MOLA: scienza ed arte

Clima che cambia, Glutine digeribile, Clima e zootecnia, Rubens a Matelica, Eleonora, Kostner

Clima che cambia

Una ricerca pubblicata dalla rivista Geophysical Research Letters   della Unione Geofisica Americana (Una prestigiosissima Organizzazione non a scopo di lucro fondata nel 1919), é quanto risulta dallo studio dei ricercatori dell'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima e dell'Istituto di geoscienze e georisorse del Cnr, “Gli 'hot spot' del cambiamento climatico Amazzonia, Sahel, Africa occidentale, Indonesia e Asia centro-orientale sono le aree del mondo più interessate dal cambiamento climatico. Ma anche il Mediterraneo è coinvolto”. Pubblicato su Geophysical Research Letters il cambiamento climatico non è  lo stesso in tutte le regioni della Terra. Esistono ‘punti caldi’ (hot spot), aree che si riscaldano più speditamente di altre, facendo osservare variazioni importanti nei valori medi e nella variabilità inter-annuale di temperatura e precipitazione. Il recente studio di un gruppo di ricercatori del Consiglio nazionale delle ricerche, composto da Marco Turco, Elisa Palazzi e Jost von Hardenberg dell'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima (Isac-Cnr) di Torino e Antonello Provenzale, direttore dell'Istituto di geoscienze e georisorse (Igg-Cnr) di Pisa, ha fornito dimostrazioni sperimentali e osservative dell'identificazione delle aree più sensibili. “Il nostro lavoro, basato sull'analisi di archivi pubblici di dati di temperatura e precipitazioni degli ultimi sessant'anni (1951-2010), ha dimostrato che le regioni più sensibili ai cambiamenti risultano essere in Amazzonia, nel Sahel, nelle aree tropicali dell'Africa occidentale, in Indonesia e nella parte orientale dell'Asia centrale", afferma Provenzale. "In tutte queste aree identificate come 'hot spot' sono stati riscontrati cambiamenti congiunti in molti dei parametri climatici considerati (temperatura, precipitazione e loro variabilità), confermando che queste specifiche regioni sono soggette a modifiche delle condizioni climatiche complessive. In generale, tuttavia, quasi tutte le regioni del mondo mostrano cambiamenti importanti in almeno alcuni parametri climatici. Nel bacino del Mediterraneo, in particolare, la temperatura media estiva è cresciuta di circa un grado negli ultimi cinquant'anni, parallelamente all'aumento del rischio di onde di calore estive".I parametri presi in considerazione sono: temperatura media; precipitazione; variabilità inter-annuale di temperatura media e precipitazione; frequenza di stagioni con temperatura e precipitazione media più alta delle massime nel trentennio precedente; frequenza di stagioni con precipitazione media minore della minima media stagionale nel trentennio precedente. I cambiamenti registrati in tali parametri possono avere effetti importanti sugli ecosistemi, sulle produzioni agricole, sulla disponibilità di risorse idriche, sul rischio geoidrologico.“Gli hot spot identificati sono in accordo con quelli evidenziati dalle proiezioni fornite dai modelli del clima globale, dei quali quindi si conferma la validità”, conclude Provenzale. “Ciò indica che il cambiamento globale non è una mera ipotesi futura, ma un processo già in corso. L'identificazione delle regioni più sensibili dovrebbe stimolare lo sviluppo di strategie internazionali di mitigazione dei rischi e di adattamento specificamente pensate". (CARLO MOLA)

Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima (Isac-Cnr) e Istituto di geoscienze e georisorse del Consiglio nazionale delle ricerche (Igg-Cnr). Individuazione dei ‘punti caldi’ del pianeta. Geophysical Research Letters

