Il gruppo Cinema del Centro Culturale Poschiavino propone uno spettacolo ...con la bicicletta. Diverse rappresentazioni
Dopo il successo degli spettacoli multimediali sul Tibet
e sul Canada il gruppo Cinema del Centro
Culturale Poschiavino propone nuovamente uno spettacolo
che alle nostre latitudini si vede
raramente. Questa volta la fa da padrone la bicicletta,
mezzo di trasporto umile e lento per non dire
ideale per vivere intensamente la gita che si vuole
compiere. Gli amici Verena e Luciano Lepre hanno
scelto tempo fa proprio questo mezzo per un giro del
mondo e ci raccontano dal vivo a mano di
spettacolari immagini la loro esperienza durata 8 anni.
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Venerdì 20 gennaio 2006, Samedan, Aula dell’Academia
Engiadina 20.30
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Sabato 21 gennaio 2006, Poschiavo, Cinema Rio 20.30
- Domenica, 22 gennaio 2006, Sondrio, Auditorium Torelli
21
Otto anni sulle strade del mondo. Mezzo di trasporto,
due biciclette.
Una storia nata per caso, come se dovessimo scoprire fin
dove si può arrivare in bicicletta
Dal diario di Verena e Luciano Lepre
Intro
Fino in agosto del 96, eravamo tutti e due
rappresentanti di commercio ed avevamo due
automobili. Il 4 settembre dello stesso anno, lasciato
il lavoro, inforchiamo due biciclette
nuove di zecca e senza alcuna esperienza in materia
prendiamo la direzione del Nepal dove
amici di lunga data ci stanno aspettando. Il mondo lo
avevamo girato già due volte, mai in
bicicletta però.
Quello che doveva essere un “semplice” viaggio fino a
Katmandu, si é via- via trasformato in
un’avventura o meglio una scelta di vita durata più di
otto anni ed ha trovato il suo epilogo il
19 dicembre 2004 davanti la porta di casa nostra dopo
aver attraversato 42 paesi.
Per fissare, le emozioni, gli incontri e le fatiche di
questi anni, Verena ha scritto un diario
mentre Luciano ha scattato più di 25'000 fotografie. Qui
sotto alcuni estratti significativi tratti
dal diario di viaggio.
Wadi Rum (Giordania)
-"È impossibile, non ce la farete mai." Ci dicono i
beduni vedendoci uff e puff spingere le
nostre biciclette nella sabbia. Sono le tre del
pomeriggio e il sole scalda maledettamente.
Lasciata la strada asfaltata, ci innoltriamo nel deserto
del Wadi Rum sulla pista che conduce
ad Aqaba. Al nostro carico abituale, aggiungiamo 20
litri d’acqua, 2 kg di riso, quattro scatole
di fagioli, due di tonno, datteri e mandarini in
abbondanza e caricati come muli partiamo alla
"conquista" di uno dei più spettacolari deserti del
mondo.
Avanziamo lentamente in uno scenario grandioso, irreale,
che ha visto un passato ricco di
misteri e leggende. Davanti solo deserto, dietro i
beduini che sembrano ripeterci "è pura follia,
non ce la farete mai."
Passo dopo passo, metro dopo metro, ci inoltriamo tra
splendide formazioni rocciose.
Enormi massicci dal colore rossastro disposti a
colonnato sembrano indicarci la via maestra, il
Wadi da seguire. Al terzo giorno, quando ormai ci rimane
solo mezzo litro d’acqua, facciamo
capolino sulla strada asfaltata. Esausti, ci sdraiamo
muti sull’asfalto per riprendere forze. Ci
guardiamo negli occhi mutuevolmente e credo di leggerle
lo stesso pensiero: -"è fatta!"
Pakistan
Non ancora scesa dalla bicicletta, la folla mi ha già
circondata. Li conto mentalmente: 10, 20
40, 60, ma credo che ormai ci sia tutto il villaggio. Solo maschi! Bambini nella tenera età,
adolescenti, adulti fino a quelli dall’età incerta dei
vecchi saggi. La scena si ripete ovunque ed
ogni giorno, ogni qualvolta mi fermo. Cerco di
ignorarli, ma poi all’improvviso mi prende la
voglia di urlare. Ma dove sono le vostre mogli, dove
siete donne del Pakistan? Perché mi
lasciate così sola in questo mondo di maschi. Sono
settimane che vi cerco disperatamente.
Conosco così bene gli sguardi increduli e curiosi dei
vostri mariti. Conosco il colore degli
occhi, il taglio dei capelli, il numero di scarpe e i
loro passatempi preferiti. Ma non conosco
una sola di voi donne. Sono stufa di questo mondo di
soli maschi. Sono stufa e stanca morta.
Oggi finalmente ti ho vista! Là, di fianco a tuo marito.
Ti sei fatta piccola, hai girato la testa
verso il muro e ti sei abbassata il velo. Coprendo il
viso hai lasciato aperta solo la fessura per
gli occhi. Ed allora li ho visti. Il colore nero e
profondo, lo sguardo intenso, curioso, timido.
Te ne sei accorta. Lentamente hai sollevato il velo, ti
sei girata dalla mia parte e mi hai offerto
un sorriso splendido, aperto e spontaneo. Un sorriso
complice, all’insaputa del tuo uomo. Ti
ho fatto l’occhiolino e sono ripartita. Ci vuole così
poco per capirsi, mi dico, girandomi
un’ultima volta; sì, perché sei donna come me!
