Natale3. secondo Maria de Falco Marotta

3. Gli auguri (N2012) dal giorno del Ligari d'Argento

Davanti al Signore che viene:
sì, egli viene a giudicare la terra;
giudicherà il mondo con giustizia
e nella sua fedeltà i popoli(Sal 95).
Di: Maria de falco Marotta & Team
Oh, se qualcuno in questa nostra Italia sconquassata dagli intrighi politici ed economici di ogni genere che atterrano la povera gente, si ricordasse, almeno una volta, che il Natale per i cristiani non è solo “luminarie e regali di ogni genere”, ma anche “la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo”( Dalla lettera di san Paolo Apostolo a Tito ), sicuramente  i cittadini guarderebbero al Futuro con più speranza e serenità.  Vi sono dei segni che ci inducono a vivere l’attesa del Signore, con fiducia e gioia? Forse sì. Eccone alcuni .Un segno di “amicizia” con gli altri popoli, con tante celebrazioni diverse da quelle cristiane, è certamente il riconoscimento degli altri culti che con i migranti da varie parti del pianeta,  che sono ormai parte attiva della nostra Italia ( Cfr. i quotidiani del 12-12- 2012). - Il Culto del Sole e il “Natale” sono presenti da millenni prima del Cristianesimo presso i popoli e le culture del Mondo. A partire dalla preistoria, in moltissime culture antiche, tutte basate sulla raccolta dei frutti della terra, la pastorizia o sull’agricoltura, il Sole era talmente fondamentale da essere considerato una divinità o un fenomeno soprannaturale. Il culto ad esso tributato era centrale in molte civiltà, come quella inca, in Sud America, e azteca, nel Messico, ma anche nelle primitive religioni indù, fenice, persiane e siriane.
E- allora- come non richiamare Il loro “Natale”, in omaggio al nostro essere “fratelli” qualunque sia la nostra origine, perché il Signore Gesù è nato per salvarci davvero?
Storia
Il Natale ha radici  più antiche del Cristianesimo ed  e’ la celebrazione del Solstizio d’Inverno.
Nell’emisfero nord della Terra tra il 22 e il 24 dicembre il sole sembra fermarsi in cielo. In termini astronomici, in quel periodo il sole sembra raggiungere il punto di massima distanza dalla Terra e inverte il proprio moto. Sulla Terra perciò il buio della notte raggiunge la massima estensione e la luce del giorno la minima. Si verificano cioè la notte più lunga e il giorno più corto dell’anno: il Solstizio d’Inverno.
Subito dopo il solstizio comincia la nuova stagione, inizia la primavera astronomica, la luce del giorno torna gradatamente ad aumentare e il buio della notte a ridursi…… fino al solstizio d’estate, in giugno, quando avremo il giorno più lungo dell’anno e la notte più corta.
E’ l’eterno ritmo della Natura, che dopo averci fatto toccare il fondo delle giornate corte, oscure e fredde, ci riconduce nuovamente verso la stagione del sole, del grano, dei frutti e della vita.
Il giorno del solstizio cade generalmente il 21 o il 22, ma per l’inversione apparente del moto solare diventa visibile il terzo/quarto giorno successivo, cioè intorno al 24-26 dicembre.
Il sole, quindi, nel solstizio d’inverno giunge nella sua fase più debole quanto a luce e calore, pare precipitare nell’oscurità, pare destinato ad essere sconfitto dalle tenebre, e con lui tutti noi, che non potremmo sopravvivere senza di esso… ma poi pian piano si assiste alla sua riscossa. Il Sole ritorna forte, sconfigge il freddo e le tenebre e dona con sempre più forza la luce e la vita al mondo.
E il giorno in cui sembra rinascere e’ proprio il 25 Dicembre, il “Natale”, la nascita del Sole Infante, Sole Bambino, salvatore del mondo.
