“SCUSA SONO IN RIUNIONE…”

di Nello Colombo
Cosa ne è della famiglia oggi? E’ l’inquietante quesito posto sul banco da Gabriele Pignotta, eclettico regista di “Scusa sono in riunione…ti posso richiamare?”, la graffiante e iconica pièce che ha aperto la Stagione Teatrale di Sondrio del 2022 in un Teatro Sociale gremito. “…e vissero per sempre felici e contenti”. E’ così che finivano le più belle fiabe. Nella vita reale, però, le cose vanno un tantino diversamente. Basta spingere in avanti l’acceleratore degli anni, come ha fatto Pignotta, per vedere i più esaltanti amori naufragati alla prima occasione come tanti castelli in aria, fatti di carta velina incendiata da un fiammifero ramingo, o di arida sabbia sgretolata al primo colpo di vento. I sogni della vita che s’infrangono sugli scogli della dura realtà. In scena al “Sociale” la proiezione dell’“oltre” di ogni narrazione fiabesca: il bilancio di quarantenni allo sbaraglio, o peggio, messi alla berlina dei social più accreditati. Tutto comincia da quel trepido 23 febbraio del 2006 quando cinque intraprendenti laureati, con tanto di toga nera e il tocco da lanciare gioiosamente in aria, si ritrovano a misurarsi coi loro desideri di sfondare nella vita. Dopo 15 anni la ferale notizia della tragica dipartita di uno di loro: il super Lorenzo votato alla TV.  Ed è proprio nel vecchio ritrovo di un tempo che gli altri 4 magnifici amici riannodano un filo quasi spezzato da tempo per contare le ferite di un’esistenza scialba spesa a coltivare inutili illusioni e tanti dissapori nella soverchiante cacofonia di voci che si sovrastano una con l’altra senza nemmeno ascoltarsi, tra telefonini gracchianti che scandiscono il ritmo di giornate tutte uguali e senza senso. Una Babele insanabile, tra arazzi post-moderni come geroglifici criptici, specchi fatati per le indiscrete telecamere del “Grande Fratello” di un regista cinico e sciamannato che vuole “lacrime e sangue” nello show infinito del dolore che fa audience.  Basta mischiare le carte, miscelare gli ingredienti, mixare alla perfezione scampoli di sequenze adipose per farne un delirante romanzo delle vanità, della vacuità umana. Eppure tutto sembra come un tempo nella vecchia casa, con tanto di poltrona imperiale rosa-fuxia cupo in cui affondare rimembrando la disfatta del romanticone lasciato un surplace dopo 7 anni di ménage stentato con la sua bella e che cerca disperatamente una confidenza rotta ininterrottamente da striduli trilli di telefonino. Basterebbe anche un puff per sfogarsi. E qui il canovaccio del teatro degli equivoci prende il volo tra chi dice sempre “sì”, per salvare il rapporto logorroico con una moglie despota, chi è passato a fil di cronaca rosa per “l’altra sponda”, chi ha “l’usignolo che non canta più”,  chi butta via i suoi soldi da un analista provvido di silenzi, chi consuma acido ialuronico e vitamina E per reggere al flusso implacabile del tempo, perso tra le braccia di un Brad Pitt e un Caparezza dell’ultima ora, e chi con costanza e certezze inossidabili cerca di reggere il gioco di esistenze alla deriva. “Tu falli piangere perché…” è l’imperativo programmatico di un cinico “Scherzi a parte” o di un “Uomini e donne” che finisce male spiando nell’intimità incatramata di inconfessabili ammissioni, in un rewind spaccarisate di grande carica ironica.  Basta mettere la quinta per spingere sullo scandalo emotivo. Ci pensa lei, l’irresistibile Nicole dalle mille risorse, complice, suo malgrado, di un gioco distruttivo delle apparenze sceniche, una Siddhartha Prestinari effervescente alla paprika e al curry, con la complicità perfetta di Fabio Avaro e Nick Nicolosi che le tengono il gioco tra battute graffianti, a volte amare, tragicomiche. Eduardiane. E poi c’è lei, l’esaltante Vanessa. Una Vanessa Incontrada, splendida Alice delle Meraviglie precipitata in un mondo in equilibrio imperfetto che lei vuole a tutti i costi ridisegnare. Bella, pomposamente divertente quando, svanita da 40 gocce di Lexotan, vede oscure presenze fugaci aggirarsi per casa e armadilli nella dispensa tuttofare, ubriaca di guaranà colombiano, sempre pronta a shakerare mordaci battute al veleno e inabbordabili e spregiudicate confessioni. Al di là del suo camicione-saio nero, la spumeggiante Vanessa sfolgora di luce propria creando quel mordente perfetto per un amalgama tonale che crea complicità e partecipazione nell’ovazione finale del pubblico del “Sociale”. Fuori la gente si attarda tra commenti divertiti e sereni. La magnifica illusione che tutto sia passato è palpabile. Palpabile come quella socialità, evocata in proscenio dall’assessore alla Cultura del Comune di Sondrio, Marcella Fratta, che porta una comunità alla riconquista dei propri spazi, ritrovandosi nell’agorà del proprio pensiero partecipato. Il Teatro è anche questo.
Nello Colombo

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