Glutine digeribile
Arriva il glutine digeribile. Uno studio  pubblicato su Molecular Nutrition and Food Research, (Molecular Nutrition & Food Research è una rivista di ricerca di base dedicata a salute, sicurezza e tutti gli aspetti della nutrizione molecolare, come biochimica nutrizionale, nutrigenomica e metabolomica volti a collegare le informazioni derivanti da discipline affini). In questo studio ricercatori dell’Isa-Cnr e Ibp-Cnr hanno dimostrato che il piccolo farro contiene un glutine più digeribile rispetto al grano tenero e avrebbe la capacità essere adatto per soggetti sensibili a questa materia e apre nuove prospettive di prevenzione della celiachia (La celiachia è una malattia autoimmune dell'intestino tenue, che si verifica in individui di tutte le età, geneticamente predisposti). . Sembra un contrasto si tratta invece della conclusione a cui è giunto un team di ricercatori del Consiglio nazionale delle ricerche coordinati da Gianfranco Mamone dell’Istituto di scienze dell’alimentazione (Isa-Cnr) di Avellino e da Carmen Gianfrani dell’Istituto di biochimica delle proteine (Ibp-Cnr) di Napoli con un articolo pubblicato sulla rivista Molecular Nutrition and Food Research. “Il monococco, le cui origini risalgono a diecimila anni fa, è un frumento con un genoma più semplice rispetto agli altri cereali e ha costituito la base della dieta delle popolazioni agricole per migliaia di anni, sostituito poi in gran parte dal grano tenero e duro, più produttivi e di facile trebbiatura”, spiega Mamone. “Con il nostro studio abbiamo scoperto che varietà antiche di questo cereale contengono un glutine più fragile e dunque più digeribile e meno tossico rispetto al grano tenero (Triticum aestivum). La riproduzione in vitro del processo di digestione gastrointestinale, seguita dall’analisi proteomica e dalla valutazione della tossicità immunologica su biopsie intestinali e cellule linfocitarie prelevate da soggetti celiaci, ha dimostrato che la parte proteica del glutine, dannosa per i celiaci, è in gran parte distrutta durante il processo di digestione del grano monococco, contrariamente a quanto succede per il glutine del grano tenero”. Una notizia positiva dunque, solo però in termini di prevenzione. “Seppur notevolmente meno dannoso, il monococco non è comunque idoneo per pazienti che hanno già manifestato la celiachia”, puntualizza Gianfrani. “Invece, potrebbe avere effetti benefici sullo sviluppo della malattia in soggetti ad alto rischio di celiachia. Infatti, dal momento che esiste una stretta correlazione tra la quantità di glutine assunta e la soglia per scatenare la reazione infiammatoria avversa, un’azione preventiva potrebbe essere quella di utilizzare grani con minor contenuto di glutine. Pertanto un grano come il monococco che contiene un glutine più digeribile, e dunque meno nocivo, potrebbe essere un valido strumento per la prevenzione di questa patologia”.A beneficiare di una dieta a base di piccolo farro sarebbero, secondo i ricercatori, anche i soggetti con sensibilità al glutine. “Oggi sappiamo che gli alimenti a base di grano monococco sono ben tollerati anche da chi soffre di questo disturbo alimentare, che ha caratteristiche diverse dalla celiachia. Quindi, il prossimo passo della ricerca sarà eseguire gli esperimenti direttamente sui soggetti intolleranti per avere la conferma della minore tossicità del monococco e riportare sulla nostra tavola un grano antico”, concludono i ricercatori. (CARLO MOLA)

Zootecnia e clima
Isa-Cnr di Avellino e Ibp-Cnr di Napoli Studio sul frumento monococco Gianfrani C, Camarca A, Mazzarella G, Di Stasio L, Giardullo N, Ferranti P, Picariello G, Aufiero VR, Picascia S, Troncone R, Pogna N, Auricchio S, Mamone G. Extensive in vitro gastrointestinal digestion markedly reduces the immune-toxicity of Triticum monococcum wheat: implication for celiac disease. Molecular Nutrition Food Research.
La sostenibilità è servita. E’ il tema di una conferenza organizzata dal Consiglio nazionale delle ricerche ad Expo oggi 11 luglio, basata principalmente sulla produzione zootecnica,  E’ il  food print, il costo ambientale della produzione degli alimenti. Il metano derivante da letame e liquami ha un potere alterante del clima 20 volte superiore alla CO2. “Quanto incide un piatto di spaghetti al pomodoro e basilico a livello ambientale?”. Si pensa ormai che,  in futuro, le etichette, sarebbe possibile che indicassero  non soltanto la scadenza degli alimenti, ma anche l’impatto in termini di sostenibilità del loro ciclo di vita ovvero il consumo di risorse naturali nelle pratiche agricole e nella trasformazione della materia prima e l’incidenza dello smaltimento degli scarti e rifiuti. Similmente a quanto fanno, in parte, le case produttrici di auto che riportano le emissioni di CO2 dei loro veicoli. Il costo ambientale degli alimenti, ovvero il ‘Food print’ è il tema di una conferenza organizzata dall’Istituto di biometeorologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibimet-Cnr) ad Expo, Padiglione Italia. “Food-print vuole rispondere alla sfida lanciata da Expo2015: cioè se è possibile assicurare a tutta l’umanità un’alimentazione buona, sana, sufficiente e sostenibile” spiega Pierpaolo Duce dell’Ibimet-Cnr, coordinatore dell’evento. “Non basta più puntare solo sulla qualità sensoriale dei prodotti: la nuova politica agricola comunitaria (Pac) spinge verso processi produttivi con alte performance ambientali. Le aziende che producono formaggi, latte, olio, vino, pasta e derivati cerealicoli hanno già certificato questo percorso, spinte necessità di adeguarsi alle normative Ue e dall'emergere di una fetta di consumatori sensibili alla compatibilità”. Ma come si valuta il food print? “Per produrre il latte, ad esempio, ci vuole una macchina mungitrice, che ha necessità di acqua e di energia elettrica. Questi consumi sono allora trasformati in emissioni di anidride carbonica equivalente. La mungitrice inoltre dovrà essere prima costruita, quindi una frazione delle emissioni necessarie per costruirla andrà a pesare sul costo del litro di latte o del chilo di formaggio” commenta Duce. “Insomma non si contabilizzano solo le emissioni effettive che si possono avere bruciando carburante per l'uso di mezzi agricoli, ma anche quelle indirette”. Nel settore zootecnico notevoli emissioni di metano derivano dalla fermentazione enterica dei ruminanti, dal letame e dai liquami. “Questo gas serra ha un potere alterante del clima che è 20 volte superiore a quello dell’anidride carbonica e la lavorazione dei mangimi impatta per quasi la metà delle emissioni totali nella zootecnia. Un uso più diffuso delle migliori pratiche e tecnologie già esistenti per l'alimentazione, la salute e l'allevamento animale e la gestione del letame può contribuire a tagliare fino al 30% dei gas serra”, conclude il ricercatore. “La nuova Pac 2014-2020 sposa le strategie di Europa 2020 sulla riconciliazione tra economia ed ecologia. Questo asse portante sarà accompagnato da riconoscimenti economici per gli agricoltori che si metteranno in linea con le politiche europee”. (CARLOMOLA)

