Don Ferrante Patrono dei NO VAX - Simil-papiro e deduzione

NO VAX di varia estrazione e di varie motivazioni, per Voi due testi interessanti. Il primo ha un autore illustre, amabilmente in dialetto meneghino Don Lisander, per i non lombardi Alessandro Manzoni. Capitolo XXXVII de "I Promessi Sposi", eccoVi un protagonista, nientemeno che il dotto, erudito Don Ferrante alle prese con la pandemia del suo tempo con i problemi pro e contro tal quali come quelli nostri odierni della nostra pandemia odierna.

Don Ferrante e la sua pandemia (allora peste)

Dice adunque che, al primo parlar che si fece di peste, don Ferrante fu uno de' più risoluti a negarla, e che sostenne costantemente fino all'ultimo, quell'opinione; non già con ischiamazzi, come il popolo; ma con ragionamenti, ai quali nessuno potrà dire almeno che mancasse la concatenazione.
          "In rerum natura," diceva, "non ci son che due generi di cose: sostanze e accidenti; e se io provo che il contagio non può esser né l'uno né l'altro, avrò provato che non esiste, che è una chimera. E son qui. Le sostanze sono, o spirituali, o materiali. Che il contagio sia sostanza spirituale, è uno sproposito che nessuno vorrebbe sostenere; sicché è inutile parlarne. Le sostanze materiali sono, o semplici, o composte. Ora, sostanza semplice il contagio non è; e si dimostra in quattro parole. Non è sostanza aerea; perché, se fosse tale, in vece di passar da un corpo all'altro, volerebbe subito alla sua sfera. Non è acquea; perché bagnerebbe, e verrebbe asciugata da' venti. Non è ignea; perché brucerebbe. Non è terrea; perché sarebbe visibile. Sostanza composta, neppure; perché a ogni modo dovrebbe esser sensibile all'occhio o al tatto; e questo contagio, chi l'ha veduto? chi l'ha toccato? Riman da vedere se possa essere accidente. Peggio che peggio. Ci dicono questi signori dottori che si comunica da un corpo all'altro; ché questo è il loro achille, questo il pretesto per far tante prescrizioni senza costrutto. Ora, supponendolo accidente, verrebbe a essere un accidente trasportato: due parole che fanno ai calci, non essendoci, in tutta la filosofia, cosa più chiara, più liquida di questa: che un accidente non può passar da un soggetto all'altro. Che se, per evitar questa Scilla, si riducono a dire che sia accidente prodotto, dànno in Cariddi: perché, se è prodotto, dunque non si comunica, non si propaga, come vanno blaterando. Posti questi princìpi, cosa serve venirci tanto a parlare di vibici, d'esantemi, d'antraci... ?"
          "Tutte corbellerie," scappò fuori una volta un tale.
         "No, no," riprese don Ferrante: "non dico questo: la scienza è scienza; solo bisogna saperla adoprare. Vibici, esantemi, antraci, parotidi, bubboni violacei, furoncoli nigricanti, son tutte parole rispettabili, che hanno il loro significato bell'e buono; ma dico che non han che fare con la questione. Chi nega che ci possa essere di queste cose, anzi che ce ne sia? Tutto sta a veder di dove vengano."
         Qui cominciavano i guai anche per don Ferrante. Fin che non faceva che dare addosso all'opinion del contagio, trovava per tutto orecchi attenti e ben disposti: perché non si può spiegare quanto sia grande l'autorità d'un dotto di professione, allorché vuol dimostrare agli altri le cose di cui sono già persuasi. Ma quando veniva a distinguere, e a voler dimostrare che l'errore di que' medici non consisteva già nell'affermare che ci fosse un male terribile e generale; ma nell'assegnarne la cagione; allora (parlo de' primi tempi, in cui non si voleva sentir discorrere di peste), allora, in vece d'orecchi, trovava lingue ribelli, intrattabili; allora, di predicare a distesa era finita; e la sua dottrina non poteva più metterla fuori, che a pezzi e bocconi.
         "La c'è pur troppo la vera cagione," diceva; "e son costretti a riconoscerla anche quelli che sostengono poi quell'altra così in aria... La neghino un poco, se possono, quella fatale congiunzione di Saturno con Giove. E quando mai s'è sentito dire che l'influenze si propaghino...? E lor signori mi vorranno negar l'influenze? Mi negheranno che ci sian degli astri? O mi vorranno dire che stian lassú a far nulla, come tante capocchie di spilli ficcati in un guancialino?... Ma quel che non mi può entrare, è di questi signori medici; confessare che ci troviamo sotto una congiunzione così maligna, e poi venirci a dire, con faccia tosta: non toccate qui, non toccate là, e sarete sicuri! Come se questo schivare il contatto materiale de' corpi terreni, potesse impedir l'effetto virtuale de' corpi celesti! E tanto affannarsi a bruciar de' cenci! Povera gente! brucerete Giove? brucerete Saturno?"
         His fretus, vale a dire su questi bei fondamenti, non prese nessuna precauzione contro la peste; gli s'attaccò; andò a letto, a morire, come un eroe di Metastasio, prendendosela con le stelle.

Difetto: non vola
Non si prenda quanto diremo come divagazione perché in realtà é una cosa molto seria. Si usa un elemento aneddotico per portare l'attenzione sulla saggezza popolare, quella tramandataci nei proverbi. Nella nostra fattispecie calza a pennello il detto. "Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire". Ecco quindi un piccolo esempio:

Un tempo, quando la goliardia era di casa nelle Università, le matricole dovevano avere oltre al tesserino universitario, quello ufficiale, anche un documento "ufficiale" della goliardia: il papiro. Rogorosissime regole stabilivano cosa doveva contenere e regole non scritte prescrivevano modi e qualità. Ogni matricola, avvicinata dagli "anziani" doveva esibirlo e scontare le conseguenze se c'era qualcosa fuori posto. Si andava da qualche aspetto burlesco, all'offerta di sigarette, all'offerta da bere e fino a veri e propri "processi" nel caso di mancanze gravi. Di rado capitava che tutto fosse a posto. Quando, controllato come al microscopio questo papiro nulla c'era da obiettare, anche in termini di qualità, l'anziano apriva le dita che lo tenevano, lo lasciava andare e quello, per la newtoniana gravità, calava verso terra. Esclamazioni di disappunto e rimprovero degli anziani: "Ma come, questo papiro non vola!", e il nalcapitato doveva comunque pagare pegno. Ecco appunto "Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire"
Siamo drammaticamente camente in una situazione simile? 
La risposta sempre dalla saggezza popolare: "Chi è causa del suo mal pianga se stesso".

GdS

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