Mostre: Renoir alla GAM di Torino. Alla Matalon di Milano Scuffi e Brerart

Renoir
Mostra di Pierre-Auguste Renoir alla GAM di Torino. Per questa straordinaria rassegna che informa in modo esauriente e decisivo tanta parte dell’attività di questo grandissimo maestro c’è da porsi una domanda. Cosa ci da questa esposizione di veramente nuovo? Le ricchissime testimonianze di contributi, sia di rassegne, sia di scritti e di analisi critiche hanno, nel tempo, contribuito a donarci una larga affermazione sull’opera e la vita di questo maestro. Forse uno dei più amati di tutti i tempi, anche oltre l’Impressionismo che così ampiamente egli ha rappresentato per poi, a fine carriera, quasi staccarsi per cercare altre strade. Circa sessanta opere provenienti quasi tutte dal Musée d’Orsay e dal Musée de l’Orangerie, gelosi custodi ma, in questo caso, munifici prestatori  della amplissima collezione delle opere di Renoir. Eccoci così di fronte  i ritratti di Frédéric Bazille, Claude Monet,  e William Sisley, La liseuse, Madame Georges Charpentier, Femme au jabot blanc, ma anche il celeberrimo La balançoire ovvero L’altalena, immagine e centro della mostra, Jeunes filles au piano, Danza in campagna e Danza in città, i delicati  mazzi di fiori, i paesaggi, ed infine i celebri nudi della maturità, Grand nu, Femme nue couchée (Gabrielle), Nudo di donna visto di spalle, La toilette (Donna che si pettina),  Odalisque dormant, fino all’ultimo imprescindibile capolavoro di Renoir, Le bagnanti, il suo conclusivo ma anche innovativo messaggio pittorico. Ma rispondiamo alla domanda che ci siamo posti . Qual è la “novità”? La “novità” ci sembra stia nella divisione della mostra in nove sezioni. Ricercata, voluta con viva sensibilità dai curatori.

La prima sezione è chiamata “L’età della Bohème” che vuol rappresentare le prime esperienze del maestro, dopo l’ammissione all’Ecole des Beaux-Arts. Nel 1862, Renoir diventa amico di Claude Monet, Alfred Sisley e Frédéric Bazille. Sono anche gli anni dei primi esperimenti di pittura en plein air alla Grenouillère e a Fontainebleau e dintorni. E sono di questi anni anche i bellissimi ritratti: quelli di William Sisley (1864), Frédéric Bazille (1867), Claude Monet (1875),  sono inoltre esposte in questa sezione due opere dello stesso Bazille: Lo studio (1870), un ritratto dello stesso Renoir (1867), e uno di Monet, un paesaggio invernale di Honfleur (1867 circa). Qui anche due dei primi nudi di Renoir, tra i temi più cari all’artista, Il ragazzo con il gatto (1868), audace per i tempi e Femme demi-nue couchée: la rose (1872 circa).

La seconda sezione parla attraverso una frase di Proust “Nous adorons les femmes de Renoir”. E’ il gioco eccelso che Renoir sa affrontare, cuore della mostra, con i suoi incantevoli ritratti femminili, dove davvero risulta difficile scegliere tra Madame Darras (1868 circa), La liseuse (1874-1876), Giovane donna con veletta (1870 circa), Madame Georges Charpentier (1876-1877), Femme au jabot blanc (1880), Giovane donna seduta (1909), sino al ritratto di Colonna Romano (1913). Renoir accoglie nel suo animo di scegliere le sue ragazze ovunque e da ogni ceto. Ma vi è sempre quel tocco di grazia e bellezza  che in fondo vi è in ogni donna. Anche in quelle non bellissime. 

La terza sezione è quella dedicata ai paesaggi. Qui Renoir primeggia rispetto alla pittura di tanti valentissimi. La sezione presenta dieci opere. Vogliamo subito segnalare le tre opere Campo di banani, Paesaggio algerino e La moschea perché ci sembra un Renoir meno conosciuto che trae ispirazioni da un suo viaggio in Algeria compiuto dall’artista nel 1881, ma anche da molta pittura francese anteriore e in particolare l’opera del grande Delacroix.  Poi la sua più autentica capacità di cogliere il mondo della luce e quello dell’ombra tra le foglie. Chiatte sulla Senna (1869), Il Pero d’Inghilterra (1870 circa), La Senna ad Argenteuil (1873), Il sentiero nell’erba alta (1876-1877), La Senna a Champrosay (1876), Il ponte della ferrovia a Chatou (1881) poi  Paesaggio a Cagnes (1915 circa),.

