Maltempo, territorio

Si correva con le campane a martello... - autoorganizzazione locale - La nuova frontiera - Tutto sommato é andata ancora bene - Il caso del versante terrazzato


si correva con le campane a martello...

La Protezione Civile di un tempo scattava al suono delle campane
a martello.

Ai rintocchi gli uomini correvano perché un pericolo incombeva
sulla comunità o su qualcuno della comunità.

Ricordiamo ancora come alla domenica mattina i pompieri
volontari di Ponte facessero la loro esercitazione in piazza
Bernardino Luini con un'autopompa che oggi verrebbe definita
rudimentale e con le manichette che al termine venivano stese ad
asciugare pendendo lungo la facciata dell'edificio antistante la
chiesa, quello su cui ancora oggi fa bella mostra di sé una
targa in marmo con riportate la lunghezza del "braccio" e altre
principali unità di misura un tempo in uso.

Le emergenze scattavano sostanzialmente in due casi: o per
incendi o per situazioni di pericolo di carattere idrogeologico.

Nelle situazioni più gravi, oltre ai "pompieri" con le scarse
attrezzature di cui disponevano allora, arrivava gente dai paesi
vicini a dare una mano.

Le comunità dovevano cioé autoorganizzarsi per forza di cose.

autoorganizzazione locale

Non é una cosa sorpassata. Certo, per eventi importanti diventa
essenziale l'aiuto esterno, ma anche in questi casi va tenuto
presente che l'aiuto esterno non può arrivare dappertutto con
tempestività. Ci sono inevitabilmente priorità da rispettare
oltre a tutto pensando che nei primi momenti di qualsiasi evento
P impossibile avere un quadro sufficientemente esauriente della
situazione e per qualsiasi organizzazione, anche la più
efficiente, occorre un certo tempo per la messa a regime.

Inoltre a livello comunale la gente conosce a menadito il
territorio e c'é chi ha esperienza sufficiente per una prima
valutazione congrua delle situazioni. Ve ne sono di quelle che,
intervenendo con immediatezza, si riesce a eliminare o
quantomeno ridurre il rischio che altrimenti potrebbe diventare
serio e richiedere interventi di grande portata.

Siccome poi in emergenza le vie di comunicazione diventano
importantissime se in sede locale ci si avvede di pericoli
incombenti, o addirittura di intervenute interruzioni, la
immediata comunicazione evita ritardi nell'intervento dei
soccorritori esterni.

Gruppi locali di Protezione Civile, opportunamente addestrati e
dotati di attrezzature e strumenti (comprese le radio, anche se
ci sono i cellulari, dal momento che l'operatività e il raccordo
con il centro devono essere assicurati anche nel caso di
interruzione delle comunicazioni telefoniche). Così come
fondamentale risulta l'informazione, anzi l'informazione rapida.
Non solo fra gli operatori ma anche bei confronti della
popolazione. L'uso di Internet, ovviamente in tempo reale,
dovrebbe essere pacifico, ma in una provincia come la nostra,
con una sola YV locale e poche radio, potrebbe essere
importante, una volta entrati in situazione di emergenza,
utilizzare questi canali sulla base di intese e anche soltanto
con l'utilizzo delle scritte che scorrono sul monitor oltre, ad
orari fissati, veri e propri bollettini di dettaglio.

Così come per quanto riguarda i fiumi, Adda soprattutto,
dovrebbe essere relativamente semplice con gli strumenti di
rilevamento delle portate disponibili, annunciare per tempo a
valle l'arrivo delle ondate di piena.

Tornando alla Protezione Civile é chiaro che ci sono dei limiti.

Non si può pensare che possano
esserci Gruppi di Protezione Civile a Pedesina, Menarola e via
dicendo, a Comuni cioè demograficamente ridotti all'osso. In
questi casi va pensato a Gruppi intercomunali, nei quali vi sia
però la presenza possibilmente almeno di un residente di ogni
Comune, proprio per questioni di conoscenza dettagliata del
territorio.

LA NUOVA FRONTIERA

La nuova frontiera per la gestione del territorio va definita in funzione di
uno scenario nuovo cui il territorio non era avvezzo e che lo
trova impreparato. Equilibri storici rischiano di rompersi di
fronte a eventi una volta eccezionali e oggi frequenti.

Pensiamo a cosa é capitato nelle Valli del Bitto. In pochi
giorni oltre 1000 mm di pioggia. Si usa poco il modo migliore
per far comprendere alla gente i dati statistici; ebbene
tradurremo questo dato in modo che chiunque abbia la percezione
di cosa questo abbia voluto dire: tanta acqua per oltre una
tonnellata di peso su ogni metro quadrato di territorio (una
casa di civile abitazione vien calcolata in genere per resistere
a un quarto di questo carico!). E' come se sul pavimento del
nostro soggiorno, di 20/25 metri quadrati ci posassimo sopra
200/250 quintali di materiale. o ci mettessimo circa 300
persone!