Questa interpretazione “astronomica” spiega perché il 25 dicembre sia una data celebrativa presente in culture e paesi estremamente distanti tra loro, dalle culture precolombiane dell’America ai celti in Europa fino ai popoli del Medio Oriente
- Il “Natale” di Mitra
I popoli persiani, siriani e babilonesi ritenevano che Mitra fosse nato intorno al 21-25 dicembre, nella notte più lunga dell’anno, l’inizio della lotta per il trionfo della Luce sull’Oscurità. Yalda - in persiano “nascita”, “nuovo inizio” o “solstizio d’inverno” - e’ un’antichissima parola persiana che appare in molti scritti antichi, come ad esempio nei lavori del profeta Mani. I persiani consideravano la Luce sacra in quanto essenza della Vita. Il Sole, in quanto ovvia manifestazione della luce, era venerato.
Mitra era il Dio del Sole Inconquistabile. Il dio della luce tra la terra e il cielo. La sua nascita simbolizza la fine della lunga notte e il ritorno del dominio del Sole. Il Mitraismo era prima dello zoroastrismo il culto più diffuso tra i popoli del mondo conosciuto, e se colgono tuttora i segni. Ne sono esempi clamorosi la scelta del 21 dicembre per la festa di Shab-e Yalda per i Persiani, o quella del 25 dicembre (anticamente ultimo giorno di festa per la nascita di Mitra) come data della nascita di Gesù per i Cristiani. Le celebrazioni religiose del Solstizio d’Inverno e della “rinascita” del Sole si sono svolte, oltre che in Persia, Babilonia e Siria, anche in Egitto e poi a Roma con i Saturnali. Durante le celebrazioni, che duravano un mese, si assisteva alla temporanea sovversione dell’ordine sociale: signori e servi si scambiavano i ruoli e il re veniva sostituito con una persona ordinaria, le leggi venivano in qualche modo allentate, i crimini permessi, qualche prigioniero graziato. Erano giorni di festa e dissolutezza, in cui omosessualità e travestitismo erano diffusi, anche i bambini potevano ubriacarsi insieme agli adulti e si organizzavano numerose  orge. Fino a che, dopo i giorni di “disordine”, l’ordine veniva restaurato nella notte più lunga dell’anno, quando nasceva Mitra (o Mehr): il Dio del Sole invincibile, giusto e illuminato, dispensatore di luce, amore e amicizia. Una metafora della Creazione, visto secondo i Babilonesi l’ordine nasceva dal caos. Ancora oggi i Persiani durante la veglia notturna di “Natale” tengono accese delle lanterne, per aiutare simbolicamente la vittoria della Luce sulle Tenebre.
-Il “Natale” zoroastriano
Nella Persia antica, prezoroastriana, il solstizio invernale era celebrato cantando l’inno che narrava la nascita del mondo. Con lo Zoroastrismo, religione nata nel VII-VI secolo AD, questa tradizione fu continuata.
Il “Natale zoroastriano”, chiamato Shab-e Yaldā (Persiano: یلدا) or Shab-e Chelleh (Persiano: شب چله), o semplicemente Yaldā, parola che significa “natività”, è una  festività che risale alla notte dei tempi. Originariamente è nata, in modo del tutto simile a quanto accadde in moltissime culture antiche, per festeggiare la notte più lunga dell’anno (nell’emisfero nord della Terra), cioè la vigilia del Solstizio d’Inverno, quando la Luce (simbolo del Bene e di Dio) vince sulle Tenebre (simbolo del Male) e le popolazioni antiche festeggiavano la “rinascita” del Sole. Col passare del tempo e con la successiva dominazione islamica il significato religioso della festività persiana dello Yalda si è perduto (come quello di altre celebrazioni zoroastriane), ma ancora oggi in Iran lo Yalda è una delle feste più importanti dell’anno, un giorno nel quale, in modo molto simile al Natale occidentale, le famiglia si riuniscono in un’atmosfera di gioia attorno a importanti banchetti e si sta svegli fino a notte fonda tra balli e canti, con un occhio particolare ai bambini, che simboleggiano il futuro. La tradizione di servire cibi particolari e frutta fresca, che spesso viene appositamente tenuta in congelatore sin dall’estate, è un retaggio dell’antica cerimonia di invocare le divinità in modo di proteggere il raccolto dal freddo dell’inverno e di propiziarsi la prosperità per l’anno venturo. In particolare si mangiano melograni e angurie, il cui colore rosso simboleggia un feto, una nuova vita, ma anche il calore e la bellezza dell’alba, lo splendore del Sole.
