COMUNICARE LA MONTAGNA E L'INTERVENTO, DA INGEGNERE, DEL ONS. REGIONALE G. MARIA BORDONI
COMUNICARE
LA MONTAGNA
Sabato 6 ottobre a Sondrio la S.E.V. (Società Economica Valtellinese)
ha organizzato il Convegno "Comunicare la Montagna" con il Patrocinio di Regione, Provincia, Istituto Nazionale Ricerca Scientifica e Tecnologica sulla Montagna, "2002 Anno Internazionale della Montagna" e con la collaborazione del Corriere della Sera.
Coordinatore dei lavori il prof. Alberto Quadrio Curzio, relatori il Presidente dell'I.N.R.M. prof. A. Mottana, il Presidente dell'UNCEM dr. E. Borghi, il dr. A. Bonomi, il dr. Roberto Zoboli, il dr. C. Snider (che ha presentato il progetto di un Concorso nazionale annuale sul tema
"Comunicare la montagna"). E' seguita una tavola rotonda coordinata dal Presidente di Consulting Mario Cotelli.
Si tratta di un classico caso in cui non se ne può riferire in modo adeguato con una sintesi dei lavori, di significativo rilievo scientifico.
QUALE
SBOCCO?
Al più ci si può chiedere quale sbocco possano avere le idee e proposte messe sul tappeto. Siamo stati da sempre per una sorta di trittico da avere come linea guida da seguire mirando alla crescita della comunità:
capacità di proposta, capacità di
iniziativa, efficienza.
1- Capacità di
proposta. Elemento essenziale per il quale un ruolo fondamentale lo deve esercitare la cultura. Le idee sono merce comune; per usare una nota espressione in Italia ci sono almeno 20 milioni di allenatori della nazionale, con le idee vincenti su chi far giocare e come. Ma ce ne sono ancor di più che sanno benissimo come risolvere i problemi di fondo del mondo, del nostro Paese, della Provincia, del proprio Comune.
Le idee che contano, non estemporanee ma approfondite e verificate, sono però merce rara.
Fra queste, le "realizzabili" ancor più rara.
In momenti nei quali il confronto, con le stesse sedi di analisi e di confronto, pare essere andato in vacanza, speriamo temporanea, avere occasioni positivamente definibili
"pensatoio" è vitale.
2- Capacità di iniziativa. Se la proposta non viene metabolizzata e adeguatamente rivestita per la traduzione operativa i prodotti del pensatoio diventano Accademia, questa volta con la connotazione negativa del termine. Non inutili comunque, sia chiaro, come tutt'altro che inutili le occasioni di confronto, che sono da ripetere ugualmente.
In ogni caso quel che si produce verrà infatti buono in futuro (anche se appare uno spreco non utilizzare oggi quel che alcuni scopriranno, attuandolo, solo dopodomani).
Soggetti come la S.E.V., o altri, se riescono a focalizzare fattori importanti di sviluppo, non possono certamente dar loro gambe in ragione di competenze, di ruoli, di potenzialità di tipo operativo. A maggior ragione se gli scenari che vengono delineati sono tali da richiedere una compresenza di soggetti attuatori e comunque un'azione di Governo, di sintesi.
Esistono queste condizioni?
Ciascuno dia la sua risposta.
Osserviamo però che il momento sarebbe propizio visto che è in avvio l'elaborazione del
Piano Territoriale-Paesistico della Provincia, non un piano-libro da collocare negli scaffali ma un documento che, una volta definito, assumerà dignità legislativa.
Se non si vuole un prodotto di basso profilo, di stampo burocratico-amministrativo, tale piano dovrebbe tradurre, organizzando in funzione di questo il territorio, una visione strategica dello sviluppo della provincia.
Non è compito dei progettisti di definirlo.
Dovrebbe essere il risultato di sintesi d'una pluralità di apporti (che però non si vedono, il dibattito potendo esistere solo se c'è chi lo sostiene mentre si osserva che la comitiva andata in vacanza appare numerosa…).
3- Efficienza. Va osservato - anche se non è il caso attuale - che a
dinamica capacità di proposta, a fertile capacità conseguente di iniziativa deve seguire l'efficienza, ovvero la traduzione in risultati positivi e in tempi acconci. Se la capacità di proposta registra momenti positivi come quello del Convegno in oggetto ma non si accompagna alla sua assunzione come metodo costante, e se la capacità di iniziativa non dà riscontri sistematici, non si può parlare di efficienza. Potranno esser risolti questo o quel problema, restandone, solo in parte per ragione fisiologica , tanti altri sul tappeto, ma venendo a mancare il respiro strategico e quindi l'attenzione per i futuribili, per i futuri cioè possibili
e non quelli utopistici, si porranno le condizioni per ritardi dello
sviluppo.