Rubens a Matelica
Da Serena Tacchini giovane, sensibile ed assai preparata di cui è stato scritto: spirito solitario, perfeziona le sue grandi passioni, l’arte in tutte le sue declinazioni e la scrittura, ci giunge una bella notizia. Dalla chiesa di Sant’Agostino, di Matelica un capolavoro ritrovato  del grande Pieter Paul Rubens. Matelica è un’antica e bellissima località delle Marche, fra l’altro dotata di numerose bellissime chiese ricche di capolavori d’arte.  Fino al 17 settembre 2015: Il caritatevole duca Rodolfo, ritratto da Rubens, si dà agli sguardi eloquenti dei visitatori dopo cinquant’anni. E racconta la sua storia, una storia ricca di eventi “secondari” ma che di fronte a Rubens diventano memorabili per un riconoscimento fortuito.
LE VIRTÙ DÌ RUBENS E I VIZI DÌ CHURCHILL Il quadro fa parte di quell’elenco senza termine di opere d’arte trafugate in guerra, esse scomparvero capitate nelle grinfie di collezionisti senza scrupoli. Ma ci sono anche capolavori che fanno perdere le proprie impronte. Il Comune di Matelica racconta la storia di un capolavoro secentesco scampato: la Carità del conte Ferdinando, attribuita al maestro fiammingo Pieter Paul Rubens (Siegen, 1577 – Anversa, 1640). Un sacro corteo al crepuscolo, negli inquisitori anni della Controriforma, molto teatrale com’è sempre il Barocco. A commissionare l’opera era stato il nipote del Re Sole, Filippo V di Spagna, durante il soggiorno diplomatico di Rubens alla corte spagnola. La tela è sparita…  Per poi riapparire nel 1965, quando il figlio del primo ministro Churchill l’ha messa all’asta da Christie’s. In quell’occasione la Carità è passata alla famiglia Frascione di Firenze (Quattro generazioni di appassionati collezionisti d′arte): e qui “scoperta” da Delpriori, sindaco di Matelica, giovane assai preparato in campo artistico ed organizzatore di importanti mostre nonchè storico dell’arte. Il quadro era piuttosto sporco che aveva oscurato i colori; forse anche per la nicotina degli adorati sigari di Churchill. Ma il restauro ha interamente riconsegnato la brillantezza di un tempo.
La grande tela, stimata oggi 25 milioni di euro, è esposta per la prima volta nella chiesa maceratese di Sant’Agostino. E qui, altra notizia da segnalare: in occasione del decennale dell’Encuentro Amigos de Partaguas, il club del sigaro. Una manifestazione internazionale con i seminari sul tabacco e le degustazioni di rum che hanno fatto di Matelica in un barrio de L’Havana.  Vi è fra l’altro: LA POLTRONA 1919, concessa in esposizione dal Museo Frau di Tolentino, che rappresenta meglio di ogni altro l’atmosfera dello studio di Churchill, dove lo statista aveva appeso il quadro. Fino a settembre si potrà ammirare rimarrà rivolta verso il quadro perduto e ritrovato: a prima vista una poltrona qualunque ma, se si guarda bene, a lato c’è un posacenere. (CARLO  MOLA)

