L’elettrodotto San Fiorano-Robbia e le polemiche in Tirano
Avevamo dato notizia dell’avvenuta
sottoscrizione a Roma dell’accordo fra le nostre Istituzioni
locali e l’ENEL alla presenza del Ministro Marzano per
l’elettrodotto San Fiorano-Robbia, salutando positivamente
questa sospirata conclusione. Una conclusione che poteva per la
verità arrivare già dieci anni fa solo che in provincia si fosse
proseguito il cammino intrapreso dal BIM, con la Presidenza di
chi scrive queste note, che già nel 1992 aveva portato a un
insperato e brillante risultato con la delibera del Consiglio di
Amministrazione dell’ENEL che dava il via al programma di
razionalizzazione della rete di trasporto energetico
interessante la Valtellina. A quest’ora sarebbe sparita la selva
di elettrodotti che percorrono in lungo e in largo il nostro
territorio sostituiti da una/due linee ad alta tensione.
In questi mesi si è, di fatto, ripreso quel programma anche se
purtroppo limitato solo al Tiranese, arrivando ad una soluzione
concordata. Ci sono state difficoltà con un paio di Comuni, ma
alla fine si è trovato il modo di superarle.
Imprevedibilmente sono emerse riserve a Tirano, ed in
particolare anche in Consiglio Comunale, per cui vale la pena di
qualche commento in proposito.
In premessa vorremmo ricordare che su questa materia non c’è
nessuno, ripetiamo nessuno, che in provincia si sia lontanamente
avvicinato a quanto noi abbiamo prodotto, fra l’altro primi in
Italia a evidenziare l’impatto territoriale, e quindi anche
economico, che avrebbero avuto i valori-limite previsti nelle
bozze Bordon dei decreti attuativi della legge 36
sull’elettrosmog. E questo oltre al già ricordato precedente di
avere a suo tempo sollevato il problema della razionalizzazione
in pochi mesi arrivando alla decisione romana in sede ENEL,
ahimè poi rimasta sulla carta perché in provincia non si è
stranamente valutata quale interessante prospettiva quella
delibera priva per le nostre valli.
Sulla base delle informazioni avute – se poi vi fosse da
aggiungere, o correggere, ci si scriva e pubblicheremo – parte
almeno delle critiche alla soluzione non sembrano avere
effettiva consistenza, compresi i tenuti danni alle persone in
materia di elettrosmog.
Aggiungasi che non si tien conto di una cosa, come peraltro
ripetutamente scritto. Come il black-out ha dimostrato, la
condizione di fragilità del sistema è tale da determinare
inevitabilmente una stretta legislativa e operativa. Già il
Consiglio dei Ministri ha provveduto innalzando la temperatura
ammessa delle acque di scarico delle centrali termoelettriche,
misura che ne aumenterà l’efficienza. Seguiranno provvedimenti
operativi per sbloccare i lavori delle 24 centrali autorizzate
dal Ministero (5 in Lombardia per circa 3500 megaWatt), venti
delle quali bloccate, per una potenza complessiva vicina ai
12.000 megaWatt, poco meno di un quarto dell’attuale potenza
disponibile complessiva del Paese. Ma non basta agire sulla
produzione dovendosi intervenire anche sul trasporto. In altri
termini senza l’accordo di cui ad inizio di questo articolo, e
se si fosse rimasti sull’iniziale fronte di opposizione secca,
saremmo inevitabilmente arrivati, e non in tempo lungo, ad una
soluzione coattiva.
E’ stato fatto dunque un buon lavoro e ottenuto un buon
risultato. Per le ragioni addotte in precedenza non siamo certo
sospetti nell’affermarlo. Ci si pensi su.
Alberto Frizziero
GdS 8 VII 03 - www.gazzettadisondrio.it
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