Mola: Tossina utile - Richard Seewald e il Ticino - La Leo Olschki
Una tossina ...utile
Tossina tifoide: ruolo chiave contro il tumore epatobiliare Lo studio, condotto dai ricercatori dell’Itb-Cnr di Segrate (Mi) e dell’Ibf-Cnr di Trento con altri enti europei, rende noto che la tossina enterica prodotta dal batterio della Salmonella Tiphy, associata all’insorgenza del tumore di fegato e bile, ha un imprevedibile effetto immuno-modulatore, riducendo la risposta infiammatoria a livello intestinale. La ricerca, pubblicata su Plos Pathogens, (le cui ricerche e relative pubblicazioni sono fra le prime nel mondo) apre a possibili nuove terapie per arrestare e rallentare l’insorgenza della patologia tumorale. La tossina tifoide, causa di febbre enterica o tifo addominale e associata alla comparsa di enteriti e nei casi più gravi di tumore epatobiliare, risulta avere stranamente una funzione immuno-modulatrice, ossia riduce la risposta infiammatoria a livello intestinale, impendendo nella prima fase dell’infezione lo sviluppo di gravi enteriti. A dimostrarlo uno studio pubblicato su Plos Pathogens, realizzato da un team di ricerca internazionale che coinvolge 5 Paesi e 7 diverse istituzioni tra cui il Consiglio nazionale delle ricerche con l’Istituto di tecnologie biomediche (Itb-Cnr) di Segrate (Milano) e l’Istituto di biofisica (Ibf-Cnr) di Trento. “La genotossina enterica prodotta dal batterio Salmonella Typhi è portatrice di un’infezione cronica e risulta associata all’insorgenza del tumore epatobiliare. Diversi studi hanno riportato che alcune infezioni croniche sono prodotte dall’azione diretta di tossine batteriche che, causando danni al DNA, possono anche portare alla progressione tumorale”, spiega Clarissa Consolandi, ricercatrice dell’Itb-Cnr che ha partecipato allo studio. “Il nostro gruppo di ricerca ha valutato gli effetti dell’infezione in vivo in modelli murini, scoprendo che la tossina tifoide espressa in vivo inaspettatamente favorisce la sopravvivenza dell’ospite (il topo infettato), e risulta anche associata ad una significativa riduzione di gravi enteriti nella prima fase dell’infezione, consentendo ai batteri di rimanere nell’ospite senza causare l’insorgenza di patologie”.L’uomo è l’unico vettore della febbre tifoide che, se non trattata, ha un tasso di mortalità superiore al 10%. “Durante l’infezione, nei soggetti affetti da questa malattia, i batteri passano nel sangue e nell’intestino, poi nelle feci e nelle urine, permettendo la trasmissione dell’infezione ad altri individui e causando come abbiamo detto anche lo sviluppo della patologia tumorale a carico di fegato e bile. “Pertanto, risulta a questo punto fondamentale analizzare a fondo la correlazione tra infezioni batteriche e sviluppo tumorale, per poter, in futuro, procedere a mettere a punto trattamenti preventivi e curativi sull’uomo”, conclude la ricercatrice. A CURA di CARLO MOLA
Istituto di tecnologie biomediche (Itb-Cnr) di Segrate (Milano), Istituto di Biofisica (Ibf-Cnr) di Trento congiuntamente a Karolinska Institutet, Stockholm, Sweden; School of Medicine, University of Athens, Greece; Università di Bologna; Università di Trento, Italy; University of Copenhagen, Denmark; University of Manchester, Academic Health Science Centre, Manchester, United Kingdom)
Richard Seewald e il Ticino
