La Festa della mamma (8 maggio, fino a poco tempo fa, poi la domenica successiva, ahimè!)

Nanni Moretti è stato scelto per il Festival di Cannes per il suo film Mia madre. Protagonista è una brillante Margherita Buy nei panni di una regista che insieme a suo fratello, interpretato da Moretti, affronta la malattia della madre. Nel cast, anche John Turturro.

Al regista è stato chiesto: Cosa l’ha spinta a fare questo film e perché ha scelto un alter ego femminile?

Fin dalla scrittura del soggetto, con Gaia Manzini, Valia Santella e Chiara Valerio, la protagonista era una donna, non mi ha mai sfiorato l’idea di essere al centro di questo film. E’ ormai da tempo che non sono più protagonista, e felicemente. Mi piaceva trasferire certe caratteristiche maschili a un personaggio femminile. Per me andava benissimo il ruolo del fratello, anche se per certe caratteristiche e il senso d’inadeguatezza mi ritrovo più nel personaggio di Margherita. La morte della madre è un passaggio, come molti sanno, importante. A me è successo durante il montaggio di Habemus papam 
Volevo raccontare, senza sadismo nei confronti dello spettatore, questo passaggio nella vita di una persona.

Come ha lavorato con Margherita Buy?
E’ il terzo film insieme dopo Il caimano . Si è caricata sulle spalle tutto il peso del film. In 70 giorni di riprese, era sempre sul set. Spesso mi diceva “quanto mi piace fare la regista, è divertente sgridare gli attori!”. Tutto nel personaggio di Margherita convive allo stesso momento e con la stessa urgenza, il suo non essere presente, l’inadeguatezza verso sua madre, le preoccupazioni per la figlia, i problemi di lavoro, i suoi ricordi, pensieri, sogni. Mi piaceva che in certe scene lo spettatore non capisse subito se stava vedendo qualcosa di reale o d’immaginario.

La stanza del figlio e Caos calmo di cui è stato interprete, e ora Mia madre hanno una matrice comune, il tema della perdita. Che cosa l’affascina di questo tipo di riflessione?
Ho difficoltà a teorizzare sul mio lavoro, spiegare rischia di confondere, invece di chiarire. Comunque a vent’anni non mi sarebbe venuto in mente di interpretare o dirigere film così, col tempo si pensa di più alla morte. Ne La stanza del figlio c’erano paure e fantasmi, in Mia madre un’esperienza vissuta da molti.

Quanto ha influito sua madre sulla sua formazione?
Col cinema, mia madre e mio padre c’entravano poco. Quando a 19 anni ho finito le scuole e ho deciso di provare questa cosa vaga del cinema, si sono limitati a sostenermi con discrezione e affetto, e non è poco. Mi imbarazza parlare della mia vera madre, ma c’erano davvero generazioni di ex alunni che continuavano a frequentarla e con cui parlavano di tutto, questa cosa mi si è rivelata dopo la sua morte. Io non ho mai avuto punti di riferimento nei professori.

Nel film c’è una specie di tormentone che Margherita ripete ai suoi attori, senza essere peraltro capita: l’attore deve stare dentro ma anche accanto al suo personaggio. Lo pensa anche lei?
E’ una cosa che dico anch’io ai miei attori, non è una presa in giro di Brecht. Penso che l’attore non debba essere a una sola dimensione. Per esempio, quando s’incazza, Margherita non è che urla e basta, c’è anche del dolore, c’è sempre qualcos’altro.

Margherita è il suo alter ego, ma nel film la vediamo dirigere una pellicola che di “morettiano” ha ben poco: una media produzione, con scioperi, fabbriche, come ce ne sono tante.
Volevo che ci fosse uno stacco tra la vita privata di Margherita, fluida e delicata, e un film molto strutturato. Lei è sempre da un’altra parte (sul lavoro pensa alla mamma, dalla mamma pensa alla figlia...) mentre il film che gira è un blocco solido. Ma no, non è un mio solito film. Era quello che volevo.

Il senso di inadeguatezza di Margherita è anche il suo?
Sono parecchi decenni che faccio questo lavoro ma non ho acquisito freddezza e sicurezza, il giorno prima delle riprese faccio gli stessi sogni di quando ero ragazzo (ritrovarmi impreparato sul set, qualcosa che non funziona o che manca…). Il senso d’inadeguatezza lo conosco molto bene, e non solo in pubblico. Prima pensavo che con il tempo mi sarebbe cresciuto “il pelo sullo stomaco” – espressione terribile – e invece mi accorgo che succede il contrario, più tempo passa più il disagio cresce. Quanto al tema, penso che quando si fa un film, si fa un film e basta, anche se il tema è molto forte come in questo caso. Quando il regista si concentra sulla scrittura, il cast, la regia, l’interpretazione, il montaggio, il tema che sta trattando non può investirlo con la sua forza… qui lo dico, ma forse non sono d’accordo.

E per la festa della mamma , vogliamo ricordare cose veramente notevoli. Samantha Cristofoletti che rimane felice un altro mese in orbita per portare avanti i suoi preziosi esperimenti e – per la prima volta- tante artiste alla 56. ma Biennale di arti visive di Venezia, vi è infatti . Sarah , Céleste Boursier, JoanJonas,Irina Nakhova ,Chiaru Shiota, Fiona Hall, Lu Yang, Wen Hui, Zhang  Hong Mei, Eleonora Mazza e tante altre che ciascuno scoprirà visitando la straordinaria Mostra Tutti i futuri del mondo, visitabile dal 9 maggio al 22 novembre del2015.Siate felici, care mamme, anche se i figli sono “dolori”dal momento che li aspettiamo!
 

Maria de falco Marotta
Cultura e spettacoli