-  Il “Natale” degli Egiziani
Gli Egiziani, grazie alle loro straordinarie conoscenze astronomiche, già 4mila anni fa festeggiavano la rinascita del Sole nei giorni del Solstizio d’Inverno. Anche nella religione egizia il Sole era la divinità più notevole. Il faraone stesso, considerato una divinità in terra, era ritenuto il figlio del Sole. Le più antiche divinità solari erano Wadjet, Sekhmet, Hathor, Nut, Bast, Bat e Menhit. Hathor (identificata poi con Iside) generò e si prese cura di Horus (identificato in seguito con Ra). I moti del Sole nel cielo rappresentavano, secondo la concezione del tempo, una lotta ingaggiata dall’anima del faraone ed Osiride. Durante la diciottesima dinastia, il faraone Akhenaton tentò di trasformare la tradizionale religione politeista egizia in una pseudo-monoteista, nota come Atonismo. Tutte le divinità, compreso Amon, furono sostituite da Aton, la divinità solare che regnava sulla regione di Akhenaton. Diversamente dalle altre divinità, Aton non possedeva forme multiple: la sua unica effigie era il disco solare. Tale culto non sopravvisse a lungo dopo la morte del faraone che lo introdusse e ben presto il tradizionale politeismo fu riaffermato dagli stessi sacerdoti, che tempo prima avevano abbracciato il culto atonistico. Ad Alessandria d’Egitto l’adorazione del Sole ebbe la sua più completa espressione, prima dell’era Cristiana, nella grande festa del Natale di Horus. In quella ricorrenza le statue della Dea madre Iside, col piccolo Horus in grembo attaccato al seno, venivano portate in processione di notte verso i campi al lume della torre (la successiva iconografia della Madonna con Bambino deve molto o tutto alla precedente iconografia di Iside e Horus).
- Il “Natale” nell’antica Roma: i Saturnali
A Roma già 3 o 4 secoli prima della supposta nascita di Cristo si celebravano i Saturnali. I Saturnali erano delle celebrazioni eccezionali, in onore del Dio Saturno e in coincidenza con il Solstizio Invernale, avevano inizio il 17 o il 19 dicembre e si prolungavano fino al successivo 25 dicembre. Erano feste di gioia, di rinnovamento e di speranza per il futuro - un po’ come i nostri Natale a Capodanno insieme – c’erano grandi e sontuosi banchetti in famiglia, a volte sacrifici, a volte orge. Le gerarchie sociali venivano dimenticate, si viveva in pace, ci si scambiava dei doni, si saldavano i debiti, si sbrogliavano le controversie e si rinnovavano i contratti. Mezzo secolo prima della nascita di Cristo, a Roma fu introdotto il culto del Dio Sole. Questa introduzione fu opera, probabilmente, dalle legioni reclutate in Siria e dagli schiavi orientali. Il primo Dio solare di Roma fu Deus Sol Elagabalus, il secondo dio solare fu Sol Invictus, poi succedettero Sol Invictus Elagabalus e Sol Invictus Mithras. Nell’ anno 274 d.C., quando l’imperatore Aureliano, vista l’estrema popolarità del culto del sole, decise che il 25 dicembre si festeggiasse ufficialmente il Sole - culto del Sol Invictus (il Sole Imbattibile) - di cui l’imperatore stesso si proclamò suo supremo sacerdote. L’intenzione dell’imperatore era di dare a tutti i popoli dell’Impero Romano un solo Dio, o almeno una divinità comune da venerare senza necessariamente dover tradire i propri dei (Aureliano non perseguitò i seguaci di altre religioni). In sostanza, Aureliano cercò di implementare la politica di “un Dio, un Impero, un Imperatore”, politica che fu poi ripresa con successo da Costantino.
-Il “Natale” ebraico: Hanukkah
Può darsi che la scelta della data del 25 dicembre per la nascita del Cristo derivi dalla tradizione e dalla festa ebraica della luce, la Hanukkah, che cade il venticinquesimo giorno di Kislev e all’inizio del Tevet. Il mese di Kislev è comunemente accettato come coincidente con dicembre. In questo senso il Cristianesimo avrebbe ripetuto quanto già fatto per le principali festività cristiane come Pasqua o Pentecoste, che sono derivate dalle corrispondenti festività ebraiche.
