Le paure della gente - Il nostro mondo fa paura. La paura è il demone più sinistro tra quelli che si annidano nelle società aperte del nostro tempo. Il nostro mondo fa paura.

(Maria de falco Marotta)  Hai voglia mostrarti gentile e disponibile, la gente ti guarda come un nemico. Perché? Vogliamo cercare di capire. Sono l’insicurezza del presente e l’incertezza del futuro a covare e alimentare la più spaventosa e meno sopportabile delle nostre paure. La paura è il demone più sinistro tra quelli che si annidano nelle società aperte del nostro tempo.
Incerti, fragili, insicuri, ci sembra di non controllare più nulla, da soli, in tanti o collettivamente. A rendere la situazione peggiore, concorre l’assenza di quegli strumenti che consentirebbero alla politica di ricongiungersi al potere, permettendoci di riacquistare il controllo sulle forze che determinano la nostra condizione comune, fissando la gamma delle nostre possibilità e i limiti della nostra libertà di scelta. Un controllo che ora ci è sfuggito o ci è stato strappato dalle mani. Il demone della paura non sarà esorcizzato finché non avremo trovato (o più precisamente costruito) tali strumenti. Per quanto accade nel mondo, emergono, con prepotenza, sentimenti di paura, di ansia e di insicurezza sentimenti, questi, concatenati tra di loro, e che troppo spesso tentiamo di nascondere dietro false sicurezze, piuttosto che provare ad affrontarli a viso aperto con il proposito di risolverli attraverso la consapevolizzazione e la relativa metabolizzazione. E' la società in genere a far paura, una società dove le certezze sono svanite da tempo! La nostra società è intrisa di falsi miti dietro ai quali, i più, si perdono irrimediabilmente, uno fra i tanti è rappresentato dal Dio denaro per il quale, spesso, si è disposti a fare di tutto; veniamo costantemente bombardati da messaggi che trasmettono una verità non vera, secondo la quale chi più ne ha maggiormente viene preso in considerazione dal mondo che lo circonda. Ed ecco, allora che ci si affanna in molteplici modi per tentare di accumularne il più possibile, trascurando così noi stessi, le nostre reali esigenze, i nostri bisogni primari. In nome del Dio denaro vengono, anche, commessi crimini efferati che vanno dalle estorsioni, ai rapimenti, alle rapine, fino alle guerre (tante e sparse dappertutto) . Bisognerebbe, forse, prestare meno importanza all'apparenza per privilegiare la sostanza, ma cosa importa se non si riesce ad acquistare un telefonino di ultima generazione. Quando se ne possiede uno altrettanto funzionale, sebbene privo di tutti quei gadget, la maggior parte dei quali, non riusciremmo neanche ad utilizzare. Credo che sia saggio e salutare riuscire ad apprezzare quello che si ha perché, questo, significherebbe imparare a goderselo, in quanto spesso, troppo spesso, accade che nella foga di ottenere una cosa nuova non si riesce ad apprezzare ciò che già si possiede... e questo, purtroppo, accade in ogni settore della nostra vita. Ma il voler avere più degli altri, potrebbe rappresentare un nostro limite? Credo proprio di si, perché nella maggior parte dei casi, chi si comporta in questo modo, in realtà lo fa perché teme di essere considerato un inferiore, ecco quindi, profilarsi la sindrome dell’inferiorità, un male che affligge un cospicuo numero di esseri umani rivelandone la scarsa maturità. Questa categoria di persone, infatti, vivrà sempre sub-iudice, cioè pendente dal giudizio degli altri, e sarà costretta a vivere di luce riflessa piuttosto che di luce propria come dovrebbe essere! L’affermazione sugli altri, con ogni mezzo ed in qualsiasi situazione, non ottiene mai risultati positivi, anzi, al contrario evidenzia i nostri limiti in quanto si perdono di vista i concetti di auto-affermazione e di