BRUNO CIAPPONI LANDI: UNA VITA PIENA E FECONDA PER LA FAMIGLIA E LA COMUNITA’

Bruno Ciapponi Landi apparteneva a una famiglia  d’origine morbegnese che viveva a Sondrio. Quando si spostò a Tirano si unì in matrimonio con Delia Garbellini e costituì il suo nuovo nucleo familiare a  Madonna di Tirano dove nacquero le sue due figlie Isabella e Daniela.  Come lui stesso ci ha comunicato nel suo testamento spirituale  ciò  che gli ha dato una  grande soddisfazione oltre alla sua famiglia coi suoi generi e i suoi nipoti è stato poter fare  il lavoro che desiderava cioè  lavorare nel campo della cultura locale per contribuire a valorizzare  la storia , la cultura e l’identità  della nostra Valtellina.  Padre Camillo De Piaz, servo di Maria nato proprio a  Madonna di Tirano costituì per lui il riferimento paterno che gli era mancato e fu il suo vero  mentore nell’aprirgli la comprensione del contesto  contemporaneo della Chiesa e, in generale, della realtà storica  culturale e politica. Il sodalizio tra Camillo e Bruno portò ottimi frutti sia a loro che alla comunità. Dal punto di vista della sua crescita professionale, ebbe il  pieno sostegno dell’assessore provinciale Guido Visini, che gli consentì di trarre un significativo vantaggio dalla fase preparatoria dell’avvento della Regione Lombardia. Bruno fece in tale periodo pratica dei rapporti istituzionali con Milano, sede della Regione,dove cominciò a essere tenuto in considerazione proprio  come interlocutore per l’Ufficio  Cultura  della Provincia di Sondrio.

Fu In particolare molto  importante la sua partecipazione  quale corrispondente  per la Provincia del CRPE sigla del Comitato Regionale di Programmazione Economica. Il comitato regionale fu articolato in comitati provinciali e tali  comitati, sorti per creare le premesse all’avvento dell’ente Regione costituirono per Bruno Ciapponi Landi una base culturale assai significativa. L’avvento della Regione e soprattutto le Leggi sulle biblioteche e sui musei di cui si dotò la Lombardia , determinarono  l’istituzione di  un vero funzionante Ufficio Cultura anche in provincia di Sondrio. L’ufficio di Sondrio venne affidato da Visini proprio a Bruno Ciapponi Landi  che si inserì da protagonista nel risveglio dell’interesse per la cultura popolare che caratterizzò i primi Anni  Settanta. Bruno fu  sostenuto  dall’assessore Sandro Fontana e da Roberto Togni, bormino, autorevole consulente dell’assessore e guida del settore Musei. Ciapponi colse anche al volo l’idea di Ivan Fassin, Bertolina  e con Togni stesso e con  Giovanni Bettini iniziò a sviluppare la partecipazione e l’interesse per gli studi etnografici. Si  pose come intelligente interlocutore dei nuovi fermenti. Contemporaneamente coltivò con Padre Camillo de Piaz il suo profondo senso religioso in  uno  stretto legame di appartenenza alla Chiesa cattolica nella visione di rinnovamento che era stata aperta dal Concilio Vaticano secondo.  In tale aperura religiosa valse per Bruno, in chiave politica,   la medesima  convinzione che il suo amico Ivan Fassin confidò a Giovanni Bettini in risposta alla domanda: “ il realizzarsi di una democrazia compiuta ha bisogno di Dio”? Scrive Giovanni Bettini : Ivan fu quella volta piuttosto perentorio e rispose “Senza Dio la società cadrebbe in un pericoloso relativismo , dominata dalla tecnica con un inesorabile declino della sfera pubblica, con il prevalere del dio denaro”. (Ivan Fassin: una vita per la cultura e il territorio”SEV e CISL Sondrio,2016, pag. 88). Ivan e Bruno condivisero un’identica persuasione al proposito e spesso insieme coltivavano tali meditazioni. Poco tempo prima che Ivan mancasse Bruno si era recato proprio con Ivan per una due giorni spirituale nella casa in cui padre Antonio Santini, servita, fratello di un dirigente nazionale della  Cisl, si era impegnato in una innovativa esperienza laico religiosa.  Il profondo sentimento religioso di Bruno Ciapponi Landi emerge  evidente anche  nelle parole che Guido Visini gli inviò  in un commosso perspicuo saluto che sono autorizzato a  divulgare e a trascrivere.
Scrive Guido Visini a Bruno Ciapponi Landi:
“Ciao Bruno, ho sperato sino all’ultimo di poterti dare di persona l’addio terreno, invece te ne sei andato in punta di piedi,in silenzio, tu che hai sempre  calcato la scena e la padroneggiavi  molto bene, anzi ti trovavi a tuo agio , ci hai lasciato velocemente e silenziosamente. Non vale perché speravo che fossi tu a commemorarmi alle mie esequie e invece te ne sei andato prima.
Non dovevi farmi questa. Ma ti perdono per la vecchia e consolidata amicizia e collaborazione. Quanti ricordi passano in questo momento nella mia memoria: ti ho conosciuto nel 1968 allorchè stavo preparando la mia partenza in Ecuador con l’operazione Mato Grosso. Constatai la tua generosità e altruismo sin da subito. Abbiamo avuto modo di lavorare in Provincia dove hai dato un ottimo contributo alla diffusione della storia  e della cultura locale. Impegno che hai continuato anche dopo nelle molteplici vesti in cui ti sei adoperato. E più recentemente ci siamo ritrovati a portare avanti (con don Remo Bracchi) le cause di beatificazione di don Quadrio e don Braga.
Spero che l’impegno che hai profuso sia raccolto e continuato da qualche giovane al quale avrai trasmesso la passione per la storia e la cultura. Ora tu mi hai preceduto in Cielo al quale anch’io spero un giorno di arrivarci e di rivederti nelle braccia del Padre che ti avrà incaricato di illustrare e comunicare le bellezze del cielo e del Creato. Arrivederci pertanto e continua a proteggere la tua famiglia e gli amici. “ 

