Mola: Fondazione Marconi, 10 'superdirettori', FuturDome

Fondazione Marconi

Sono passati  43 anni dalla prima esposizione dell’artista americana Louise Nevelson che lo Studio Marconi organizzò nel maggio 1973,  ed era ancora poco nota al pubblico europeo. Dopo aver visto alcune sue opere in una mostra a Parigi, Giorgio Marconi ebbe occasione di conoscerla personalmente nel 1971, tramite la Pace Gallery di New York, e andò a trovarla nel suo studio-abitazione.  Una grande “scoperta”. Il “fiuto” del noto Gallerista Giorgio Marconi.  Di quell’incontro Marconi ricorda “Era un assemblage di opere fatte con avanzi delle‘cose’ dell’uomo, cassette di Coca-Cola, gambe di tavoli, ritagli di falegnameria, doghe di barili ecc. ecc. Passai una mattinata piena: si parlò di opere, spazi, mostre, viaggi a Milano e un’infinità di argomenti, comprese chiacchiere varie sulla vita... ”  (Dal libro: Giorgio Marconi, Autobiografia di una galleria, Skira 2004) Iniziò così una viva collaborazione che sarebbe durata qualche anno e avrebbe dato vita a diverse mostre, organizzate in Italia e all’estero. Affascinata da Marcel Duchamp e da altri capifila del Dada e del Surrealismo – “Il Surrealismo era nell’arte che respiravo” – affermava ricordando gli anni del suo apprendistato, l’artista subì l’influenza dell’esperienza cubista di Picasso, dell’arte nativa del Nord e Centro America e, in particolar modo, dopo essere stata assistente di Diego Rivera e Frida Khalo, della pittura murale. Leggiamo e riportiamo “Il suo è un linguaggio scultoreo che aderisce immediatamente al muro, mutuando i suoi segni astratti dalla pittura. Monumentalità, monocromia e dislocazione dei piani su una scarsa profondità sono le caratteristiche peculiari dei suoi assemblaggi o“environments”. Agli oggetti di recupero che compongono le sue sculture astratte, l’artista attribuiva una nuova vita “spirituale”,diversa da quella per la quale erano stati creati, sottoponendoli a un rituale preparatorio quasi a volerli decontaminare dal mondo esterno. Protagonista del rinnovamento della scultura nel XX secolo e delle sue trasformazioni, Louise Nevelson diceva parlando di sé e del suo lavoro: “Adoro mettere insieme le cose”. Non si può tuttavia confinare il suo repertorio creativo nella sola categoria dell’assemblaggio. Figura emblematica dell’arte nel Novecento, Louise Nevelson, si è distinta nel panorama artistico internazionale. In contemporanea con la monografica dedicata a Louise Nevelson che la Fondazione Marconi presenta nella sua sede in via Tadino 15, lo Studio Marconi ’65 espone una selezione di collages, multipli e grafiche per la sua ricerca di un linguaggio universale. Louise Nevelson   (A CURA di CARLO MOLA)10 'superdirettori',

10 'superdirettori',
Per renderci conto dell’ampiezza e dell’importanza del nostro patrimonio artistico segnaliamo la prima parte di una lunga serie di interviste con i superdirettori dei musei italiani  e sul futuro dei musei stessi.  A venti superdirettori nominati da Dario Franceschini (a Lui va questi alto merito) è stato chiesto di raccontarci come sarà nel futuro prossimo il loro museo. O come non sarà. Prima puntata del talk show, con dieci voci da Napoli a Firenze, da Caserta a Modena, da Perugia a Genova. Per una mappa del cambiamento nazionale. Poi seguiranno le altre dieci voci. Ne parleremo ancora abbastanza ampiamente. Per ora accontentiamoci di segnalare solo i primi dieci intervistati.
1) MAURO FELICORI  REGGIA di CASERTA;
2) PAOLA D’AGOSTINO MUSEO DEL BARGELLO – FIRENZE;
3) CRISTIANA COLLU GNAM – ROMA GALLERIA NAZIONALE D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA;
4) MARCO PIERINI  GALLERIA NAZIONALE DELL’UMBRIA – PERUGIA;
5) FLAMINIA GENNARI SANTORI GALLERIE NAZIONALI D’ARTE ANTICA – ROMA;
6) SYLVAIN BELLENGER MUSEO NAZIONALE di CAPODIMONTE – NAPOLI;
7) EVA DEGL’INNOCENTI  MUSEO NAZIONALE ARCHEOLOGICO di TARANTO: MARTA;
8) PETER ASSMANN PALAZZO DUCALE – MANTOVA;
9) SERENA BERTOLUCCI PALAZZO REALE – GENOVA;
10) MARTINA BAGNOLI GALLERIA ESTENSE – MODENA.                      (CARLO MOLA)

