Una piccola storia della grande storia
(Nello Colombo) Una storia. Mille storie. Come quelle di tanti profughi che in un’odissea infinita cercano una via di salvezza scappando da una guerra che tutto consuma. Echi drammatici che giungono fino in Valtellina dove gente di buona volontà accoglie generosamente chi versa nelle più pietose condizioni. E’ il caso di una famiglia ucraina giunta in Valle alcuni mesi fa grazie all’apporto della Cooperativa “Altra Via”. Una famiglia originaria di Kiev (una nonna con la nipote e la propria figlia incinta, con già un ragazzo dodicenne) e destinata ad una casa alloggio nella casa comunale di Busteggia. Il tempo giusto per far nascere una nuova vita nell’ospedale sondriese e cercare di abituarsi al nuovo ambiente grazie alle cure amorevoli di due signore di Poggiridenti che hanno accudito la famiglia per i bisogni essenziali e gli spostamenti logistici. Tutto sembrava andare per il meglio con il dodicenne uscito dalle scuole medie, già pronto a frequentare il liceo del capoluogo raggiunto in sella alla sua bicicletta di seconda mano, quando improvvisamente giunge l’inaspettata la notizia di un cambio di destinazione a Chiavenna, forse per la presenza in zona di numerose badanti ucraine che hanno accolto tanti profughi della loro terra. La delusione quando viene indicata la nuova sede di alloggio a Pianazzo nel comune di Madesimo. Dopo aver lasciato a malincuore le due volenterose donne di Poggi sensibili ai loro bisogni quotidiani, a cui erano molto affezionate, i problemi sono cominciati subito. “Siamo stati terribilmente ingannati, siamo stati portati nel paese di Pianazzo che dista un’ora di macchina da Chiavenna. Fa molto freddo qui, la casa è buia, c’è una stanza con un divisorio. Viviamo in una chiesa dove la campana suona costantemente e il bambino ha paura. – è l’amaro sfogo della donna ucraina - Non ci sono scuole, negozi e ospedali qui, solo condizioni terribili. Non c’è internet e mio figlio ha bisogno di una scuola per studiare. Ora sta piangendo perché non potrà seguire i suoi studi. Ci era stato detto che ci sarebbe stata la città di Kiavenna!! Perché siamo stati ingannati? Le donne che sono state al nostro fianco ci hanno proposto di riprenderci, ma non è stato possibile. Non abbiamo altro modo per tornare in Ucraina e non sapremmo come fare per raggiungerla. Sono molto delusa e spaventata, non so cosa fare, come uscire da qui! La mamma ha la pressione alta e non ha dormito e non si sente bene. Qui la stanza è piccola e il bambino ha pianto e ci ha tenuti svegli per tutta la notte. Non abbiamo bisogno di niente, venite solo a prenderci!”. Solo disperazione per chi non ha più niente e vive nel terrore di perdere i propri cari in guerra, affidandosi alla carità della gente. Evidente la delusione per la giovane mamma che nella capitale Kiev era docente di Arte all’università, con il marito in polizia e due fratelli insegnanti di musica spediti in guerra. Come farà il ragazzo a frequentare il liceo? Come affronterà la famiglia il gelido inverno? A rispondere la forza della disperazione: “Non resteremo qui in queste condizioni, stiamo pensando di tornare in Ucraina. Non è possibile che tutti vivano nella stessa stanza, con mia madre che non si sente bene”. “Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice ne la miseria”.
Nello Colombo
Quantomeno una verifica si impone e la Prefettura parrebbe la sede giusta (ndr)