Cultura e gastronomia. Omaggio a Guido Margiotta

Quintessenza nostalgica del retroterra culturale della verde Irpinia e dell’ubertosa val Tellina, la gastronomia di un mondo arcaico riportato alla luce con certosina solerzia, da un cultore e cantore dei sapori di un tempo, genuini, domestici, deliziosi come “petites madeleines” proustiane  che evocano  ricordi di un’infanzia lontana, gaia o infelice di niente.  Dalla terra di faggi e d’avellano, Guido Margiotta approda “tra le fredde e solitarie valli del Nord” per unirsi in solenne imeneo con la dolce compagna Paola, legando la sua vita alla Guardia di Finanza. E, proprio attorno al desco familiare, ritrova quell’intimità perduta dell’età fiorente, riscoprendo tra pentole e fornelli quell’antica e savia schiettezza della gente montana, alacre e generosa. Il “selvadego” valtellinese e la possente quercia dell’hirpus di vecchia fatta s’incontrano così sull’impervio sentiero dei padri, attorno a un tavolo, e si riconoscono fratelli. Margiotta si erge a paladino di un patrimonio culinario che rischia di scomparire. Così profondo il suo bisogno di custodire segreti di sapori millenari che tradiscono l’emozione dello stare assieme nel tumulto dei secoli che passano, che si aggira a lungo tra sperdute contrade, anche “sui sentieri del contrabbando, quando i boschi della Valtellina profumavano più di tabacco che di caffè”, alla ricerca del senso stesso della vita, racchiuso in un seme che diventa grano e si trasforma in umile pizzocchero o impertinente sciatt. Una ricerca appassionata, la sua, di una cultura vera della cucina delle valli dell’Adda e della Mera racchiusa in un libro ponderoso che parla della gente e della sua cucina povera e essenziale, condita da aromi naturali. Un libro uscito dal torpore oppiaceo di una modernità che ostenta connubi insanabili, troppo spesso modaioli, grazie ad Angela Rapella Barlascini che ha rivisitato un mondo antico che rischia di scomparire come il “furmagin” di Marveggia.  “Per circa trent’anni abbiamo un po’ snobbato le nostre tradizioni, desiderosi di uscire dal guscio della Valle, alla ricerca di nuovi stimoli e orizzonti. Ma, per fortuna, è tornato il desiderio di ritrovare il gusto autentico dei sapori, il senso profondo del cibarsi come atto culturale, oltre che salutare. E Guido ci ha lasciato un gioiello di ricerca meticolosa, appassionata, rispettosa delle nostre più vere tradizioni. A lui dobbiamo l’aver salvato un patrimonio stupendo”, è la sua testimonianza. Nasce così l’omaggio a Guido Margiotta “Valtellina e Valchiavenna, riscoperta di una cucina”, edita dagli Amici della Vecchia Accademia tra le cui fila aveva militato lo stesso Margiotta. Perfetto il connubio con tante scolaresche, in particolare il Pfp di Sondrio, fortemente voluto dal lungimirante presidente Claudio Barlascini. Il ponderoso testo, ricco d’oleografie d’altri tempi, opera di Paolo Barlascini, prende le mosse da preziosi saggi di sapore storico-rievocativo di illustri firme del passato e del mondo d’oggi, come Tarcisio Salice, Renzo Sertoli Salis, Roberto Lucchinetti, Casimiro Maule, Franca e Diego Trinchera, Paolo Ciapparelli, Guido Scaramellini, Eliana Lanfranchi Canetta, Gabriele Antonioli, in un interessante spaccato del mondo enogastronomico vallivo. “Vieille e nouvelle cuisine” infine si fondono mirabilmente in un ricco e variegato ricettario che inaugura un nuovo capitolo dagli ampi scenari di cui sono alfieri gli “Amici della Vecchia Accademia”.

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