Alberi urbani. Perchè curarli e conservarli invece che abbatterli

Franco Tassi - PERCHE’ OCCORRE CONSERVARE, E CURARE GLI ALBERI URBANI, ANZICHE’ ABBATTERLI.  Spesso, a giustificazione dell’abbattimento delle alberature urbane di viali e giardini (e di boschi, foreste e pinete peri-urbani), viene addotto il motivo imprescindibile e urgente di una pretesa pericolosità delle piante, o della presenza di gravi attacchi di parassiti, oppure dell’età ormai troppo avanzata. Questa pratica, priva di qualsiasi base scientifica, risulta del tutto infondata, e per di più tende a consolidare errori molto gravi sul piano ecologico, naturalistico e panoramico, colpendo specialmente il bellissimo e utilissimo Pino domestico (o Pino a ombrello, Pino da pinoli), certamente l’albero più caratteristico del Paesaggio Italiano.

Va premesso che esistono sicuramente, e sono stati talvolta causa di gravi incidenti, alcuni alberi a rischio di caduta (soprattutto con maltempo, venti forti, uragani e nevicate), e quindi da individuare e mettere in sicurezza con urgenza, o nei casi estremi addirittura da rimuovere. Ma va chiarito che questo pericolo non va addebitato all’albero, apportatore di molteplici benefici, bensì alle carenze e colpe umane: primo, per mancanza di controlli e interventi di salvaguardia; secondo, per il fatto che i Pini più vulnerabili (con apparato radicale superficiale) si trovano a breve distanza dalle strade a rapido scorrimento; terzo, perché lungo queste strade vengono adottate pessime tecniche, riparando l’asfalto a prezzo di pesanti tagli all’apparato radicale, che causano lo squilibrio della pianta, facendola quindi inclinare, e infine crollare. Anche la presenza di tronchi cavi, rami e fronde in disseccamento, con attacchi da parte di insetti o funghi, non costituisce valida ragione per l’abbattimento, trattandosi nella stragrande maggioranza di “parassiti secondari”, che non attentano alla sopravvivenza dell’albero, ma ne costituiscono un fenomeno normale, da seguire con attenzione e curare in modo leggero, e mai invasivo. Gli insetti fitoxylofagi, che nelle parti arboree più elevate svolgono anche un ruolo di alleggerimento e potatura delle chiome, costituiscono in realtà la base alimentare per numerosi uccelli, che sono parte essenziale del paesaggio vivente e dell’ecosistema urbano. Quanto alle potature, che talvolta possono rendersi necessarie, non si può tacere che certe rudimentali tecniche seguite , scolpendo tronchi sgraziati, deformati e focomelici, sembrano rivolte più all’avido accaparramento di abbondante materiale legnoso, che alla cura attenta del patrimonio arboreo.
In altre parole, gli alberi pericolanti vanno certamente individuati e controllati, ma esistono oggi metodi scientifici avanzati, che consentirebbero di intervenire soltanto in casi limitati (pari a circa un decimo delle piante che oggi vengono condannate a morte), salvando quindi tutte le altre.
Resterebbe poi da spendere una parola chiara e risolutiva sulla longevità degli alberi, sfatando anzitutto la leggenda secondo cui il Pino domestico non potrebbe superare i 70 anni di età (sic!) (comoda bugia, architettata in passato a vantaggio dei “pinottolai”, ovvero dei raccoglitori di pinoli). Nulla di più falso! Anzitutto, perché l’albero è per sua natura un essere vivente a “crescita indefinita”, per cui in condizioni favorevoli di suolo, esposizione, clima e cure può raggiungere, come è ben noto, età, dimensioni e caratteristiche eccezionali. Ma anche in una situazione normale, un Pino può vivere per un secolo, e assai di più. Per convincersene, basterebbe osservare le opere artistiche dei secoli scorsi, oppure fare riferimento agli studi recenti, che dimostrano che il Pino domestico – come del resto molti altri alberi dei viali cittadini: Platano, Bagolaro, Leccio, Quercia, Olmo, Acero, Tiglio, Pioppo, Sofora, Albizzia, Melia, Catalpa, Paulownia e così via – può diventare una pianta maestosa e secolare. E talvolta può raggiungere e superare, in ottima salute, i 200 anni di vita (come è stato scientificamente dimostrato nella Pineta di Fregene),
In conclusione, non sussistono validi motivi culturali, logici, giuridici, socioeconomici, estetici, scientifici, ecologici, biologici, naturalistici, o d’altro genere, che possano avallare questa pratica dilagante di tagli ingiustificati, che sta depauperando il patrimonio arboreo della Capitale, e dell’Italia stessa. E nell’ipotesi che qualcuno volesse sostenere il contrario, spetterebbe comunque ai responsabili delle decisioni e ai loro esecutori dimostrarlo in modo inequivocabile, prima di procedere a qualsiasi abbattimento. ( Campagna #salviamolaforestale. )
 

Franco Tassi
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