Il 23° Filmfest Hamburg (1-10 ottobre 2015)

Non ci credereste, ma ad Amburgo(Germania) pochi giorni fa si è tenuto un festival che ha affrontato temi impellenti quali i flussi migratori e i conflitti religiosi con una  nuova sezione Veto, che è stata sviluppata fuori dal programma di film politici. La competizione Veto comprendeva il documentario di Sean McAllister A Syrian Love Story  su una famiglia siriana fuggita dalla propria patria; Qu’Allah bénisse la France! di Abd Al Malik, che narra di un giovane rapper francese che si converte all'Islam; e la satira politica My Internship in Canada di Philippe Falardeau (Monsieur Lazhar), in cui un membro indipendente del Parlamento si appresta ad essere l'ago della bilancia di un imminente referendum. Il documentario svedese Every Face Has a Name  di Magnus Gertten, che racconta la storia di alcuni sopravvissuti all'olocausto di 70 anni fa, cui è stato dato il Premio come Miglior Film Politico, più  €5.000, donati dalla Friedrich-Ebert-Stiftung.  In tutto, il festival ha presentato 172 film provenienti da 52 Paesi. Tra i lavori vi è l'originale tragicommedia di Jaco Van Dormael Dio Esiste E Vive A Bruxelles che ha aperto l'evento. L'ospite d'onore del gala è stata l'attrice francese Catherine Deneuve, insignita del Premio Douglas Sirk. Altro successo del festival è stata la co-produzione franco-turco-tedesca Mustang  di Deniz Gamze Ergüven, che ha meritato al distributore tedesco Weltkino il CICAE Art Cinema Award, che comprende €5000 in appoggio  al marketing. Il Premio alla Miglior Opera Prima è andato a Keeper del belga Guillaume Senez, che narra la storia di due adolescenti innamorati alle prese con una gravidanza inaspettata. Per la prima volta, il festival ha presentato una sezione Made in Hamburg con produzioni locali. Tra le anteprime mondiali, il road movie Stroppy Cow, Stubborn Ram di Johannes Fabrick, ha ottenuto la Green Shooting Card per la produzione sostenibile, rilasciata dalla Film Commission Hamburg. Il Filmfest Hamburg si è concluso con la co-produzione tedesco-iraniana Paradise dell'autore-regista Sina Ataeian Dena, che offre una panoramica della società iraniana, dove gli uomini conservano ancora il monopolio del potere (come se non si sapesse da anni!). Molto interessante A SYRIAN LOVE STORY del regista inglese Sean McAllister che racconta di due giovani siriani, Amer e Ragda, imprigionati per aver parlato male del regime di Assad. Con i loro figli dovranno fuggire in Libano. McAllister segue la loro storia per oltre quattro anni. Amer, combattente palestinese rifugiato in Siria, attende con i quattro figli, che venga rilasciata Raghda, attivista politica imprigionata dal regime del presidente Bashar al-Assad. Si erano conosciuti anni prima proprio in una delle prigioni dove sono rinchiusi migliaia di oppositori. La primavera araba e la guerra civile scoppiata nel 2011 nel Paese sono l'occasione per ottenere la liberazione della donna. Nel film, ruvido ed essenziale, si partecipa ai momenti più intimi di questa famiglia, dolori e gioie di ciascun membro, dal figlio maggiore fino a Bob, il piccolino con la lunga coda di cavallo nera. McAllister è sempre con loro, diventa quasi un membro della famiglia. Fino a quando non viene arrestato lui stesso dal Mukhabarat, la polizia segreta che gli sequestra la videocamera e lo trattiene per cinque giorni. La famiglia dal Libano approderà infine nel sud della Francia. McAllister li raggiunge e riprende la coppia il cui legame si sta dissolvendo. Raghda, una decisa pasionaria, si sente in gabbia nel dorato mondo occidentale, vorrebbe tornare in patria e combattere per la democrazia. Ma, come dice Amer, "non si può essere Che Guevara e fare la madre nello stesso tempo". Per il regista dello Yorkshire, "conosciamo il Medio Oriente solo attraverso i tre minuti al telegiornale della sera. Ho voluto raccontare la storia di un popolo nel suo momento più drammatico, attraverso il ritratto di una famiglia nella sua dimensione esistenziale". Bravissimo, speriamo che si possa vedere in Italia. Altro curioso film è DIO ESISTE E VIVE A BRUXELLES del regista Jaco van Dormael che in questa commedia surreale in cui Dio è un vero e proprio personaggio che vive a Bruxelles, ed  è un vigliacco, con una morale meschina ed è davvero odioso con la sua famiglia. Sua figlia, Ea, si annoia a casa e non sopporta di essere rinchiusa in un piccolo appartamento nell'abituale Bruxelles, fino al giorno in cui decide di ribellarsi contro il padre, entrare nel suo computer e trapelare al mondo intero la data fatale della loro morte. Improvvisamente tutti cominciano a pensare a cosa fare con i giorni, i mesi, e gli anni che hanno ancora a disposizione... L’orrore e le risate sono assicurate. Mi piace che nella società così globalizzata, dove Dio ha poco posto visto che primo è il denaro (Basti pensare allo scandalo Wollswagen), proprio in Germania si è svolto un Festival sui flussi migratori e sui conflitti religiosi. Bravissimi, perché Dio c'è , ma non abita a Bruxselles. E' nella natura che ci circonda e ci condiziona e nel cuore di ogni essere umano. 

Di: Maria de falco Marotta
Cultura e spettacoli