Risulta evidente il coinvolgimento solidale di Guido Visini e di Bruno Ciapponi sia nella sfera laica e civile che in quella religiosa. Ciò   conferma l’inclinazione di Bruno a sviluppare in profondità buone e qualificate amicizie. Anche Bruno e Guido, al di là delle loro posizioni politiche, condividevano la comune speranza che dovesse esistere un’intesa per la pace sulla terra tra tutti gli uomini di buona volontà. Guido Visini lo sostenne e si mostra  sicuro che ciò che  Bruno ha seminato per continuerà  al di là della sua scomparsa  e della scomparsa di don Remo Bracchi. Oltre alla causa di beatificazione di don Quadrio e di don Braga Si  riferisce all’Istituto di dialettologia IDEVV del quale  don Remo era l’amato e competente guida. Oggi, accanto a Gabriele Antonioli, si vedono emergere dei giovani in grado di raccogliere l’eredità di Bruno Ciapponi e di don Remo Bracchi. Quando Guido Visini svolse da par suo l’incarico di  Assessore alla Istruzione e alla Cultura nella Amministrazione provinciale di Sondrio volle al suo fianco proprio Bruno Ciapponi Landi che aveva la stoffa del buon seminatore.
Lo stimato assessore non scrive per lui solo un’autorevole dichiarazione circa il buon lavoro svolto da Bruno. Nel suo pur breve scritto  dà  un’autorevole testimonianza di amicizia e  di ammirazione per le doti umane  di Bruno Ciapponi Landi.
In effetti Bruno non si propose solo  come un funzionario dell’ente pubblico,svolse anche un ruolo di leadership  culturale motivante  nella comunità. Come funzionario  si mise , per quanto possibile, al servizio di tutti coloro che  volevano approfondire  le dimensioni della nostra storia per conservarne e valorizzarne i nostri valori, a partire dalla  fede religiosa e dai  beni culturali della nostra terra.  Come leader culturale ebbe a cuore il culto della  memoria dei personaggi storici.
In generale tutti i  patrimoni delle memorie sono stati oggetto della sua cura:dalle memorie  storiche e politiche a quelle artistiche e religiose. Bruno non ha  trascurato neppure la storia economica delle tribolazioni della nostra terra che è stata  una storia di migranti, specie in Australia. Al proposito si pensi alla sua efficace collaborazione con una studiosa australiana di Melbourne. Si  deve ricordare  la  finezza della sua “religio”, quale si mostra  nella  scultura di   Mario Negri che è un monumento agli emigranti valtellinesi.  Un monumento storico che, ancor  oggi , sta nella piazzetta di Tirano, davanti alla  Biblioteca civica. 