Eccoci alla quarta sezione “Infanzia”. I suoi bambini o quelli dei suoi amici sono motivi ricorrenti nell’opera dell’artista. Nove opere esposte sono a gara per donarci il fascino d’immagini innocenti dense di trasparente bellezza. Un pastello su carta Ritratto di ragazza bruna seduta, con le mani incrociate (1879), l’adorabile Julie Manet (1887), poi l’olio Fernand Halphen bambino (1880) vestito alla marinara, a una Maternità (1885) che si riallaccia al nostro Rinascimento. Il Ritratto del figlio Pierre (1885), che è di proprietà della GAM, ancora un altro soave pastello Portrait de petite fille coiffée d’une charlotte (1900 circa), e certo non poteva mancare Il clown (Ritratto di Coco) (1909),  del figlio Claude , la Ragazza con il cappello di paglia (1908 circa) poi la mirabile Geneviève Bernheim de Villers (1910).

La quinta sezione “La fortunata ricerca della dimensione moderna” che è una riflessione di Zola.  Qui in sette opere troviamo l’incontro con Parigi. Il tutto Parigi, il mondo della città nei suoi molteplici ammalianti aspetti. Eccoci così davanti al capolavoro assoluto: La balançoire (1876) L’altalena, dove figure della donna, del giardiniere e della bambina vicino all’altalena sono immerse in gioco di colori, di luce e di ombre che sono la più autentica e unica capacità di Renoir ed in Renoir.  Il ritratto di Alphonsine Fournaise (1879), e i gli acclamati Ballo in campagna e Ballo in città (1883)

Sesta sezione A proposito di ragazze al piano. Le Jeunes filles au piano Il celeberrimo capolavoro è stato il primo dipinto di Renoir a entrare nelle collezioni di un museo francese.  Le Jeunes filles au piano (1892) e un’altra magnifica opera Yvonne e Christine Lerolle al piano (1897-1898 circa). Infine, ancora legato alla musica, il ritratto di Richard Wagner, il compositore si trovava a Palermo ed ebbe un commovente incontro con Renoir. Ma anche profondo per l’interpretazione da parte del pittore  della personalità del grande compositore. Erano i tempi del“Parsifal".

“Beau comme un tableau de fleurs” Una riflessione di Renoir stesso è l’argomento di questa settima piccola sezione. Sono i bouquet di Renoir a far da padroni. “Quando dipingo fiori – dichiarava Renoir – sperimento audacemente tonalità e valori senza preoccuparmi di rovinare l’intera tela; non oserei fare lo stesso con una figura.”

Ancora una frase del Maestro “Il nudo, forma indispensabile dell’arte" è l’argomento dell’ottava sezione.  L’incontro con l’arte italiana antica è fatale per Renoir in particolare con le opere di Raffaello, Tiziano, ma anche con un non italiano: Rubens. “Guardo un nudo e ci vedo miriadi di piccole tinte". Ho bisogno di scoprire quelle che "faranno vivere e vibrare la carne sulla tela” –scriveva e diceva il pittore.  Ed ecco in mostra, cinque tele fondamentali tutte dell’ultimo periodo tra il 1906 e il 1917: Femme nue couchée (Gabrielle) (1906), Grand nu (1907), La toilette (Donna che si pettina) (1907-1908), Nudo di donna visto di spalle (1909), Odalisque dormant (1915-1917). Una scultura in bronzo, l’unica opera plastica in mostra, Eau (La Grande Laveuse accroupie) (1917). 

L’eredità delle Bagnanti. L’addio alla mostra con il capolavoro di Renoir, Le bagnanti (1918-1919). Il suo testamento è stato scritto. Il suo testamento morale aggiungeremmo per l’amore per l’autentica bellezza intesa anche nella sua più autentica terrestrità.

Sono presenti in mostra gli strumenti di lavoro del maestro.  Importante è anche la pubblicazione edita da Skira che presenta, con tutte le riproduzioni delle opere in esposizione alla GAM, gli essenziali contributi critici di Sylvie Patry, di Riccardo Passoni. E infine un altro testo, a cura di Augustin De Butler.

GAM Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea Via Magenta,31 Torino   INFORMAZIONI • Infoline: 011.0881178 (dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 18.00 sabato dalle 9.00 alle 13.00) . Orario: mar, mer, ven, sab, dom 10-19.30; gio 10-22.30,  chiuso lunedì.  Biglietto d’ingresso:  mostra € 12 intero, € 9 ridotto .