RUBENS ALL’OMBRA DEI SIGARI. Matelica // fino al 17 settembre 2015. Pieter Paul Rubens – “Un capolavoro ritrovato” a cura di Alessandro Delpriori. CHIESA DI SANT’AGOSTINO Via Umberto I 11  0737 84445 0737 787759

Eleonora
Sembra che l’illustre e benemerita Fondazione Cini nella magnifica Isola di San Giorgio a Venezia sia votata a raccogliere ricordi, documentazioni e testimonianze legati ai grandi personaggi dello spettacolo. Forse aleggia in quell’isola il ricordo perenne di tanti personaggi legati a quel mondo. Nel fondare il festival del cinema più antico del mondo, quello di Venezia, il conte  Volpi ebbe un importante alleato e fraterno amico: Vittorio Cini, Conte di Monselice. E la moglie di Vittorio Cini. Fu una delle più grandi dive del muto italiano: Lyda Borelli. Poi c’è la triste vicenda di Giorgio Cini legato ad un’altra bellissima brava attrice: Merle Oberon. Ma questo episodio ci porta molto lontano e non possiamo ora parlarne. Come non possiamo per ora parlare dello spirito dello spettacolo e delle maschere che fa parte di Venezia. La notizia nuova e per certi versi sorprendente, poi capirete perché  é che lunedì 6 luglio, la Fondazione Cini ha presentato una collezione di materiali originali e autografi di Eleonora Duse donata da Anna Strasberg e dalla Famiglia Alliata di Montreale. (Anna Strasberg,Caracas, 16 aprile 1939, è un'attrice venezuelana, naturalizzata statunitense. Nota anche con i nomi di Anna Mazraki e Anna Mizrahi, sposa Lee Strasberg nel 1968. Grazie al testamento di Marilyn Monroe  guadagnò moltissimo e decise di curare il Marilyn Monroe Theater e il Marilyn Monroe Museum, la prima è una sala del più noto Lee Strasberg Theatre and Film Institute. Un Alliata di Montreale sposò la figlia di Vittorio Cini). Ora la vera “scoperta” è che Lee Strasberg ebbe una profonda attenzione per  la Duse, da lui vista in scena a New York nel 1923. Fu proprio l’incontro con i grandi artisti dell’arte drammatica al Broadway Theatre, tra cui Eleonora Duse appunto, a farlo innamorare della recitazione e a spingerlo a diventare un attore professionista e poi dirigere l’actor’s studio.  Perciò veramente inaudito: la Duse ispirò colui che PER OLTRE VENT’ANNI DIRESSE IL CELEBRE ACTOR’S STUDIO DI NEW YORK, vantando tra i suoi allievi nomi come Marylin Monroe, Al Pacino e Paul Newman. La perenne ammirazione per Eleonora Duse lo spinse a raccogliere, nel tempo, una estesa collezione di cimeli dell’attrice che, grazie a questa importante donazione, confluirà nell’Archivio Eleonora Duse, custodito dal Centro Studi sul Teatro e Melodramma Europeo della Fondazione. (CARLO MOLA)

Kostner
Ecco un evento che potrebbe interessare anche le nostre montagne ed i suoi appassionati. Intanto facciamo conoscenza con Hubert Kostner. (Hubert Kostner del 1971 é nato a Bressanone si è laureato presso l'Accademia di Belle Arti di Monaco di Baviera. Vive a Castelrotto, Italia. Con lunghi soggiorni a Monaco, Madrid e Pechino). Egli ha recentemente inaugurato Konzeptmontage al Museion di Bolzano. (Il Museion è il museo di arte moderna e contemporanea con sede a Bolzano, Alto Adige. È stato fondato nel 1985 da un’associazione privata con il sostegno della Provincia Autonoma di Bolzano. 4500 opere di arte contemporanea presenti  Indirizzo: Piazza Siena, 1, Bolzano)  Ora una mostra a cura di Frida Carazzato (assistente curatoriale) ispirata al paesaggio alpino segnato dal passaggio dell’uomo. La Project Room del museo è percorsa da un reticolo di linee nere ambasciatori delle tracce lasciate dagli sci sui pendii alpini in Ma il progetto in questi giorni, salirà in alta quota, ampliandosi nelle cabine della funivia dei ghiacciai Val Senales, trasportando l’arte contemporanea in un sito imprevedibile Le linee di Kostner non sono altro che le solette applicate sotto gli sci per agevolare la discesa. L’artista le trasforma in un’installazione attraverso un’azione plastico e di montaggio creando un effetto tutto caratteristico. In questi giorni le cabine verranno inaugurate con un evento speciale che congiungerà arte e montagna. (CARLO MOLA)

 

 

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