Fu caro a Bruno Ciapponi  Landi il valore  dei simboli poprio come trasmissione della cultura anche locale.
Si pensi al busto all’onorevole Merizzi da lui ripristinato in cimitero, mentre era stato messo da parte. Egli aveva una particolare predilezione per le figure illustri delle nostre famiglie nobiliari e degli studiosi della nostra terra e ripercorreva  la  comunanza storica degli interscambi con la vicina  svizzera e con la nostra Lombardia,cercando di creare connessioni e una rete di collegamento tra artisti e studiosi.
Il poeta e scrittore Giorgio Luzzi e lo scultore Valerio Righini furono tra i primi suoi interlocutori ed amici. E come Camillo De Piaz indicava concepì il Museo che sta a Madonna come il centro di un crocevia di scambi culturali. 
Da  buon discepolo di padre Camillo, Bruno non trascurò neppure la storia degli  ultimi e dei vinti. La sua religiosità era pienamente lucida e consapevole:  come ha scritto nel suo testamento  spirituale finale si attendeva  di essere accolto dal Signore Gesù che gli consentiva di “non temere alcuna male “. E se la sua vita terrena  doveva  terminare, egli  si sentiva comunque realizzato. Aveva avuto una vita felice e buona e aveva anche coltivato la “religio” laica nel rispetto per tutti i morti che hanno concorso al bene della nostra piccola patria. Una “ religio” laica della memoria  che condivideva profondamente con padre Camillo De Piaz. Nella sua formazione adulta spiccò per continuità   la figura  di padre di Camillo De Piaz che ,come testimonia la moglie Delia Garbellini,  fu davvero  per Bruno  come un vero padre, una figura che era mancata a Bruno nella sua infanzia e adolescenza.

Bruno Ciapponi entrò  a far  parte della famiglia Garbellini nel 1970 quando sposò Delia Garbellini sorella di Fabiano ed ebbe due figlie Isabella e Daniela; egli ci teneva molto alla famiglia allargata e curava gli incontri di tutta la parentela che scherzosamente chiamava “Garbellini  e uniti”. il giorno del suo funerale suo nipote Paolo, figlio di Fabiano Garbellini, ha messo in evidenza che tutti conoscevano Bruno come uomo pubblico, ma gli sembrava giusto far conoscere  l’uomo nella sua intimità familiare. Tra i molteplici ricordi di lui come uomo pubblico bisognava non trascurare l’uomo privato della sua  famiglia. L’osservazione è stata quanto mai pertinente perché anche in famiglia Bruno  portò i suoi talenti e la sua solidarietà e la ricevette, ma sempre con un’apertura comunitaria. Anche  l’amicizia storica dei Garbellini coi padri serviti fu continuata da Bruno stesso. Via Via anche il ricordato  rapporto con Padre Camillo divenne amicizia. Un amico che lo protesse con  la sua presenza quotidiana. Padre Camillo, rimasto precocemente orfano per una grande tragedia, sapeva condividere profondamente con Bruno non solo un’istanza psicologica fondamentale per la vita di ogni uomo, ma anche una realtà di fede  che conseguì vertici di un’amicizia profonda e operosa. il loro rapporto andò ben al di là di un  sentimento psicologico, si elevò nella fede alla quale resero entrambi testimonianza.

Bruno Ciapponi, certamente fu un  uomo di nobile sentimento con amicizie intellettuali di grande spessore, ma seppe anche avere una  condivisione popolare. Profuse il suo sentimento comunitario in molti modi e in particolare  rese omaggio a suo suocero Guido Garbellini quando si dedicò alla Banda Cittadina di Tirano.  Pur nell’economica di un breve scritto  vien spontaneo chiedersi come maturò la sua prima  formazione che consentì tanta apertura sociale.
Sin da ragazzo Bruno Ciapponi   ebbe la fortuna di incontrare dei mentori illuminati. Egli  si trovò in casa il dr. Piperata, medico provinciale, cultore profondo delle arti pittoriche che lo avviò ,con grande competenza, al gusto del bello e della collezione artistica. Nelle scuole elementari Bruno  ebbe come maestro Libero Della Briotta,  lui pure convinto studioso della nostra storia locale che lo vide tra gli autori qualificati con una  ben caratterizzata e precisa  visione politica. Inoltre il maestro Della Briotta, socialista,  avviava  i suoi alunni alla scuola attiva, all’autostima personale, al mutuo insegnamento e al metodo dei gruppi e delle cooperative di classe come esempio dello scambio  sociale. Mamma Ciapponi, in famiglia, si adoperò soprattutto a  curare l’educazione religiosa del figlio che fu integrato socialmente  negli oratori e nella Chiesa locale.
Un singolare incontro della sua infanzia fu però nella  crescita di  Bruno, come ha lasciato scritto, la conoscenza di Ivan Fassin che incontrò fin da bambino piccolo. Quando Bruno aveva cinque anni Ivan ne aveva dodici e lo introduceva già al mondo della curiosità intellettuale e del sapere. Bruno ricorda : “era sempre più avanti di me in tutto” e mi veniva costantemente indicato come un modello da seguire fino alla noia. Ma a parte tale noioso inconveniente Bruno stesso ricorda  che le sorelle Ciapponi s’incontrarono in modo singolare  con le sorelle Rabbiosi e fu nell’ambito dell’amicizia tra sua madre e la madre di Ivan che nacque un sodalizio precoce tra Ivan Fassin e Bruno Ciapponi: cioè tra due personalità la cui collaborazione portò singolari frutti nella nostra storia locale proprio nella stagione matura di entrambi. Come scrive Bruno, “accomunati dalla curiosità di conoscere “la loro amicizia fu una grande risorsa per documentare e valorizzare l’identità popolare locale e del nostro Territorio. L’attenzione di Bruno verso Ivan arriva a ricordarci che lo zio di Ivan Romeo Rabbiosi, fratello della mamma di Ivan, fu un precedente significativo per  Ivan stesso: zio e nipote furono entrambi pubblicisti  e sindacalisti.  uno stimolo all’attività giornalistica che non mancò neppure  allo stesso Bruno.  Crescendo l’arte della cooperazione intellettuale e pratica si affinò sempre di più in Bruno cosicchè si fece riconoscere come una promessa per le nostri istituzioni e per la vita comunitaria. Bravo a  scrivere come a parlare, con idee stimolanti illuminò la vita di molte istituzioni e da ultimo il FAI e la Società Storica Valtellinese. 