L'ANNO
DELLA MONTAGNA E' UN'OCCASIONE
L'anno internazionale della montagna è un'occasione certamente per soluzioni contingenti ma soprattutto, vi fossero sensibilità, volontà e impegno, per pensare, magari anche alle potenzialità della più forte Regione turistica
d'Europa. Stiamo parlando di quella costituita da Valtellina, Engadina, Alto Lario, una volta che la Svizzera sia entrata in Europa. Ci vorrà qualche anno, certo, ma ci vuole anche qualche anno, prima per entrare in quest'ordine di idee, al di qua e al di là delle Retiche, poi per stabilire le linee comuni, infine per attrezzarsi in modo da essere pronti, all'ora X, a cogliere un'opportunità unica per i nostri figli.
Tornando al Convegno sarebbe bene che la S.E.V. compisse uno sforzo particolare per una rapidissima pubblicazione degli atti, meglio se accompagnata da un sintetico questionario riservato agli addetti ai lavori, pubblici e privati, incentrato su alcuni punti-chiave emersi sabato scorso.
Facciamo un'eccezione, rispetto al dichiarato intento di non entrare nei contenuti del Convegno, pubblicando l'indirizzo rivolto, a nome della Regione, dal consigliere regionale G. Maria Bordoni.
Un intervento in un certo senso da ingegnere, schietto e molto chiaro nei termini, interprete anche di un modo di essere e di sentire di molti. Abbiamo trovato in esso gli stessi accenti del compianto Libero Della Briotta quando lamentava letture esterne delle nostre cose, dei nostri problemi come frutti di una cultura metropolitana che leggeva con i suoi occhi da pianura, da area metropolitana, da triangolo industriale, da turismo di week-end, le nostre montagne e la gente di montagna.
L'INTERVENTO,
DA INGEGNERE, DEL CONSIGLIERE REGIONALE G. MARIA BORDONI
Il testo, integrale:
"La montagna ha bisogno di buoni interpreti perché possa essere letta per quello che è. Una terra ricca di storie, di tradizioni, di paesaggi ma soprattutto di uomini vivi, che come tutti gli altri e spesso di più lavorano, amano, si relazionano con il mondo che li circondano.
Parto dunque da qui, da questa verità troppo spesso velata da un'iconografia un po' frusta e piagnona, che ama dipingere il montanaro un po' Homo Selvadego e po' Alpinista-Caprino, dimenticando che queste figure sopravvivono ormai, particolarmente da noi, come specie protette perché praticamente estinte.
La montagna è spesso raccontata come territorio dissestato, bisognoso di assistenza e
provvidenze continue; come terra triste e malinconica, quasi fossimo nel buio del Circolo Polare; come terra di confine culturale e sociale, aggrovigliata in radici sataniche o in spaesamenti improvvisi.
C'è da pensare che la sovraesposizione dell'offerta giornalistica abbia ormai giustificazione solo nella riproposizione ossessiva delle poche negatività che agitano i sonni degli abitanti della montagna, praticando oramai a catturare l'interesse per scippi e morti ammazzati delle città.
La montagna offre ancora la sofferenza di un contrasto oggettivo tra ambiente sofferto ma bello e turpitudini degli uomini che vi abitano.
Così il percorso sprofonda ogni volta in questa sorta di commedia/tragedia, che presenta la positività di queste terre alte solo come contrasto per le nequizie che qui, come in qualunque parte della regione dell'Italia e del mondo intero, si consumano.
Il prossimo anno è dedicato dal mondo intero alla Montagna, spazio fisico e luogo di assistenza, è un'occasione unica, se la montagna
saprà coglierla, per abbandonare le vecchie immagini di separatezza e conquistare le posizioni nuove dell'appartenenza.
Appartenenza sociale, economica, rurale e materiale di un territorio, non più
vittime più o meno innocenti ma artefici del paesaggio e della cultura, non più questuanti ma consapevoli controparti nella gestione delle nostre ricchezze.
Perché questo avvenga occorre innescare un processo fino ad oggi forse rimasto troppo chiuso nelle stanze di una cultura dignitosa e schiva e nel cuore della gente della montagna: quello della consapevolezza di appartenere ad un mondo che non termina sulle creste delle montagne che confinano la nostra vista, ma che è fatto di uomini, culture, religioni, colore della pelle, differenti ma ugualmente nostri.
Coniugare locale e globale significa non disperdere i valori propri, ma avere la curiosità e la necessità di metterli in comune, foglie della stessa pianta del mondo.
Una comunicazione attenta può essere determinante nella appropriazione di questa consapevolezza.
