Bianco
chiuso, condividono il primato con circa un milione e mezzo di
veicoli; per l'esattezza rispettivamente con medie di 4274 e
4255 veicoli al giorno. 

Come interesse nostro ricordiamo che per il San Bernardino sono
transitati poco meno di 130.000 veicoli, circa 380 al giorno.

Poi ci sono le auto, sette volte i veicoli-merci, che hanno
fatto la parte del leone per i 150 milioni di viaggiatori visto
che solo circa un settimo di questi hanno preferito il treno.



LIMITAZIONI AI FLUSSI DI TRAFFICO
Aspetto importante anche le limitazioni
imposte da Austria (con il sistema "a ecopunti" che ha
come riferimento quello dei traffici del 1991 incrementati
dell'8%, mentre i traffici stessi sono aumentati più del 50%) e Svizzera al passaggio dei "bisonti della strada". 

Limitazioni queste che sono destinate ad incrementarsi - pedaggi compresi - nel tempo per le
crescenti opposizioni delle comunità attraversate e dei
movimenti ambientalisti.
La catena
alpina, che interessa Italia, Francia, Svizzera, Germania,
Austria, Yuguslavia e che si stende su un territorio vasto quasi
come l'intera Italia, circa 300.000 km² fra i 43° e 48° di latitudine Nord e fra i 5°
e 17° di longitudine Est, lunga 750 km sul nostro versante e 1.300 km
dall'altra parte, costituisce una vera e propria barriera che
storicamente veniva superata in quota da valichi perlopiù
impraticabili, o quasi come l'esempio dello Stelvio dimostra,
d'inverno.
Del secolo scorso l'inversione: da sopra
l'attraversamento passa sotto. La prima
ferrovia transalpina è stata quella del Semmering, aperta nel
1854, seguita da quelle del Brennero (1867) avvantaggiato dalla
bassa quota di valico, 1379 metri, del Fréjus (1871 - 13,6 km tra Mondane e Bardonecchia), del Gottardo (15 Km - 1881), dell'Arlberg
(1884), del Sempione (19,8 km).. Attualmente la catena è attraversata da 4 grandi trasversali ferroviarie alpine, e 4 minori: Tenda,
Bernina, Tauri e Pyhrn.
Per quanto concerne i trafori stradali, del
1965 è quello del Monte Bianco (11,6 km), altri sono quelli del
Gottardo (16,3 km), del Fréjus (12,8 km), del San Bernardino
(6,6 km), del Gran San Bernardo (5,8 km), del Col di Tenda (3,2
km) e, se vogliamo, la Galleria della Drossa a Livigno.


LA
BRESCIA-BORMIO-STOCCARDA MENO UTOPISTICA
Come si colloca in questo
contesto la Brescia-Bormio-Stoccarda di cui abbiamo dato in
anteprima notizia con due articoli, di fine aprile e dell'8
maggio, leggibili in altra parte di questo giornale (sezione
"nostra provincia")?
Diventa meno utopistica.
Le caratteristiche innovative
di questo ipotizzato asse stradale-ferroviario con, in
particolare, la grande capacità di traffico del trasporto su
ferro, oltre alla concezione tecnica, pur costituendo sempre
un'impresa colossale e una sorta di sfida tecnica, tecnologica,
finanziaria, la rendono più concreta alla luce delle tendenze
in atto.

La costruzione in soluzione, si fa per dire,
"economica" dei trafori così come é stato per quelli
esistenti, vale a dire canna semplice e sezioni ristrette, é
cosa da archivio, salvo ovviamente che per la viabilità
ordinaria o quella non destinata al traffico merci. Per fare un
esempio rientrerebbero in questa categoria Stelvio e
Valchiavenna-Mesolcina, con lunghezze inferiori all'ultima
galleria prima di Bormio della Strada della Rinascita.

Il potenziamento delle direttrici attuali, con un raddoppio
delle canne esistenti, sarà probabilmente fatto ma si
scontrerà in ogni caso con le limitazioni svizzere e austriache
e le opposizioni locali, e non solo locali.

Il potenziamento delle linee ferroviarie esistenti sarà fatto
ma sconterà la necessità di intervenire su tracciati esistenti
e progettati in altri tempi e per altre condizioni di esercizio.

