Monika Bulaj a Sondrio 11-13 ottobre
La prima volta che ascoltai la voce di Monika Bulaj fu ad una conferenza all’interno dell’evento Fujifilm X-Vision tenutosi a Milano nell’ottobre del 2018.
Pare strano parlare di suoni riferendosi ad una fotografa ma mi rimase impressa la melodia della sua voce, dolce, equiparabile alla delicatezza delle sue immagini. Rimasi incantata e pensai che condividere questo momento sarebbe stato un ottimo modo per offrire alla mia città un’esperienza culturale d’eccellenza.
Così, con l’associazione culturale Circolo Fotografico Città di Sondrio che rappresento, decidemmo di prendere i contatti con Monika per ospitarla a Sondrio.
Le date da segnare sul calendario sono 11-12-13 Ottobre 2019.
L’autrice, fotografa, reporter e documentarista, di origini polacche, svolge la sua ricerca sui confini delle fedi, minoranze etniche e religiose, popoli nomadi e diseredati, in Europa e Asia, in Africa e nei Caraibi.
Scelta per il TED fellowship e pluripremiata, all’attività giornalistica e alla collaborazione con numerose testate giornalistiche italiane e internazionali (Grant Magazine, La Repubblica, Corriere della Sera, Internazionale, National Geographic, The New York Times, The Guardian), ha affiancato una costante attività performativa, espositiva, didattica e curatoriale. I suoi libri, di reportage letterario e fotografico, sono stati pubblicati da Alinari, Skira, Frassinelli, Electa, Bruno Mondadori, Feltrinelli, Contrasto, National Geographic. Ha esposto oltre novanta mostre personali nel mondo. Nel 2014 ha ricevuto il Premio Nazionale Non-violenza.
Venerdì 11 ottobre alle ore 21:00, all’auditorium del Policampus di Sondrio, Monika Bulaj proporrà il suo performing reportage “Dove gli dèi si parlano” già presentato al Teatro Bibiena in occasione di Festivaletteratura di Mantova, in diverse città italiane e all’estero. Lo spettacolo è aperto a tutti ed è gratuito.
È un racconto, supportato da immagini, film, musiche e suoni, della sua pluriennale ricerca sempre in divenire (attualmente sostenuta dal Pulitzer Center), sulle minoranze a rischio e i luoghi sacri condivisi in Medio Oriente, Africa e Asia.
Monica descrive così il suo lavoro: “Le ultime oasi d’incontro tra fedi, zone franche assediate dai fanatismi armati, patrie perdute dei fuggiaschi di oggi. Luoghi dove gli dei parlano spesso la stessa lingua franca, e dove, dietro ai monoteismi, appaiono segni, presenze, gesti, danze, sguardi. In una parola: l’uomo, la sua bellezza, la sua sacralità inviolabile, ostinatamente cercata anche nei luoghi più infelici del pianeta, seguendo il sole, la luna, le stagioni, i culti e i pellegrinaggi, in una “mappa celeste” che ignora gli steccati eretti dai predicatori dello scontro globale. Un mondo parallelo e poco raccontato che va dall’Asia centrale all’America Latina, dalle Russie al Medio Oriente, e ti riconsegna la bellezza nella contaminazione: i riti dionisiaci dei musulmani del Maghreb, il pianto dei morti nei Balcani, i pellegrinaggi nel fango degli Urali, l’evocazione degli dèi in esilio oltremare, sulla rotta degli “scafisti” di un tempo, a Haiti e Cuba, dove la forza spirituale della terra madre diventa rito vudù, santeria, rap mistico, samba, epitalamio e mistero. E ancora il cammino dei nomadi dell’Asia, che si portano dietro le loro divinità, come gabbiani dietro a una barca da pesca nel deserto. Dal 11 settembre 2001 a oggi.
Questo lavoro è cambiato negli anni. All’inizio documentavo le piccole e le grandi religioni nelle ombre delle guerre antiche e recenti. Ad un certo punto sono state le mie immagini a cercarmi, a parlare da sole, raccontando delle preghiere e dei sogni, dell’acqua e del fuoco, della memoria, del teatro della festa dei morti, della via dei canti. Ora quello che faccio è una cosa semplice, quasi infantile: raccolgo schegge di un grande specchio rotto, miliardi di schegge, frammenti incoerenti, pezzi, atomi, forse mattoni della torre di Babele…
Forse solo questo può fare il fotografo: raccogliere tessere di un mosaico che non sarà mai completo, metterle nell’ordine che gli sembra giusto, o forse solo possibile, sognando, quell’immagine intera del mondo che magari da qualche parte c’è, o forse c’era e s’è perduta, come la lingua di Adamo.”
Per Sabato e Domenica (12-13 Ottobre), Monika Bulaj metterà a disposizione conoscenza ed esperienza con il workshop/laboratorio sul fotoreportage “La scrittura creativa e non-fiction del reale”.
"Non conosco nessun metodo se non quello di mettersi ogni giorno in discussione, mettendo al centro della visione l’attenzione pura, quasi infantile, profondamente intuitiva, alla realtà. La fotografia è per me una questione di impegno, di pratica (la téchne dei greci, dunque, “l’arte” ma anche “il saper fare”), di meditazione, di sensibilità e di pazienza.”
I progetti personali dei partecipanti saranno al centro dell’attenzione, per studiarne la drammaturgia, la composizione, il ritmo, le sequenze, i contrappunti e la grafica, cercando di individuarne una partitura narrativa. Si parlerà della verità e del mistero nella fotografia, che può essere illuminato forse solo attraverso se stessi.
Gli alunni saranno fortemente incoraggiati a indagare sulla propria percezione e sulla propria sensibilità e a cercare all’interno di essa i possibili sviluppi.
Si lavorerà sulla capacità di vedere la realtà senza trasformarla, senza influenzarla e senza mentire. Quindi, di conseguenza, si parlerà anche dell’etica nel reportage, dell’onestà, e delle questioni morali della post-produzione. Ma anche dell’evoluzione del reportage nella storia dell’immagine, dell’indagine giornalistica e documentaristica, delle sue sfumature, trasformazioni e linguaggi. Si rifletterà su come le scelte tecniche e intellettuali trasformano il linguaggio e il modo di raccontare la storia.
Si parlerà anche del legame del fotoreportage con la scrittura, il cinema, la poesia, il teatro, la narrativa."
Il workshop, a numero chiuso, è aperto a tutti (a pagamento).