competizione con se stessi, metri, questi, attraverso i quali valutare lo sviluppo della nostra personalità! Ed eccoci, quindi, tornati al punto di partenza, e cioè le paure.....A tal proposito, infatti, possiamo affermare che quanto maggiore risulta essere lo sviluppo della nostra personalità, tanto minori saranno le paure dalle quali saremo attanagliati, in quanto avremo la possibilità di valutare i motivi che ci portano a provare questo sentimento, riuscendo, nella peggiore delle ipotesi, a mitigarli, così come minore sarà, anche, l’esigenza di identificarsi con gli altri, scaturente dall’incapacità di saper essere se stessi perché non in grado di sapersi apprezzare adeguatamente.
Però dobbiamo dire, che  in  Italia, ma non solo, cresce la paura dei "diversi". Da noi, in particolare, sono gli stranieri e i Rom a catalizzare questo senso di insicurezza generale. Ma qual è il meccanismo per il quale se non si riesce a pagare un mutuo, o se non si ha una casa o una scuola per i figli ce la si prende con questi soggetti deboli e non con le autorità politiche ed economiche preposte a risolvere tali problemi? Quali sono le vere paure che si celano dietro queste dinamiche? Risponde Z. Bauman: Il flusso dei migranti e, in particolare, di chi cerca rifugio dalle minacce di persecuzione e umiliazione è profondamente sconvolgente per i nativi: ricorda loro, con invadenza, la fragilità dell'esistenza umana, la debolezza che vorrebbero tanto nascondere e dimenticare ma che li tormenta, comunque, la maggior parte del tempo. Quei migranti hanno lasciato le loro case e si sono allontanati da quanto avevano di più caro e vicino perché le loro vite erano distrutte, il loro lavoro scomparso, le loro case bruciate, devastate, razziate nelle rivolte e nei tumulti; oppure sono stati costretti a partire perché indesiderati o incapaci di guadagnarsi da vivere nelle loro patrie. Essi, quindi, rappresentano – in effetti, incarnano – tutto ciò che i nativi temono e, specificamente, quelle tremende e misteriose "forze globali" che decidono le regole di un gioco di cui tutti noi, migranti e nativi allo stesso modo, siamo pedine. Quando respingono i migranti e li costringono a fare i bagagli e a tornarsene là da dove sono venuti, i nativi possono, almeno a livello simbolico, incenerire quelle forze temibili e tremende, ottenere una sorta di vittoria simbolica in una guerra che sanno di non poter vincere davvero. Considerare i migranti causa delle proprie miserie e paure può essere illogico, tuttavia poggia pur sempre su un tipo di logica perversa: un tempo c'era certezza nel lavoro e nelle prospettive di vita; questa certezza è stata oggi – proprio quando sono arrivati i migranti – sostituita dalla flessibilità dei mercati del lavoro e da impieghi a breve termine. È ovvio presumere che l'arrivo degli stranieri e l'attuale insicurezza siano connessi e che se si costringessero gli stranieri ad andare via tutto il resto tornerebbe di nuovo sicuro e confortevole, come era prima del loro arrivo. Allo stesso modo, Raymond Aron, il filosofo francese, spiegava le origini dell'antisemitismo moderno con la coincidenza tra l'uscita degli ebrei dal ghetto e l'avvento della modernizzazione, con le apprensioni e tensioni che le allora sconosciute pressioni modernizzanti – che distruggevano i modi di vita familiari e trasformavano le forme in cui ci si guadagnava da vivere – non potevano non produrre. La vita era molto più tranquilla e meno spaventosa quando gli ebrei erano invisibili, dietro le mura dei loro ghetti; è diventata terribilmente vacillante una volta che essi sono apparsi sulle strade. Se solo le mura dei ghetti potessero essere ricostruite e gli ebrei rinchiusi di nuovo al loro interno, tutti i problemi scomparirebbero e la vita tornerebbe alla normalità. 

