Il corpo e l’anima. Fascino e seduzione nell’intrigo della passione: il tango

Silenzio: parla il Tango! Sul nudo assito del redivivo oratorio di S. Antonio, luci e faville dell’eros della più struggente e seducente danza argentina, con l’eleganza, la classe, la passionalità fremente e fascinosa di Solange Acosta, impaniata alla grande in una travolgente schermaglia d’amore col tormento scenico di Max Van De Voorde, primatisti assoluti del “tango escenario”, e con esuberanza sinuosa di Selene Gamba a stretto contatto con la fisicità di Alessandro Antonucci. Da cornice perfetta di un’oleografia d’altri tempi, i musicisti di “BossoConcept”, una filosofia della musica che canta incantando su atmosfere surreali, dettate dal mitico vibrafono di Giulio Patara, dell’immancabile e onnipresente Davide Vendramin al bandoneon, della sicurezza espressiva e ritmica di Stefano Dall’ora al contrabbasso, dal visionario funambolo del violoncello, il compositore Jorge A. Bosso, sognatore impenitente, innamorato di una dea irraggiungibile, con il suo magico arco che piange amarevolmente fino al ponticello, tra glissati  toccanti e graffianti  zampate che feriscono fino in fondo all’anima, come un sinuoso, selvaggio felino che si affila le unghie prima dell’ultimo assalto. In agguato. E poi Ivana Zecca col suo duttile, olimpico clarinetto, in penombra, circonfusa di un alone di mistica luce, quando i suoi compagni di viaggio, con un vero coup de theatre, uno dopo l’altro, abbandonano il campo, svignandosela alla chetichella dopo aver deposto con cura armi e bagagli, per fare spazio al suo magico assolo. Ovazione del pubblico in sala.  Scorrono intanto lente e armoniose le immagini che raccontano il colto poema sinfonico di Bosso, per orecchie fini, di non facile ascolto, mentre il gigante  del bandoneon dal cuore in orgasmo, Astor Piazzolla, invita nella “plaza de toros”  morbegnese dove l’Espada, il matador in livrea di rosso e d’argento cede il passo alla dama caliente dagli occhi di brace e il corpo fremente,  che vellica invereconda l’orgoglio del maschio ferito, contendendogli la rubente giacca a quadroni, in un ardente gioco di seduzione carnale che lascia infine entrambi sfiancati. E, quando tutto è finito, gli astanti restano ancora in inutile attesa. Il tango ha parlato, ha cantato, ha ballato sul filo di una melancolia sottile lasciando il suo passo alla metafora di una vita che si consuma come un artificio caleidoscopico che incendia un cielo d’agosto. Nero e rosso a confronto: Eros e Thanatos che si contendono il passo, come veementi amanti distesi nell’ombra dell’opalescente luna. 

 

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