Interessa anche rilevare la localizzazione della forte
piovosità, visto che le perturbazioni sembrano prediligere la
zona orobica. Anni fa, e non tantissimi, gli esperti indicavano
in fine-novembre e fine-gennaio i periodi più propizi per le
nevicate in provincia per via dell'incontro fra le masse umide
provenienti da sud e quelle fredde provenienti da nord. Non é
più così. Ad rsrmpio lo scorso anno nel primo periodo abbiamo
avuto il persistere delle masse fredde con temperature
rigidissime ma senza uno straccio di nube umida da sud. Quest'anno
abbiamo avuto grandi masse umide in arrivo da sud ma neanche
l'ombra di masse fredde.

TUTTO SOMMATO E' ANDATA ANCORA BENE

Tutto sommato é andata ancora bene. Certo, la stramaledetta
coincidenza della discesa della colata di fango vicino al ponte
per Sazzo con l'arrivo della signora Negrini con la figlia
Alice, ha voluto dire altre due croci. Certo, ci sono Albaredo e
Bema, ci sono stati Tresenda e Ardenno nonché Pedemonte e tante
altre località con danni, per cui ci sentiamo tutti vicini a
quanti questi danni hanno subito e a quanti hanno dovuto vivere
l'ansia degli evacuati, ma rispetto a quel che é venuto dal
cielo, e come é venuto, poteva andare molto peggio. Il numero
degli evacuati non é indicativo di un aggravamento, bensì di
un'opportuna e intelligente prevenzione. Perdippiù si é visto
che le opere realizzate servono, come dimostrano gli esempi di
Tresenda e Ardenno dove, senza tali opere, sarebbe stato un
disastro.

E' pure pacifico comunque che non si possono fare opere
dappertutto. Il rischio zero in montagna non esiste. Occorre
invece fare quello che é umanamente possibile per ridurre le
conseguenze negative di eventi eccezionali. Vediamo ad esempio
il caso del versante terrazzato.

IL CASO DEL VERSANTE TERRAZZATO

E' stato precisato che sono stati 600 gli interventi compiuti da
privati sul versante terrazzato utilizzando le provvidenze messe
a disposizione dalla Legge Valtellina. Sta bene, ma se sopra vi
sono vigne nelle quale non c'é stato intervento e muretti
fatiscenti, magari per l'abbandono o per l'abbandono parziale e
quindi in assenza di quella manutenzione costante che era la
pratica abituale dei viticoltori, in genere durante la stagione
invernale, tutto il versante sottostante, anche se vi sono stati
gli interventi, e quello che sta sotto, a fondovalle, é a
rischio.

Su "La Gazzetta" dell'8 maggio scorso abbiamo pubblicato un
articolo dal titolo "Grandi vini di Valtellina: una Fondazione
ma anche...", leggibile andando nella sezione "Italia e Mondo",
rubrica "Territorio". Fra l'altro scrivevamo: "Oggi le
competenze sono frammentate e per giunta non coordinate.
Regione, Provincia, Comunità Montana, Comuni, ex Genio Civile,
Uffici o funzionari preposti agli aspetti ambientali,
eventualmente la Sovrintendenza, per certi aspetti Camera di
Commercio, per altri Impianto pluvirriguo ex-BIM, Consorzio di
Tutela e qualche altro soggetto minore locale. Discorso analogo
per i canali di finanziamento. Occorre in realtà portare a
sintesi il problema. La via c'é, per molti versi innovativa e di
non difficile realizzazione: l'istituzione di area protetta con
un organo di governo, una Authority di gestione che ha il suo
riferimento nel Piano Territoriale-Paesistico e il controllo da
parte della Provincia.

Probabilmente la forma migliore é quella consortile, magari per
distretti, con emissione di ruoli e potere di intervento, anche
con la legge sulle aree incolte, per acquisire, in proprietà o
in affitto o, ai limiti con esproprio, le vigne abbandonate
oltre alla manutenzione generalizzata delle parti comuni. Tutto
questo tenendo conto che i problemi del versante terrazzato
vanno affrontati tenendo conto della triplice valenza:
economica, paesistica, ifdrogeologica, toccando quindi ai
privati per il primo aspetto, al pubblico per gli altri due. La
Fondazione proposta dal Consorzio di tutela é sì strumento
utile, ma per una soluzione radicale, se la si vuole, occorre l'Authority
di cui s'é detto o strumento analogo.

Questo un caso e ce ne sarebbero altri. Uno per tutti le vie di
comunicazione, come l'isolamento di Bema insegna. Madesimo ha
sopperito con una alternativa. La Valmasino non ne ha e non si
vede come sopperire. Ma per la Valmalenco piuttosto che la
Valfurva, condannate all'isolamento sr succedesse qualcosa, le
alternative possibili ci sarebbero. Non vale la pena pensarci?

Per gli altri casi ci sarà tempo e modo per approfondire.
Alberto Frizziero


GdS 8 XII 02 - www.gazzettadisondrio.it

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Alberto Frizziero
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