-Il “Natale” di Celti e popoli nordici
Anche Celti e popoli germanici e nordici avevano la loro versione di Natale prima di Cristo.
Nemmeno il concetto di Dio sacrificato e rinato che fa partire una nuova vita o un nuovo anno e’ alieno a questi popoli “pagani”. Al contrario, sia i Celti che i popoli germanici condividevano questa credenza e la celebravano nei giorni del solstizio d’inverno, intorno al 25 dicembre del nostro calendario. Durante questa festività, i Celti decoravano un albero con candele e fiocchi per onorare Cerrano, il Dio “cornuto” della Foresta. Questa usanza divenne il nostro albero di Natale, nonostante nel periodo medievale Cerrano venne assimilato al Diavolo (e le seguaci della religione Wicca vennero bollate come “streghe”). Altre divinità minori vennero sovrapposte ai santi o divennero fate e spiriti della foresta, come il Green Man. L’agrifoglio e il vischio erano piante sacre per i druidi e anche queste vennero adottate come parte dell’armamentario del Natale cristiano. I festeggiamenti, i divieti di mangiare alcuni cibi e le bevute erano anche parte dei riti “pagani” che sono entrati di buon diritto nei rituali e tradizioni del Natale cristiano. In questo modo, il passaggio da una religione all’altra, e quindi da un sistema di organizzazione e controllo sociale a un altro, avvenne in modo meno traumatico.

In seguito….
Le celebrazioni del rito della nascita del Sole (il Natale del Sole infante, Dies Natalis Solis Invicti), a Roma come in Siria ed Egitto, erano di grande solennità e prevedevano che i celebranti, ritiratisi in appositi santuari, ne uscissero a mezzanotte, annunciando che la Vergine aveva partorito il Sole, raffigurato nelle sembianze di un infante. Tale culto del Sole perdurò sino all’avvento del Cristianesimo; il Natale del Sole, che cadeva alcuni giorni dopo il solstizio d’inverno (cioè il 25 dicembre) venne allora sostituito dal Natale di Gesù, considerato dai cristiani il “nuovo Sole del mondo”. Così il Natale a Roma fu trasformato da festa pagana a festa cristiana.
Secondo l’enciclopedia cattolica, la prima evidenza della celebrazione della nascita di Gesù nel giorno di Natale risale al 354 a Roma. Solo nei secoli successivi gli altri popoli accettarono la data. E , in tal modo, il racconto- secondo i Vangeli- della nascita di Gesù bambino, col bue e l’asinello, sostituì la celebrazione, seppur divinizzata, del Sole che torna a riavvicinarsi alla Terra e a dare la luce e la vita.
Domanda spinosa: Gesù nacque a Natale? Sicuramente NO.
Di Gesù non si conosce la eventuale data esatta di nascita –( forse il 2, forse il 4, forse il 7 d.C.?) – non si sa quando sia nato e su questo punto persino all’interno della Chiesa ci sono state controversie a non finire. Una cosa e’ certa: Gesù non nacque il 25 dicembre. La  data fu scelta dalla Chiesa in Occidente, perché era già una festività pagana, la festa romana Dies Natalis Invicti Solis, il compleanno del sole “non conquistato dalle tenebre”, cioè si festeggiava il solstizio invernale come il giorno in cui iniziavano ad allungarsi le giornate. Prima del 336 d.C., non potendo estirpare questa festività pagana, la Chiesa in Roma la spiritualizzò come festa della natività “del Sole di giustizia sorto a Betlemme”. (“Betlemme” significa “casa del pane”, il pane si fa col grano e il grano cresce grazie al sole). La decisione di celebrare la nascita di Cristo in coincidenza col solstizio d’inverno ha però inizialmente lasciato molti dubbi, dato che i Vangeli non esprimono la data in modo chiaro. Benché la scelta del 25 dicembre sia testimoniata già nel 243d.C, altre tradizioni erano seguite in diversi luoghi. La scelta del 25 dicembre, quindi, fu stabilita in buona parte per motivi “politici” in modo da sovrapporsi al culto del Sol invictus. Il Cristianesimo inserì nelle proprie concezioni religiose tradizioni popolari preesistenti, e fu così che il giorno natalizio del dio solare e agricolo dell’Egitto e della Persia, e poi di Roma, cadente nel solstizio d’inverno, diventò il Natale cristiano. Allo stesso modo, la statua di Iside che allatta Horus diventò quella della Madonna che allatta il sacro Bambino. Anche Iside, come altre divinità dell’Antico Mediterraneo, partorì vergine (Cfr.: Virgin Mother Goddesses of Antiquity, M.Rigoglioso, 2010).