FuturDome
Non è sicuramente una novità ma è un’intelligente sorpresa: esordio di Open House Milano: sabato 7 e domenica 8 maggio oltre 70 siti di architettura del capoluogo lombardo aperti gratuitamente ospitando visite a cura di guide volontarie. Tra gli edifici che erano disponibili anche il palazzo Liberty di via Paisiello 6. “Da luogo di ritrovo degli ultimi futuristi milanesi alla nuova identità con FuturDome, progetto capofila di una modalità di recupero edilizio che coniuga innovazione tecnologica e arte”. Ce ne dà notizia Valentina Silvestrini (Foligno, 1982, architetto con specializzazione in allestimento e museografia. Si è formata presso l’Università La Sapienza e la Scuola Normale Superiore di Pisa). Il titolo della manifestazione è ARCHITETTURA IN CITTÀ e rifà l’antica suddivisione urbana in sestieri – Porta Orientale, Porta Romana, Porta Ticinese, Porta Vercellina, Porta Comasina, Porta Nuova. Fissando come punto di avvio le arcate del Broletto, in Piazza Mercanti, sono stati predisposti sei “lotti territoriali”, al cui interno i visitatori “possono pianificare il proprio percorso di visita tra i luoghi aperti nei due giorni della manifestazione”. In contemporanea con Roma, dunque, anche Milano aderisce al circuito internazionale Open House Worldwide che, attraverso una formula tanto valida quanto replicabile, ha diffuso, in circa trenta città del mondo, un format finalizzato allo svelamento dell’identità architettonica. In questo modo, a partire dagli Anni Novanta, per un numero sempre più significativo di persone si sono aperti spazi di lavoro, interni privati, architetture storiche e altri siti normalmente non accessibili.
Reso possibile grazie al coinvolgimento di partner privati, il programma di OHM2016, il grande evento di architettura e design diffuso in tutto il mondo.
Suddiviso in aree tematiche, combina edifici di assoluto rilievo, tra cui la Rotonda di Via Besana (esempi di architettura sacra e icone del nostro tempo, riconosciute anche a livello internazionale, come il Bosco Verticale di Stefano Boeri). Con acutezza di visione, Open House Milano mostra inoltre uno specifico interesse verso quei fenomeni sociali capaci di incidere sulla dimensione abitativa tradizionale. In questa ottica, sono stati inclusi anche ostelli, b&b, studi d’artista e factory e un intervento che sfugge alle classificazioni più comuni: FuturDome.
IL CASO di FUTURDOME. Inserito nel sestiere di Porta Venezia – insieme al complesso Open Care, riconversione attuata dallo studio 5+1 AA e ad Abitare a Milano di Vudafieri Saverino Partners – Consalez Rossi Architetti Associati –FuturDome è il risultato della riqualificazione di un immobile di circa duemila metri quadrati, risalente agli Anni Dieci del secolo scorso. Identificabile come una delle testimonianze architettoniche propriamente Liberty di Milano, lo stabile anticipa con le sue finiture l’impiego del cemento con finalità scultoree, un materiale destinato a farsi strada nella produzione Liberty. Anticipatore di un modello che punta a nuove declinazioni in altre città italiane, FuturDome è il frutto di un lavoro congiunto, condotto dal team di Isisuf-Istituto Internazionale di studi sul Futurismo – sotto la direzione artistica di Atto Belloli Ardessi – con il contributo di una serie di aziende partner, tra cui Vanoncini S.p.A., specializzata nell’edilizia sostenibile integrata, a fare da capofila. Scardinando le usuali categorie residenziali, l’intervento di recupero ha inteso originare un’idea alternativa di ospitalità. In questo senso, oltrepassando il filtro delle facciate Liberty, gli spazi interni recuperati rivelano layout improntati all’innovazione tecnologia, attivando con il Futurismo – il palazzo era un punto di riferimento per gli esponenti milanesi dell’avanguardia del Novecento – una relazione votata all’allusione. Nessuna identificazione diretta quindi con i principi del movimento, mentre a essere preponderante è l’eco della sua portata artistica, con la spinta risoluta verso il progresso a saldare indissolubilmente il legame. Flessibili e personalizzabili, le unità abitative del complesso saranno oggetto di interventi da parte di artisti coinvolti nei programmi artistici che si susseguiranno nel tempo, figure chiamate a confrontarsi, reinterpretandola, con l’architettura, ma anche con i singoli componenti di arredo. Una modalità messa in campo per rendere FuturDome “un condominio aperto, volto all’avanguardia architettonica ed estetica.” Inaugurata lo scorso 9 aprile, la “dimora” sarà visitabile nei due giorni di OHM, rivelando gli esiti degli interventi condotti nel corso delle ultime quattro settimane e avviati in occasione dell’inaugurazione, grazie al progetto curato da Galleria Zero… Gli artisti Vincenzo Agnetti, Micol Assaël, Mario Dellavedova, Giuseppe Gabellone, Massimo Grimaldi, Paul Kos, Eva Marisaldi, Renzo Martens, Alessandro Pessoli, Michael Sailstorfer, Christine Sun Kim, Nate Young hanno infatti iniziato a misurarsi con gli appartamenti vuoti, inserendo e realizzando video, fotografie, interventi installativi e performance; questa prima mostra di FuturDome è stata uno degli eventi di Miart 2016. E ora l’attesa è tutta per le prossime iniziative.
(Testo tratto da notizie di Valentina Silvestrini curato da Carlo Mola)

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