Per questo saluto con convinto interesse l'iniziativa della Società Economica Valtellinese, sempre attenta ad offrire messaggi vigorosi e stimolanti. Fare qualità in comunicazione, coinvolgendo i media in un processo di rilettura della
montagna e del suo popolo in quella dimensione diversa e unica che ho tentato di tracciare è certamente importante e per questo la
Regione non farà mancare un sostegno convinto.
Mi piacerebbe relegare l'iconografia che fino ad oggi ha devastato la nostra immagine alla stregua delle fotografie virate-seppia che ancora oggi fanno mostra di immagini del passato.
Appunto, del passato".
G. Maria Bordoni
CULTURA
METROPOLITANA, O DELLA IRREALTA'
Parlavamo della "cultura metropolitana", o della irrealtà, in
quanto scarsamente consapevole della realtà vera della montagna.
In parte perché, nonostante si tratti di "cultura", che per definizione
postulerebbe apertura massima, essa appare poco permeabile, per un'atteggiamento di autosufficienza congenita tale da impedire la messa in discussione di se stessa, delle proprie convinzioni ma soprattutto del metro di valutazione.
L'ottica non può essere unica. Dalla sommità del Pirellone, o della Torre-Parco RAI, o dalla Madonnina lo sguardo spazia sino alle propaggini delle Orobie a nord e alle colline dell'Oltrepò a sud. La ricognizione così
limitata non dovrebbe consentire l'extrapolazione anche a quei
territori, ma soprattutto alle comunità ivi insediate, delle
valutazioni, di un metro di giudizio valido sino a quelle
propaggini.
Ne é specchio esaustivo la considerazione per l'ambiente
sovente considerato in modo astratto, bene da tutelare
dall'assedio di chi vive, dimenticando che se esso tuttora
rappresenta un patrimonio significativo é soprattutto per
l'opera di chi ci ha vissuto e ci vive, anche con errori che
sono propri della natura umana, forse però assai meno gravi che
altrove, triangolo industriale compreso.
CULTURA
MONTANA, O DELLA INCOMUNICABILITA'
Nel Convegno é emerso, o meglio si é ribadito quanto del resto
da noi ripetutamente sottolineato, un grave handicap della
montagna, proprio sotto il profilo della comunicazione.
E' vero che la montagna di per sé non fa notizia, se non
quando, ad esempio, la furia della natura che dove l'orografia
diviene rilevante é una costante nel tempo, si manifesta in
tutta la sua virulenza.
Si fa poco, quasi ovunque nel territorio montano del Paese, per
accrescere la conoscenza di chi in montagna non vive e magari si
accosta ad essa con l'habitus mentale del turista frettoloso. Si
fa poco anche in provincia per vincere l'abituale riluttanza
degli organi di informazione ad approfondire temi che pure
sarebbero di aiuto a tutto il Paese.
Anche qui un esempio. Nel 1987, in occasione della grande
calamità che colpì la Valtellina avvenne un fatto
straordinario. Il disastro iniziò il 18 luglio (l'enorme frana
che seppellì S. Antonio Morignone dieci giorni dopo). Il 3
agosto a Roma il CER dava il via ad un finanziamento per le
case. Il 23 dicembre dello stesso anno, a Fusine e Torre, e
pochi giorni dopo a Sondalo, venivano consegnate le chiavi degli
alloggi. In meno di 100 giorni le case erano state costruite,
a regola d'arte - basta andare oggi a vedere il loro ottimo
stato a 14 anni di distanza - e con ottime finiture. Il costo:
di poco superiore a quello dei containers, e sul livello, forse
anche meno, dei puri costi di costruzione abituali.
Nessun
giornale nazionale ha mai dato questa notizia.
Non
che questo ci interessasse per far sapere a tutti quanto siamo
stati bravi. Non abbiamo bisogno che ce lo dicano gli altri, lo
sappiamo da soli e la soddisfazione sta nel fatto di avere
corrisposto alle esigenze della nostra gente, in frangenti
simili, con una tempestività ed una efficienza sconosciute alle
povere popolazioni che sono state vittime di altre catastrofi,
generalmente di natura sismica.
C'é
un altro motivo, serissimo.
Si
fosse saputo, si sapesse in Italia di questo exploit, la
conseguenza verrebbe da sola. Chi da anni vive in situazioni di
fortuna, in attesa di case che chissà quando verranno, potrebbe
chiedere come abbiamo fatto noi. E sarebbe facile, se non in tre
mesi visto che non siamo in Valtellina, ma in sei o sette mesi
ridare una casa a chi l'ha persa.
Un
esempio che parla da solo, o meglio, che dovrebbe parlare da
solo.
E
di esempi ce ne sarebbero tanti altri
La
montagna non fa notizia, ma anche i montanari poco fanno per
comunicare, o per permettere di comunicare.
Gli
atti del Convegno in fretta, per favore, con una loro
presentazione a Milano, non a Sondrio.
***
GdS
8.10.2001
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