Si dice che la società globalizzata sia per sua natura destinata a produrre insicurezza. È davvero così? 

Z. Bauman L'insicurezza di cui parliamo nasce dal divario tra la nostra interdipendenza planetaria e la portata solo locale e a breve raggio dei nostri strumenti di azione concertata e di controllo. I più grandi e spaventosi problemi che ci danno la caccia e ci schiacciano nella sensazione dell'insicurezza e incertezza ambientale sono nati nello spazio globale che è aldilà della portata di qualsiasi agenzia politica esistente. Eppure essi sono scaricati sulla dimensione locale – città, province, Stati – dove ci si aspetta che vengano risolti attraverso strumenti disponibili a livello, appunto, locale: un compito impossibile, per quanto duramente i Comuni o i governi possano tentare. L'inquinamento atmosferico e la carenza di acqua nascono nello "spazio globale", ma ad essere caricati del compito di gestirli sono i livelli politici locali. Lo stesso vale per le migrazioni, il traffico di droga e di armi, il terrorismo, la criminalità, il flusso libero dei capitali, l'instabilità e la flessibilità dei mercati del lavoro, l'aumento dei prezzi e così via. La politica locale è gravata di compiti per la risoluzione dei quali non ha sufficiente potere e troppe poche risorse. Questa condizione assai spaventosa continuerà fintanto che il divario tra la scala (globale) dei problemi e la portata (locale) dell'azione effettiva continuerà a esistere. Provvedimenti a livello locale possono mitigare solo temporaneamente l'impatto di problemi prodotti a livello globale, al massimo possono spostare le loro peggiori conseguenze verso altri luoghi, ma non costringeranno i problemi a svanire. Solo agenzie politiche e giuridiche globali (finora chiaramente assenti) possono addomesticare le forze globali, attualmente prive di regole, e raggiungere le radici dell'insicurezza globale. 

Parliamo sempre delle nostre insicurezze e delle nostre paure, ma quali sono secondo lei le paure e le insicurezze degli "altri": gli stranieri, i clandestini, i migranti? 

Z. Bauman Come sostiene l'antropologo francese Michel Agier, i rifugiati, i clandestini sans-papiers, i migranti, coloro che cercano asilo sono hors du nomo, persone "al di fuori della legge", persone che non sanno cosa accadrà loro e quanto la loro condizione temporanea, provvisoria o sospesa, possa dimostrarsi lunga o, in effetti, permanente. Vivono, come afferma Marc Augé, in "non luoghi" o, nelle parole di Joel Garreau, nelle nowherevilles, assenti dalle mappe ufficiali della terra in cui essi si trovano. Le garanzie sociali di sopravvivenza, per non parlare dei diritti personali attribuiti ai cittadini della nazione, vengono loro negati e, se concessi, possono essere ritirati in ogni momento. In realtà, essi sono pericolosamente vicini alla condizione – per citare Giorgio Agamben – degli homines sacri, non-persone a cui non si applicano né le leggi umane né quelle divine (nell'antico impero romano gli homines sacri potevano essere assassinati con impunità, ma non potevano essere utilizzati nei riti religiosi sacrificali). La loro condizione incarna l'incertezza, con al massimo una limitata prospettiva di miglioramento. La sospensione, nei fatti la negazione, dei loro diritti umani è stata per così dire ufficializzata recentemente dalla Commissione europea con una direttiva che deve ancora essere presa in considerazione dal Parlamento europeo. Si è trattato, a mio parere, di un pericoloso errore: in un pianeta globalizzato, universalmente interdipendente, qualsiasi negazione dei diritti umani degli altri rende i diritti umani di tutti fragili e incerti, e aggiunge ulteriore insicurezza. La sicurezza, infatti, non può essere conquistata e assicurata in un angolo del pianeta separato dal resto del mondo. Come ha osservato di recente Branko Milanovic, acuto analista delle conseguenze sociali della redistribuzione globale delle risorse, "persino un modesto aumento della migrazione farebbe di più per la riduzione della povertà globale che raddoppiare o addirittura triplicare l'attuale aiuto offerto ai paesi poveri". 

Eccovi per voi , una serie di testi che vi possono  aiutare a capire meglio il mondo in cui viviamo:

Proponiamo qui una selezione di testi che possono aiutare nella lettura dei tragici avvenimenti recenti e per comprendere le "nuove dinamiche" sociali che fanno da sfondo. 

Abdullahi Ahmed An-Na‘im
Riforma islamica
Diritti umani e libertà nell'Islam contemporaneo
Abdullahi Ahmed An-Na'im appartiene a pieno titolo alla corrente dell'Islam riformista e può essere considerato uno dei riformatori oggi più noti e più discussi per la radicalità e il rigore argomentativo delle sue posizioni revisionistiche. L'importanza del suo contributo intellettuale sta nel tentativo di dare vita a una corrente di pensiero innovativo all'interno del mondo islamico. Altrettanto rilevante è la sua esplicita proposta di dialogo fra l'Islam e la modernità occidentale alla ricerca di un'intesa su alcuni essenziali temi giuridici e politici che renda possibile la comprensione reciproca e quindi la pace. Sarebbe molto grave se la sua voce non venisse ascoltata – nel mondo islamico, in Europa, negli Stati Uniti – e se il suo ottimismo venisse cinicamente irriso e squalificato.
Zygmunt Bauman
Il demone della paura
Sono l’insicurezza del presente e l’incertezza del futuro a covare e alimentare la più spaventosa e meno sopportabile delle nostre paure.
La paura è il demone più sinistro tra quelli che si annidano nelle società aperte del nostro tempo.
Incerti, fragili, insicuri, ci sembra di non controllare più nulla, da soli, in tanti o collettivamente. A rendere la situazione peggiore, concorre l’assenza di quegli strumenti che consentirebbero alla politica di ricongiungersi al potere, permettendoci di riacquistare il controllo sulle forze che determinano la nostra condizione comune, fissando la gamma delle nostre possibilità e i limiti della nostra libertà di scelta. Un controllo che ora ci è sfuggito o ci è stato strappato dalle mani. Il demone della paura non sarà esorcizzato finché non avremo trovato (o più precisamente costruito) tali strumenti.