Il nuovo é invece ideato con caratteristiche avanzate, in
coerenza con le nuove emanande disposizioni europee, ma anche in
modo più ampio rispetto a queste:

l Alta velocità per la ferrovia, il che consente non solo tempi
di percorrenza minori ma, conseguentemente, maggiore capacità
di traffico per il più elevato numero di convogli nonché la
maggiore lunghezza dei convogli stessi.

l Gestione programmata del traffico merci su gomma, con
possibilità anche di parziale sviluppo delle navette
ferroviarie.
l Sicurezza 
Ci sono alle spalle ormai tutte le esperienze, anche le più
tragiche, in modo tale da poter operare al meglio.
La Brescia-Bormio-Stoccarda
diventa meno utopistica. 


Questo sia per il tracciato, in particolare con la variante
Mortirolo, che per la compresenza di doppia linea ferroviaria e
di due canne distinte, a due corsie, per la strada, nonché con
il tunnel di servizio a garanzia della sicurezza.

Non é questione certo di domani mattina e neppure di
dopodomani.
Non é questione "valtellinese" o "bresciana",
ma magari neppure solo italiana.

Non é questione da referendum: si fa o non si fa:

E' semplicemente un aspetto di natura strategica da verificare
in questa sua connotazione, da verificare in termini di
fattibilità tecnica, da verificare in termini di compatibilità
economica.

Una cosa é certa: sotto il profilo ambientale di grande area
avrebbe enormi vantaggi (anche se localmente, per questo
aspetto, il problema del marino di scavo risulterebbe
rilevante). Chi si occupa di politica ambientale, Istituzioni
preposte e organizzazioni ambientaliste europee e nazionali in
primis, farebbe bene a cominciare a fare qualche riflessione in
proposito.

C'é da auspicare che, sulla scia di tanti dibattiti di questi
giorni, qualcuno cominci a guardare seriamente a questa ipotesi
con il realismo del caso ma senza superficiali giudizi
aprioristici. 

UTOPIA UN SECOLO FA IL SEMPIONE?
E PRIMA IL FREJUS?


Non dimentichiamo che quando, poco più di un secolo fa,
qualcuno ha avanzato l'idea del Sempione, galleria di 19824 m.
tra Briga e Iselle si trattava di un'opera che, tecnicamente,
tecnologicamente, finanziariamente si presentava in quel tempo,
e per le possibilità di quel tempo, molto più utopistica di
quanto non si presenti oggi la Brescia-Bormio-Stoccarda.

Per accennare a solo alcune delle difficoltà incontrate
dall'impresa costruttrice Brandt Brandau &C., vale la pena
di sottolineare i 56° di temperatura della roccia, i 1000 litri
al secondo d'acqua che sgorgavano dalle sorgenti intercettate
oltre ai 325 litri al secondo di acqua a 50 gradi, le
complicazioni geologiche, tanto é vero che i lavori iniziati
nell'agosto 1898, si conclusero nel febbraio 1906, con quasi due
anni di ritardo. E con tutto questo il 1 giugno 1906 il traforo
vedeva scorrere i treni, a poco più di 11 anni dalle prime
firme, quelle sulla convenzione italo-svizzera. Circa mezzo
secolo prima,
31 agosto 1857, del resto a
Modane il re Vittorio Emanuele di Savoia aveva dato il via ad un
altro traforo ferroviario, quello del Fréjus, completato poi il
26 dicembre 1870, lungo 13,7 Km. Non c'erano allora le
gigantesche "talpe" che oggi, con la potenza delle
loro frese sbriciolano la roccia con un avanzamento continuo, e
tutti i supporti della tecnologia. Non c'erano neppure le
disponibilità economiche di oggi. 

Poteva essere un'utopia perditempo mettersi a pensare a simili
ciclopiche realizzazioni. Non lo fu, e ancor oggi ne abbiamo i
vantaggi.

La storia dovrebbe insegnare, quantomeno a non essere scettici,
e neppure entusiasticamente impazienti, ma cartesiani. Studiare,
approfondire, valutare. Solo dopo a decidere.

La storia dovrebbe però anche insegnare che le idee non debbono
essere scartate a priori o, peggio, lasciate nei cassetti.
Meglio un no motivato dopo l'analisi che il limbo
dell'indecisione.
Alberto Fizziero



GdS 26.10.01

                       




                                            



                                             

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