Venezia, Frontiere Reimagined

(Evento collaterale alla 56.ma Biennale d’arte fino al 22 novembre 2015

E’ strano trovare accanto al terribile quanto doloroso spettacolo dei migranti sugli scogli di Ventimiglia che i francesi non vogliono proprio che attraversino la frontiera per poi trovarseli in casa, una Mostra spettacolare di 44 pittori, fotografi, scultori che esaminano il significato di confine culturale nel mondo globalizzato a Palazzo Grimani di Venezia. Inerente ai poveri, ma tenaci clandestini gli artisti arrivano da una vasta area geografica che va dall’Occidente, all’Asia, all’Africa e condividono una prospettiva realmente globale, sia perché fisicamente vivono e lavorano in mondi culturali diversi, sia per i loro risultati artistici. Tutti però esibiscono una ricchezza intellettuale ed estetica che emoziona e induce a riflettere su quanto ci somigliamo.

65 opere di 44 artisti provenienti da 25 Paesi

Vi sono: Morgan Wong (Hong Kong,1984) con il suo The Remnant of My Volition (Force Majeure), che con il suo lavoro intende criticare il patriottismo esasperato e i simboli che di questo sono portatori, poi l’artista  Nino Sarabutra (Ubonratchathani, Thailand,1970) con il suo progetto What Will You Leave Behind? nel quale invita i visitatori a togliersi le scarpe e camminare su un tappeto di centomila teschi di porcellana; Denise Green (Melbourne,1946) artista che unisce filosofia indiana, cultura aborigena e tecnica modernista, componendo opere-oggetti con rose, ventilatori o pietra. Sasha Huber (Zurigo,1975) con il suo Rentyhorn,  realizzato assieme allo storico e attivista Hans Fässler; Robert Yasuda (Lihue, Hawaii,1940) con i suoi quadri iridescenti, eterei e architettonici, mutevoli dal punto di vista dello spettatore. E ancora: Miya Ando (Los Angeles,1978), Alfredo (Cagayan Valley, Filippine,1962) e Isabel Aquilizan (Manila,1965), Osi Audu (Abraka, Nigeria, 1956), Frances Barth (New York,1946), Edward Burtynsky (St. Catharines, Ontario, Canada,1955), Kamolpan Chotvichai (Bangkok,1986), Tom Doyle (Jerry City, Ohio,1928), Golnaz Fathi (Teheran,1972), Olivia Fraser (Londra,1965), April Gornik (Cleveland, Ohio, 1953), Georges Fikry Ibrahim (Cairo,1963), Fré Ilgen (Winterswijk, Netherlands,1956), Kenro Izu (Osaka, Japan,1949), Kim Joon (Seoul,1966), Nathan Slate Joseph (Rishon LeZion, Israele, 1943), Aaron Taylor Kuffner (New York, 1975), Jane Lee (Singapore,1963), Tayeba Begum Lipi (Gaibandha, Bangladesh,1969), Hassan Massoudy (Najaf, Iraq, 1944), Vittorio Matino (Tirana, Albania, 1943), Ricardo Mazal (Città del Messico,1950), Vik Muniz (São Paulo,1961), Judith Murray (NY,1941), Michael Petry (El Paso, Texas,1960), Robert Polidori (Montreal,1951), Eddi Prabandono (Pati,Indonesia,1964),Chatchai Puipia (Mahasarakarm,Thailandia, 1964), Sohan Qadri (Chachoki, Punjab, India, 1932-2011), Hiroshi Senju (Tokyo, 1958), Donald Sultan (Asheville,North Carolina,1951), Jack Tworkov (Polonia,1900-1982), Lee Waisler (Los Angeles, 1938), Susan Weil (New York in 1930), Chun Kwang Young (Hongchun, Korea, 1944). Gli artisti, nel loro complesso sono abbastanza giovani e le loro opere vogliono mostrare che è possibile un dialogo sincero ed approfondito sull’arte e le varie culture nel mondo, non connesso soltanto alla contemporaneità, ma rappresenta la realtà del futuro, in cui non ci saranno più le barriere del nazionalismo superiore, dell’etnocentrismo e della politica identitaria. In questa fase della storia, con persone nel mondo sempre più rinchiuse in ideologie intransigenti, la fusione di idee oltre i confini non è mai stata più vitale. Speriamo solo che anche i nostri politici così ingrovigliati in “Baruffe chiozzotte” se ne accorgano e mettano davvero mano all’aratro per seminare la pace tra i popoli, la speranza che un pianeta migliore dove la vita sia degna per tutti, qualunque sia il paese in cui vivono o provengono e che le frontiere sia reinventate dalla fraternità e dalla tolleranza.

 

frontiersreimagined
www.palazzogrimani.org

Maria de falco Marotta &Team
Cultura e spettacoli