Zygmunt Bauman
Vite di scarto

Oggi il mondo è pieno. Non esistono più ‘frontiere’ verso cui convogliare la popolazione eccedente. L’analogia descritta da Zygmunt Bauman, tra i rifiuti materiali dei processi di produzione e consumo e i rifiuti umani generati dai processi storici, si rivela in questo saggio una potente chiave di interpretazione della storia. Guido Viale, “la Repubblica”

Zygmunt Bauman, David Lyon
Sesto potere
La sorveglianza nella modernità liquida
La sorveglianza è una dimensione chiave del nostro mondo: siamo costantemente controllati, messi alla prova, valutati, giudicati nei più piccoli dettagli della vita quotidiana. E il paradosso è che siamo proprio noi – i sorvegliati – a fornire il più grande volume di informazioni personali, caricando contenuti sui social network, usando la nostra carta di credito, facendo acquisti e ricerche on line. Questo perché il bisogno di salvaguardare la nostra solitudine ha ceduto il posto alla speranza di non essere mai più soli e la gioia di essere notati ha avuto la meglio sulla paura di essere scoperti e incasellati.
«Oggi i professionisti del controllo sono molto diversi dai sorveglianti vecchio stile che vigilavano sulla monotonia di una routine vincolante. Piuttosto, si dedicano a dare la caccia agli schemi estremamente volatili dei desideri e dei comportamenti ispirati da quei desideri.»
La collaborazione volontaria, anzi entusiastica, dei manipolati è la loro grande risorsa.
Zygmunt Bauman e David Lyon si confrontano con un tema che ogni giorno di più acquista potere sulle nostre vite: cosa significa essere osservati e di continuo osservare e con quali conseguenze politiche e morali.

Ulrich Beck
Il Dio personale
La nascita della religiosità secolare
Nelle società occidentali ogni persona crea con sempre maggiore indipendenza quelle narrazioni religiose – il ‘Dio personale’ – che meglio si adattano alla propria vita ‘personale’ e al proprio ‘personale’ orizzonte di esperienza. Al contrario delle Chiese e delle sette, il Dio personale non conosce infedeli, perché non conosce verità assolute, né gerarchie, eretici, pagani o atei. Nel politeismo soggettivo del Dio personale trovano posto molte divinità. In esso viene messo in pratica quello che le religioni e le Chiese, vincolate alla loro pretesa veritativa, ritengono non solo moralmente riprovevole, ma anche logicamente impensabile: nella loro ricerca nomade della trascendenza religiosa, gli individui sono sia credenti sia non credenti.

Franco Cardini
Europa e Islam
Storia di un malinteso
Nonostante crociate e guerricciole, scorrerie di pirati, saccheggi e tratta di schiavi, nonostante Lepanto e l’assedio di Vienna, la verità è che con l’Islam abbiamo sempre commerciato bene e avuto, in sostanza, buoni rapporti. In tempi diversi si è sovrapposto un malinteso, dagli esiti spaventosi per l’una e l’altra parte. È la tesi originale di Franco Cardini. Mario Baudino, “La Stampa”
Franco Cardini ritesse i fili della memoria e fa piazza pulita di menzogne e pregiudizi. “Il Venerdì di Repubblica”
Il volume di Franco Cardini è un punto di riferimento ineludibile, un raro lavoro che riesce a sintetizzare in un preciso quadro d’insieme la storia del rapporto fra cristiani e musulmani. “Medioevo

Maria de falco Marotta
Cultura e spettacoli