Non fu facile, però, perché utilizzare la data del 25 dicembre significava mettersi in contrasto col racconto evangelico di S. Luca, il più completo sull’argomento, il quale narrando di pastori che passano la notte all’aperto evocava piuttosto un ambiente primaverile, che non il freddo periodo invernale. Poi c’era la precedente tradizione cristiana che fissava la nascita di Cristo in un giorno di primavera: Clemente di Alessandria l’aveva stabilita il 19 aprile, altri padri della Chiesa il 18 aprile, altri ancora il 29 maggio e il 28 marzo.
Fu dopo molte discussioni ed esitazioni che i vescovi di Roma scelsero il 25 dicembre. Il vescovo siriano Jacob Bar-Salibi scrive nel XX secolo: « Era costume dei pagani celebrare al 25 dicembre la nascita del Sole, in onore del quale accendevano fuochi come segno di festività. Anche i Cristiani prendevano parte a queste solennità. Quando i dotti della Chiesa notarono che i Cristiani erano fin troppo legati a questa festività, decisero in concilio che la “vera” Natività doveva essere proclamata in quel giorno. » La confusione fra i culti continuò per alcuni secoli. Ancora ottanta anni dopo l’editto di Teodosio, che proibiva i culti diversi dal cristianesimo, nel 460, il papa Leone I sconsolato scriveva: « È così tanto stimata questa religione del Sole che alcuni cristiani, prima di entrare nella Basilica di San Pietro in Vaticano, dopo aver salito la scalinata, si volgono verso il Sole e piegando la testa si inchinano in onore dell’astro fulgente. Siamo angosciati e ci addoloriamo molto per questo fatto che viene ripetuto per mentalità pagana. I cristiani devono astenersi da ogni apparenza di ossequio a questo culto degli dei. »( Cfr.:Papa Leone I, 7° sermone tenuto nel Natale del 460 – XXVII-4).
Allora?
E’ chiaro che la religione cristiana, anche per quanto riguarda la nascita del suo Dio che si fa uomo, Gesù, si limita a recuperare, cambiare e aggiustare alle proprie esigenze “politiche” le precedenti tradizioni religiose ‘pagane’ e contadine, legate alla Natura e al mondo rurale. Il risultato e’ che oggi nulla  ricordiamo della festa del Fuoco e del Sole, della festa della divinità della luce Mitra, dei grandi banchetti, dei sacrifici, degli scambi dei doni e (a volte) delle orge dei Saturnali romani, un periodo in cui tra l’altro venivano abbandonate le divisioni sociali e si viveva in pace. Non  ci accorgiamo come in questi giorni il Sole pare fermarsi e morire, per poi tornare a vincere la sua eterna battaglia con le Tenebre. Non guardiamo più il cielo, occupati come siamo a lavorare per ottenere del denaro e poi poterlo scambiare con oggetti di diverse forme e colori. Oggetti di cui spesso non abbiamo bisogno, e buttiamo via alla prima occasione. Sarebbe bello fermarsi un momento, mettere da parte le tante favole strampalate e limitarsi a contemplare lo spettacolo della Natura, sempre nuovo e sempre uguale, e meditare su quanto siamo fortunati a poter vivere, seppur solo per una volta e solo qualche decennio, nell’unico vero Paradiso che abbiamo, cioè la nostra bellissima terra che- pare- secondo le profezie Maya, finirà molto presto.
Noi crediamo all’unico Signore Dio, nostro padre che ci ha dato Gesù, quel bimbo amorevole e nudo che stende le braccia proprio a tutti per essere solidali, attenti, fiduciosi  e camminare verso il futuro in pace, proprio come annunciarono gli angeli sulla grotta di Betlemme.

 

 

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