Dirò per concludere poche parole sul mio incontro con lui.
Personalmente incontrai Bruno  a Tirano per  caso, mi pare  nel 1964, in una delle  Conferenze di Storia  Valtellinese che avevo organizzato come Presidente del CIG (Centro di Iniziativa Giovanile)  dove tra gli altri avevo invitato a tenerci una lezione il  mio professore di Storia Romana  in Università  Cattolica. In seguito con Bruno curammo  la pubblicazione della conferenza del professor Albino Garzetti. Nella mia prefazione ringraziai Bruno  per il modo attento e partecipe col quale si dedicò alla pubblicazione. Eravamo agli inizi della nostra conoscenza e ricordo che gli partecipai le finalità del primo CIG.
Il  CIG fu concepito come  una piccola associazione locale tra noi giovani a Madonna di Tirano dopo la messa del Te Deum di fine anno 1962. Papa Giovanni ci aveva reso aperti al grave problema della pace nel mondo e a distinguere l’errore dall’errante premiando l’apertura e il dialogo oltrepassando gli orrori e le conseguenze della guerra.  Noi stessi fondatori a Tirano conoscevamo il permanere nelle famiglie del ricordo di orribili morti e di vissuti traumatici del tempo di guerra.  Le  iniquità   della guerra civile  che aveva invaso le famiglie ed era  rimasta molto viva anche a Tirano. Trovai in Bruno una risonanza rispetto al motivo ispiratore del primo CIG, ma solo molto dopo  Bruno mi fece comprendere la profonda ragione familiare della memoria che aveva condiviso. All’epoca in cui nasce il Cig  Bruno  non era ancora a Tirano, ma quando venne a Tirano il CIG favorì il suo inserimento trovandosi a suo agio anche per  la qualificante presenza di padre Camillo De Piaz. Inizialmente  l’ambiente era giovanile e quando arrivò  Bruno condivise ben presto l’atmosfera creatasi nel CIG. L’idea che tale iniziativa fosse  partita da noi giovani  per aprire un ponte di passaggio, oltre le ferite della seconda guerra mondiale, lo trovò  favorevole, ma fu i più attratto dagli scopi culturali più che dagli scopi politici  di formazione civica e di cultura della pace che il CIG iniziale aveva avuto. Il  proposito  dei fondatori ispirò il titolo:  Centro di Iniziativa Giovanile.
Quando  Bruno continuò il CIG mantenne il titolo originario che era nato  tra i soci fondatori del  nucleo storico degli amici del Primo CIG.(x). Il  perno del suo Museo Etnografico  che con giusto orgoglio oramai  non identificava più solo come tiranese, ma come valtellinese, mantenne la sigla, ma col tempo lo spessore della associazione divenne ben più robusta in risorse e iniziative di tutela della memoria. 
In un primo  tempo  il peso della creazione del museo fu sostenuta soprattutto da Bruno Ciapponi e Mauro Rovaris, ma via via le esigenze culturali crescevano e Bruno fondò a Milano nel 1974 “ L’associazione Glicerio Longa per lo studio della vita alpina”. La nascita della nuova associazione aggiunse prestigio al Museo che oggi giustamente andrebbe intitolato a Bruno Ciapponi Landi come Gabriele Antonioli ha proposto.   
Ebbe la fortuna di un fondamentale avvio formativo che gli consentì in seguito ulteriori maturi traguardi. 

MARIO GARBELLINI
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