Tra gli incantevoli luoghi del Lago Maggiore anche nel suo “angolo” svizzero, esiste la bellissima Ascona e, ad Ascona la Galleria della Fondazione Rolf Gérard dove, sabato 14 maggio, è stata inaugurata la singolare mostra “Richard Seewald e il Ticino”. A cura della storica dell’arte Simona Martinoli. Fra i personaggi che hanno amato profondamente Ascona vi è anche Richard Seewald nato ad Arnswalde, Pomerania ora Polonia, nel 1889. La sua carriera artistica inizia a Monaco quale autodidatta, frequentando i circoli artistici della città, dopo aver deciso di rinunciare agli studi d’architettura voluti dal padre. Qui conosce Uli (Emma Margarethe) Trotsch che sposa l’11 novembre 1911. La giovane coppia compie il suo primo viaggio ad Ascona nel 1910. Nel 1911 Seewald espone i propri disegni alla galleria Thannhauser ed è presente al Salon d’Automne di Parigi. Nel 1913 partecipa al primo Salone d’Autunno Der Sturm di Berlino. Segue una mostra al Neue Kunstsalon presso Dietzel a Monaco. Diventa membro della Neuen Münchner Sezession e del Deutscher Künstlerbund. Riportiamo “Richard Seewald (1889-1976) è vissuto tra epoche e stili diversi. Ha superato indenne le due guerre mondiali ed è stato capace di vivere intensamente quegli anni, sviluppando la sua inclinazione artistica nella pittura, nel disegno e nell'arte della scrittura. Nato in una famiglia borghese della Pomerania orientale, visse i suoi anni turbolenti e rivoluzionari che precedettero la prima Guerra mondiale, frequentando gli ambienti della Secessione di Monaco e più tardi dei Dadaisti, e approdando infine, nella sua opera tarda, a una visione religiosa-cristiana. Per due volte ebbe l’incarico di professore, dal 1924 al 1931, alla Kölner Werkschule e, dal 1954 al 1958, alla Münchner Akademie. Nel 1910 soggiornò per la prima volta in quella che sarebbe diventata la sua patria elettiva: Ascona in Ticino; quando scoppiò la prima Guerra mondiale l'artista si trovava in viaggio e ciò gli permise di non rimanervi coinvolto. Nel 1931 si stabilì a Ronco sopra Ascona e all'inizio della Seconda Guerra Mondiale riuscì, ancora una volta, a rimanere fuori dal conflitto grazie al conferimento della cittadinanza svizzera, ottenuta nell’ottobre del 1939. Fu probabilmente questo il motivo che permise a Seewald di intitolare senza alcun problema la sua autobiografia, pubblicata postuma nel 1977, “Die Zeit befiehlt’s - wir sind ihr untertan” - “È il tempo che detta la legge, noi ne siamo i servitori” e di intitolare l'elogio al Ticino scritto nel 1942, in piena guerra: “Gestehe, dass ich glücklich bin” - "Confesso di essere felice”. Il “greco” Richard Seewald, un propugnatore della tradizione e dei “Confini del mondo occidentale”, realizzò un suo “giardino incantato” e vi si rifugiò nel momento in cui il mondo, ancora una volta, stava precipitando nel baratro”. A CURA di CARLO MOLA
LA MOSTRA RIMARRA’ APERTA SINO AL 31 UGLIO. Fondazione Rolf Gérard – Via Carrà dei Nasi – Ascona. Ingresso libero Orari Mercoledì- Domenica 15.00- 18.00. o previa richiesta telefonica Tel. 091 7911982.
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La Leo Olschki fonte perenne di sapere
Sappiamo tutti della grande crisi del libro. Forse è meglio parlare di smarrimento, defaillance, quasi chiusura, perturbazione. Ma il libro non può, non deve morire anche di fronte ad altre forme di diffusione della cultura. Eccoci allora a parlare di una delle case editrici grandi ancora in piedi fonte perenne di sapere. La Leo S. Olschki. La Leo Olschki è una casa editrice italiana fondata a Verona nel 1886] dall'omonimo editore e libraio antiquario che veniva dalla Prussia Orientale. Poi venne trasferita a Venezia e, infine, a Firenze. Leo Samuele Olschki nacque nel 1861 in territorio polacco della Prussia orientale. Leo era discendente da una famiglia di tipografi ebrei, dopo i primi studi, nel 1879, si trasferì a Berlino e in Italia nel 1883 e arrivò a Verona dove diventò direttore della Libreria Antiquaria Münster. Il primo marzo del 1886 fondò, a Verona, la Libreria Antiquaria Editrice e pubblicò il suo primo catalogo di incunaboli. Le iniziative si estendono e Olschki si trasferisce nel 1890 a Venezia. Passano sette anni l’attività si sposta per sempre a Firenze.Con lo sviluppo dell’attività editoriale, nel 1909 Olschki decide di acquistare una tipografia chiamata «Giuntina» connettendosi ai Giunti, tipografi fiorentini del XVI secolo. In