Cina
Il deserto del Taklamakan (Cina), o deserto senza
ritorno come lo chiamano da queste parti,
mi sembra anche senza fine. I giorni si ripetono, uno
uguale all’altro. La pista è piatta, il
paesaggio vuoto, monotono. La temperatura che sfiora i
45 gradi ci costringe a passare i
pomeriggi al riparo sotto i ponti. L’acqua la
mendichiamo ai pochi camionisti di passaggio. In
questo mondo ostile di sabbia e di pietra, la fantasia
spazia in cerca di un miraggio, che non
esiste. Eppure le condizioni sono tali da doverlo
esigere! Niente, un miraggio neanche a
pagarlo.
Tibet
Ho l’impressione di star spingendo la bicicletta da
un’eternità. Mancano ancora 20 chilometri
per arrivare sul Lagpa-La, a 5220mt. La strada è ripida,
dissestata, polverosa. Mi sento a
pezzi; avanzo lentamente al passo di tartaruga. Un po’
in sella, un po’ a piedi, avanzo lottando
con il mio fisico che sta arrivando al limite. Ma quando
finiranno questi passi? Mi guardo
intorno. La solitudine mi invade, ho voglia di mandare
tutto al diavolo, di prendere il primo
aereo ed andarmene lontano, su qualche spiaggia , altro
che tetto del mondo!! Mi sento cosi
ridicola. E intanto continuo a spingere. Spingo perché
ho i piedi di ghiaccio, spingo perché ho
la schiena a pezzi, spingo perché mi manca l’ossigeno,
spingo perché …. si dovrà pur arrivare
prima o poi. Da qualche parte si arriverà, di sicuro si
arriverà!
Da stamane pedalo con i piedi completamente gelati. Mi
sembra di avere un blocco di
ghiaccio che mi paralizza la parte inferiore del corpo.
Sul passo del Tanggula (Tibet) a 5231
mt. sento che il blocco sta salendo e mi prende
lentamente le gambe ed il bacino. Mi mette in
stato d’anestesia il ventre, mentre sta cominciando a
martellarmi la colonna vertebrale e le
costole. Ma il momento è storico. Siamo forse sul tetto
del mondo? Non si sa. La questione è
dubbia. Di certo merita una foto. Supplico Luciano di
fare in fretta. Camuffata come una
mummia ma sul punto di diventare una statua di ghiaccio
inizio la discesa. Mi devo fermare.
Paralizzata dal freddo, con le lacrime agli occhi, non
so più a quale santo rivolgermi. Una
zuppa bollente che mi viena offerta da una famiglia
indigena ed un tè al burro di yak, mi
salveranno da un’ipotermia assicurata.
Mumbay (India)
"Welcome to Mumbay. The city of the 21th century." (
Benvenuti a Mumbay. La capitale del
21esimo secolo.) Il cartello pubblicitario non lascia
alcun dubbio. Con i suoi quindici milioni
di abitanti e' la più grande metropoli del
sub-continente ed una delle più popolate del mondo.
Ancora trenta chilometri.
Man mano che avanzo la statale si allarga, vie laterali
e trasversali la congiungono apportando
nuovo traffico, aumentano i veicoli leggeri come pure le
bizzarrie a due ruote trainate da un
qualche animale, tutto intorno gli odori si
intensificano sensibilmente. A quest'ora mattutina,
gli abitanti della periferia sono affacendati con la
propria toeletta. Sedere per aria e barattolo
d'acqua alla mano, sono appollaiati ai bordi della
strada e si discaricano pacificamente. Con lo
sguardo disinvolto sulla via, senza vergogna o pudore,
si godono l'inizio della nuova giornata
liberati da ogni futilità. Uomini, ragazzi e qualche
bambina, ma come al solito nessuna donna.
La loro discrezione in materia continua a stupirmi.
Nessuno sembra farci caso.
Vientianne (Laos)
Risento il Laos un po' come un paese al di là del tempo,
un posto fuori dal comune, o forse
più che un paese, uno stato d'animo, uno luogo nello spirito come l'ha definito qualcuno. Più
mi innoltro tra le sue montagne, più ho l'impressione
che la vita si stacchi completamente dal
tempo, almeno così come noi lo intendiamo. Tutto si
muove al rallentatore. Senza urgenze
particolari, senza la pressione di un orologio che ti
impone il ritmo, senza il senso di colpa per
non aver riempito la giornata. E' la luce del giorno ad
imporre il ritmo, tutto il resto è
superfluo. Ho la sensazione che possano disporre del
lusso di usufruire e sperperare il tempo a
volontà; questo stesso tempo che da noi è cosiderato
denaro.
Yunnan (Cina)
Per evadere un po' durante queste ore di sofferenza,
rifletto alla grande libertà che dispongo
sulle mie due ruote come pure al privilegio di poter
disporre del mio tempo a completo
piacimento. Mi invento mille storie per giustificare
questo prezzo che può sembrare
esorbitante. E' molto elevato, senza dubbio. Ma questa
grande cosa che si chiama libertà, è
ormai diventata importante come l'aria che respiro.
-“Dai Socrate” parlando alla mia bici, “non è ancora
finita”.-
Piergiorgio Evangelisti
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