CARLO MOLA

Scuffi
Di Marcello Scuffi che espone nell’autorevole e prestigiosa Galleria e Fondazione Luciana Matalon di Milano e poi esporrà in Palazzo Ziino di Palermo è stato scritto molto, con molto peso, da autorevoli critici e pure da poeti. Per noi che vogliamo scrivere pensando non solo su quello che è stato detto, ma soprattutto sul rapporto con le sue opere ampiamente esposte siamo anche noi indotti a fare riferimenti non tanto sulla sua toscanità assai presente nelle opere (un toscano questa caratteristica la porta nel sangue), ma non solo.  Egli è “espressione del neo-italianismo moderno”, come ha chiarito Vittorio Sgarbi, ricordando il “rappel à l’ordre”,  e agli importantissimi nomi di Rosai, di Carrà, Morandi, Casorati , Severini.  Se con Carrà siamo in piena sintonia, con Rosai, ci stacchiamo un poco. Perché Rosai rappresentò anche una pregnanza di tipo irrequieto come brace sotto l’apparente cenere che non troviamo in Scuffi, che è poeta dei grandi silenzi e delle apparenti solitudini ma nemmeno sfiorate da una istanza di malinconia e di abbandono.  Classico: se c’è permesso questo termine che però, (attenti!) il termine porta poi troppo lontano. No, Scuffi è “materico” nel gusto di un novecento italiano mai scordato.  E proprio da un suo ricordo ce lo fa avvicinare ancora a Carrà e precisamente alla vista del “Pino sul mare”.
 

Ancora alcuni critici citano nomi più antichi e grandi da Masaccio a Piero Della Francesca. Della Francesca. Un’illustre studiosa Cristina Acidini cita persino Maso so di Banco. Maso di Banco. Troppe citazioni? Non credo ma torniamo alla sua opera, ai suoi acquerelli. Ai suoi oli

soprattutto che ci lasciano avvinte, sono le sue nature morte . Veramente Un autentico maestro.

Marcello Scuffi. Museo Fondazione Luciana Matalon Foro Buonaparte 67 Sino al 31 ottobre in occasione di BREART – Contemporary Art New e poi a Palazzo Ziino Via Dante, 53 Palermo dal 14 novembre al 15 dicembre,

CARLO MOLA
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Brerart
Gli avvenimenti di quest’autunno a Milano sono stati caratterizzati da BRERART. Come ormai tutti sanno il quartiere di Brera non è soltanto caratterizzato dall’imponente palazzo di Brera che accoglie l’Accademia d’Arte, la grande e ricchissima Pinacoteca, la Biblioteca Nazionale Braidense, il Museo Astronomico con la cupola dell’Osservatorio e l’orto botanico. Ma il quartiere di Brera è contrassegnato da un notevole numero di gallerie d’arte e negozi di antiquariato, modernariato e tutto quello che è legato al mondo dell’arte. Anche ristoranti, locali notturni e luoghi di incontro di artisti italiani e stranieri. Ma Brerart è una iniziativa che ha voluto aggiungere una serie di mostre legate alle gallerie d’arte  milanesi (non solo di Brera). Un progetto molto ambizioso che vede coinvolti artisti, critici, galleristi e il grande pubblico appassionato. Fra queste iniziative ha preso rilevanza particolare un'importante manifestazione internazionale attraverso un progetto di scambio con diverse gallerie e artisti provenienti dal Venezuela, Paese ospite di BRERART 2013.  Il progetto, in collaborazione con il Circulo de dibujo della Galería de Arte Nacional (GAN), curato da Consuelo Hernandez e Raul Penalver, grazie alla collaborazione della Fondazione Matalon, ha portato a Milano le opere di un gruppo dei più notevoli artisti contemporanei venezuelani. Diciassette vivaci ed intelligenti personalità del mondo artistico sudamericano. Pertanto non si pensi che la sfera culturale venezuelana arrivi tardiva e conservatrice rispetto al mondo. Già negli anni ’40 vi è un colloquio intenso e proficuo fra l’arte europea e nord americana ed il Venezuela.  Ma sono gli anni cinquanta che caratterizza e prese forza il movimento il Taller Libro de Arte (nato nel 1948)  con un intenso colloquio con l’arte di quei giorni da Matisse a Klee a Picasso. Sono gli anni caratterizzati soprattutto dall’arte geometrico - astratta.  Dopo aver citato questo movimento che ha avuto un’importanza fondamentale anche in architettura, si deve subito ricordare il cinetismo (legato al geometrico-astratto ma in cui preme l’istanza del movimento in arte) e il surrealismo magico. Ed ora facciamo parlare gli artisti, ad esempio Eglée Manzo Travieso, acquarellista di particolare spessore poetico e che non dimentica la tradizione americana di un lontano passato. Alixia Velasco giovane interprete di un surrealismo magico, affascinante e intrigante, ma anche che lascia sconcertati per il gusto e la valentia. Poi, Leon Carrillo e le sue stupende barche ed imbarcazioni poeticamente parlanti.   Partecipano (tra gli altri): Raul Felipe Peñalver, Linda Morales, Mirla Soto, Miguel Marsan, Hugo Mariño, Eglée Manzo, Oly Tovar, Graciela Bello, Jason Gallarraga, Alixia Velazco, Pajaro, Elizabeth Gavotti, Conrado Pittari, Ricardo Goldman, Ketty Violo, Takako Kodani, Pedro León Carrillo ed Elena Ochoa.

Presso Museo Fondazione Matalon – Foro Bonaparte, 67 – Milano.

Carlo Mola
Cultura e spettacoli