seguito, crea una filiale a Roma: nel 1914 in via Condotti 7, poi in via Fontanella Borghese 20-22 e, infine, in via del Babuino 153, sede che rimarrà attiva fino alla fine della seconda guerra mondiale. Durante la guerra del 1915-1918 Olschki, che non aveva la cittadinanza italiana ed essendo tedesco è obbligato all’esilio e si trasferisce a Ginevra dove fonda la «Salso» (acronimo di «Societé Anonime Leo S. Olschki»)]. Nel 1920, passata la guerra, torna in Italia. Per la sua opera gli vengono riconosciuti onori come la nomina a Commendatore e Cavaliere di Gran Croce della Corona d'Italia ma, purtroppo, ancora l’esilio, in seguito alle leggi razziali, e Leo torna per la seconda volta in Svizzera nel 1939. Qui muore nel giugno 1940. Gli eventi bellici segnano poi e colpiscono gravemente il patrimonio della Libreria Antiquaria e della Casa Editrice con gravi distruzioni provocate dalle mine a Firenze lungo il Mugnone e sul lungarno Corsini. In seguito alle leggi razziali del regime fascista – che non consentono ai cittadini "non ariani" di svolgere attività industriali – la Casa Editrice è costretta a cancellare il proprio nome dalle copertine dei libri. Per lo stesso motivo la tipografia Giuntina viene forzatamente venduta. Nel 1950, dalle rovine di via Puccinotti, i figli Cesare e Aldo trasferiscono la Casa Editrice nella vecchia Firenze in via della Caldaie. Si estendono i contatti internazionali e ha vita un nuovo reparto dedicato alla diffusione all'estero. Alla morte di Aldo Olschki nel 1963 la responsabilità passa al figlio Alessandro (a cui succederanno nel 2011 i due figli Daniele e Costanza), che mantiene la specializzazione dell'editore nel settore culturale. “Seguendo la filosofia aziendale di mantenere in catalogo il maggior numero di pubblicazioni, anche datate, il catalogo generale pubblicato nel 1966 contiene circa 2000 titoli. Questo intento ha però un brusco epilogo quando un'alluvione dell'Arno sommerge il deposito di via Ghibellina distruggendo oltre 200 tonnellate di volumi. Trascorsi diciannove anni, i locali di via delle Caldaie divengono insufficienti. La Casa Editrice si trasferisce nel 1969 in una villa cinquecentesca, fra il viale Europa e via di Villamagna, dove prosegue la propria attività. Il catalogo della casa editrice comprende circa 4.000 titoli e 25 periodici. Ora giunge un nuovo libro di cui vogliamo parlare “SANDRO BERTELLI “LA TRADIZIONE DELLA «COMMEDIA» DAI MANOSCRITTI AL TESTO II” I codici trecenteschi (oltre l'antica vulgata) conservati a Firenze Biblioteca dell'«Archivum Romanicum» - Serie I, n.448 2016, cm 17 x 24, viii-610 pp. con 89 figg. n.t. b/n e 64 tavv. f.t. a colori, Il volume prosegue la ricerca del prof. Bertelli sulla tradizione della «Commedia», iniziata con La tradizione della «Commedia» dai manoscritti al testo. II codici trecenteschi (oltre l'antica vulgata) conservati a Firenze. Presentazione di Paolo Trovato del Dipartimento di Studi Umanistici Sezione Di Filologia Classica. Sandro Bertelli insegna Paleografia latina e Codicologia all’Università di Ferrara. Si è occupato di scritture e di documenti antichi, nonché di censimento e studio di manoscritti medievali, dedicando particolare attenzione ad autori e opere della nostra tradizione letteraria. Ha scritto numerosi saggi di argomento dantesco, fra cui si segnalano La «Commedia» all’antica, Mandragora, 2007; La tradizione della «Commedia»: dai manoscritti al testo. Vol. I. I codici trecenteschi (entro l’antica vulgata) conservati a Firenze, Olschki, 2011; e, insieme a Davide Cappi, il recente Dentro l’officina di Giovanni Boccaccio. Studi sugli autografi in volgare e su Boccaccio dantista, Biblioteca Apostolica Vaticana, 2014. (gennaio 2016) Moderna 2011, cm 17 x 24, xvi-448 pp. con 68 figg. n.t. e 32 tavv. f.t. a colori,
Casa Editrice Leo S. Olschki S.r.l. Viuzzo del Pozzetto 8 - 50126 Firenze (Italy)