Di 'NONA' ce n'è una sola. Sondrio al Teatro Sociale concerto inaugurale

Orchestra Vivaldi, Coro del Teatro di Piacenza, Passerini Direttore per il via della Stagione degli "Amici della Musica" di Sondalo

La “Nona dei giovani” al Teatro Sociale, per l’apertura della stagione concertistica de “Gli Amici della Musica di Sondalo”. Giovane l’orchestra “Aontonio Vivaldi”, formata dal fior fiore dei musicisti dell’età più bella della Bella Italia, che, con il poderoso coro del Teatro municipale di Piacenza diretto dal M° Corrado Casati, ha sorretto con veemente prestanza l’urto magmatico della titanica sinfonia beethoveniana. Giovani gli interpreti della prima assoluta de “I lussusiori” del giovane compositore Piergiorgio Ratti che ha evocato “pianto e stridor di denti” dei dannati della più sublime pagina dell’inferno dantesco, per cantare l’insopprimibile  tormento di un amore proibito, con la giovane soprano Federica Lombardi a dar voce e presenza alla dolce Francesca seguita da un estatico Paolo, pedissequo schiavo d’amore che vive e ravviva l’acuto martirio di una irrefrenabile passione che l’ha condannato in aeternum con l’oggetto d’ogni suo desiderio. E giovane, anzi giovanissimo, il morbegnese direttore d’orchestra Lorenzo Passerini, orgoglio di patria, che ha deliziato il folto uditorio, a forte presenza giovanile, con una sorprendente, quanto mirabile versione della Nona. Implacabile asceta, meditabondo prima di varcare la soglia dell’Olimpo della musica, ha dato l’abbrivio al I movimento con piglio deciso, percorrendo con padronanza il tessuto sinfonico del Titano della musica,  fino  alla struggente elegia del “cantabile” dell’adagio che lo stesso Beethoven negli ultimi anni della sua tormentata vita aveva frenato per planare in un cielo provvido che ponesse fine alla più disarmante delle privazioni, l’udito, che lo aveva ridotto a un automa senz’anima nel silenzio assordante delle sue quattro mura, a conversare con pochi intimi affidandosi ai suoi “quaderni di conversazione” su cui annotava tutto con una  rozza matita da falegname. Fino alla tellurica esplosione dell’ode schilleriana dell’Inno alla gioia, (quella “Freude” che suonava giustamente come “Freheit”, sottoposta spietatamente alla censura austriaca) sublimazione della timbrica orchestrale. Infatti, dopo aver esplorato tutte le possibili vie per eludere l’implacabile dolore della sordità, nello stordimento dei sensi o nella pace idilliaca della natura, si affida alla voce, rivelatrice dell’ineffabile, per ascendere al cielo con la “figlia degli Elisi”, apoteosi dell’Amore universale nella mistica teofania dell’Assoluto.  Una Nona che si rivela come un viaggio di liberazione interiore che conduce al divino.  Una serata esaltante, iniziata con una beneaugurante esecuzione dell’Inno d’Italia – tutti in piedi – con Sergio Dagasso, presidente de “Gli Amici della Musica di Sondalo”, a fare gli onori di casa. “La Cultura non è un lusso superfluo e non è fine a se stessa, perché può diventare volano d’economia, sapendo uscire da sterili campanilismi per affidarsi con concretezza ad un Teatro Sociale che sappia parlare quel linguaggio universale della musica comprensibile ovunque”, ha dichiarato Dagasso che regge con il dioscuro Roberto Spagnoli le storiche sorti de “Gli Amici della Musica di Sondalo” al suo 53° anno di attività (sino ad un paio d'anni prima, quando aveva iniziato a Sondrio l'attività il Circolo Musicale CID, nell'intera provincia i concerti erano cose a sè e del tutto sporadiche! - ndr -). Poi spazio alla grande musica. E al termine del concerto, piazza Garibaldi ha rivissuto gli antichi fastigi di un teatro d’opera ottocentesco, tra eleganti dame ingioiellate e gentiluomini compiti che, appena fuori dal foyer, si affidavano ai primi commenti sulla serata, in tal caso tutti entusiastici. Val la pena di ricordare che nel lontano 7 maggio del 1824 Beethoven assisteva alla Prima della sua ultima sinfonia ( la X restò solo “in nuce”) con un frac sdrucito di colore verdognolo, prestato per l’occasione - non avrebbe mai potuto dirigere la sua opera per l’inesorabile perdita d’udito -  quando il pubblico, sconvolto da un vero e proprio shock sonoro, aveva infranto qualsiasi regola del buon ascolto issandosi in piedi con foga, lanciando in aria cappelli, tra applausi scroscianti, gridolini, stridii e svenimenti muliebri che anticipavano le moderne scorrerie delle farneticanti fans in delirio per i Beatles. Fu allora il direttore d’orchestra Umlauf a battere con la bacchetta sul leggio per zittire l’orchestra e invitare Beethoven a voltarsi e imbattersi nella violenza dell’uragano della folla osannante alle sue spalle. Per lui solo l’annichilimento di essere l’unico a non poter ascoltare la propria musica. Era appena stato tracciato il punto fermo d’ogni musica sinfonica, perché di Nona ce n’è una sola!

 

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