Una madre come poche. e Ella & John

Due films da vedere

Una madre come poche.
A poca distanza l’uno dall’altro stanno per uscire sugli schermi italiani due dei film più interessanti e gradevoli visti alla Mostra ’72 di Venezia che consigliamo vivamente di vedere per non pensare che ormai il cinema è out, cioè tutto omicidi, sesso e cartoni. Ci siamo consolati: Frances McDormand è un’attrice che non risponde ai canoni estetici come siamo abituati a sorbirci da ogni dove, ma una donna eccezionale che non si arrende di fronte alle trovate più impensabili, pur di riuscire a sapere qualcosa della sua amata figlia uccisa sette mesi prima. E’ una lotta contro il potere di un pugno di razzisti e omofobi, i peggiori della città cioè quelli che vivono a Tre manifesti a Ebbing, Missouri del regista Martin McDonagh, che intessa la trama con cinico umorismo e realismo utopico, tanto da rendere amabile questo suo lavoro. Acquistato subito dall’Italia, si potrà vedere nei cinema dal 12 gennaio 2018.

Il secondo,  Ella & John, è il primo film girato negli Stati Uniti da Paolo Virzì, applauditissimo, anche se non è mancata l’ironia per la ragione che il regista è andato in America. Gli sono state poste alcune domande che riportiamo di seguito.
Da outsider come ti sei accostato all'immaginario americano?
Paolo Virzì: Non ho nessuna intenzione di emigrare. Mi sento un figlio del cinema italiano e sono fiero di far parte della comunità dei cineasti italiani. Questo progetto è nato quasi per gioco, per affettuosa insistenza degli amici co-sceneggiatori e dei produttori di Indiana Production e Rai Cinema che mi hanno spinto a scrivere un copione che fosse ispirato ad un libro molto appetitoso e dallo spunto sovversivo, "In viaggio contromano" di Michael Zadoorian. Sentivo che poteva essere un film realizzabile, però ero in dubbio perché gli strumenti del mio mestiere sono la lingua, un paesaggio familiare. Quasi per proteggermi, ho detto che avrei voluto Helen Mirren e Donald Sutherland per fare il film, pensando che non avrebbero mai accettato. E quando loro inaspettatamente hanno detto di sì, non potevo più tirarmi indietro, dovevo fare un film del genere portandomi dietro il mio modo di vedere, il mio cinema, la mia troupe. Mi incoraggiava il sapere che Helen e Donald amano l'Italia, lo stile italiano, il cinema italiano. Mi sono sentito a casa, è stato come se girassi un mio film, ma negli Stati Uniti, sulla Route One, che ha lo stesso numero della Strada Statale 1 Aurelia che tante volte ho percorso tra Roma e Livorno.
Nel film ci sono comunque vari elementi della cultura americana.
Abbiamo voluto usare Hemingway, le Short Stories, la narrativa beat che ha generato i road movie, come elementi narrativi per dare un background sociologico e culturale ai personaggi che partivano dal libro a cui ci siamo ispirati. Un libro intelligente, ironico con questa ribellione ad un destino di finire in ospedale separati e allo stesso tempo il racconto di un'America molto tacky, molto pacchiana, che culminava in Disneyland. A me piace l'identificazione, l'empatia, abbiamo cercato di avvicinare il libro a noi stessi, abbiamo spostato l'itinerario del viaggio sulla East Coast, avuto l'idea del professore in pensione che abita le pagine della letteratura che ha amato e insegnato per tutta la vita, l'idea di una Ella ingorda di vita nonostante sia in piedi per miracolo. E mentre facevamo i sopralluoghi per le location eravamo circondati dalla campagna elettorale che stava infiammando l'America in quel modo violento e aggressivo e ci è sembrato significativo riflettere questa vicenda personale in un ritratto più ampio dell'America che stava cambiando. Non immaginavamo che poi Trump avrebbe vinto davvero le elezioni.

di: Maria de falco Marotta- Elisa Marotta- Antonio De falco.
Cultura e spettacoli