LE ULTIME (IMPORTANTI) DI GIOVANNI D'AGATA (x): 1) etichette, 2) Miele, 3) Pompieri (11 settembre) 4) Virus del Nilo 5) Alcol 11 9 10 15

1) ETICHETTE

Dall'Unione Europea, etichette trasparenti per consumatori consapevoli con più informazioni sulle confezioni

Purtroppo le etichette sulle confezioni dei prodotti alimentari non sono così trasparenti come dovrebbero essere perché le varie normative nazionali hanno accumulato ritardi nel rispondere alle esigenze dei consumatori che desiderano sempre più essere consapevoli ed informati e comprendere effettivamente ciò che si acquista al supermarket.

Come di sovente accade, è l'Unione Europea che fà i passi avanti nella tutela dei diritti dei consumatori introducendo regole vincolanti per gli Stati membri, così come dovrà essere obbligatoriamente fatto anche per quanto riguarda l'etichettatura degli alimenti in tutti i Paesi dell'UE.

Le nuove etichette "europee" avranno inevitabilmente più voci obbligatorie già a partire dalla lista degli ingredienti che troppo spesso allo stato attuale si rivelano scarne o incomprensibili ai profani.

Per tali ragioni verrà introdotta in forma di tabella, un elenco delle più importanti sostanze nutritive sempre per 100 grammi o 100 millilitri di prodotto, in modo da poter comparare gli articoli alimentari direttamente al supermercato.

Tra le importantissime novità introdotte e che rispondono alle richieste delle associazioni dei consumatori del Vecchio Continente vi è l'obbligo di etichettatura del Paese d'origine per la carne di maiale, il pollame, gli ovini e i caprini che si aggiunge a quella bovina già introdotta a partire dal 2000, anche se è al vaglio della legislazione comunitaria l'inserimento di tale vincolo anche per tutti i prodotti in cui la carne sia utilizzata come ingrediente.

Inoltre la confezione riporterà sulla parte anteriore anche chiaramente i cosiddetti prodotti imitati sia per la carne che per il pesce.

Giovanni D'Agata, (x) ritiene che è da evidenziare anche un ulteriore intervento in materia di etichettatura da parte del legislatore europeo riguardo agli allergeni, troppo spesso tenuti nascosti e causa di gravi conseguenze per la salute dei cittadini: secondo quanto prevede la normativa che entrerà in vigore in tutta l'UE, all'interno della lista degli ingredienti, saranno evidenziati in modo da poter essere riconosciuti subito tutti gli agenti allergici, in modo che un soggetto allergico o intollerante a determinati prodotti non avrà bisogno di perdere ore al supermercato per studiare la lista degli ingredienti.

Nel frattempo, chiediamo che tutte le imprese del settore alimentare facciano uno sforzo anche prima dell'entrata in vigore della normativa, perché la trasparenza e la chiarezza sono foriere di benefici per tutti e siamo certi che le imprese che adotteranno queste politiche in autonomia saranno premiate dagli stessi consumatori.

2) MIELE

La Corte europea vieta la vendita di miele geneticamente modificato. Ora il miele di importazione deve essere controllato.

La Corte europea con la sentenza del 06/09/2011 nel procedimento C-442/09, ha affermato che il miele non possa essere venduto se contiene polline proveniente da piante geneticamente modificate perché il miele, che contiene tali pollini, legalmente sono considerati alimenti geneticamente modificati in quanto sono destinati ad essere ingeriti dall'essere umano. Anche la minima traccia di materiale geneticamente modificato richiede una valutazione di sicurezza e un'autorizzazione. In tal caso la tutela della salute umana richiede che venga prestata la debita attenzione al controllo dei rischi derivanti dall'immissione deliberata nell'ambiente di OGM..

Secondo la Corte la libera circolazione degli alimenti e dei mangimi sicuri e sani costituisce un aspetto essenziale del mercato interno e contribuisce in modo significativo alla salute e al benessere dei cittadini, nonché alla realizzazione dei loro interessi sociali ed economici.

Pertanto conseguentemente, gli alimenti geneticamente modificati dovranno essere sottoposti a una valutazione della sicurezza tramite una procedura comunitaria prima di essere immessi sul mercato.

Si legge nella sentenza, "L'art. 36a della legge in materia di ingegneria genetica (Gentechnikgesetz; in prosieguo: la «GenTG»), introdotto dalla legge 21 dicembre 2004 (BGBl. 2005 I, pag. 186), è formulato come segue:

«Il trasferimento di determinate caratteristiche di un organismo che dipendono da lavori di ingegneria genetica costituisce, così come eventuali altre immissioni di [OGM], un'alterazione sostanziale ai sensi dell'art. 906 del codice civile [Bürgerliches Gesetzbuch; in prosieguo: il "BGB"], se, contrariamente alle intenzioni dell'avente titolo, a causa di tale trasferimento o altra immissione i prodotti, segnatamente,

1) non possono essere immessi in commercio, o

2) possono essere immessi in commercio, ai sensi della presente legge o di altre disposizioni, solo etichettati in modo da segnalare la modificazione genetica (…)».

Nel 1998 la Monsanto Europe, in attuazione della decisione della Commissione 22 aprile 1998, 98/294/CE, concernente l'immissione in commercio di granturco geneticamente modificato (Zea mays L. Linea MON 810), a norma della direttiva del Consiglio 90/220/CEE (GU L 131, pag. 32), ha ottenuto un'autorizzazione all'immissione in commercio del mais geneticamente modificato MON 810 La coltivazione del mais MON 810 è stata vietata in Europa che ha disposto la sospensione temporanea dell'autorizzazione all'immissione in commercio.

Il mais MON 810 contiene un gene del batterio del terreno bacillus thuringiensis (Bt), che secerne tossine Bt nella pianta di mais. Tali tossine consentono di combattere le larve della piralide del mais, una farfalla parassita del mais le cui larve, in caso di infestazione, pregiudicano lo sviluppo della pianta. Le tossine Bt distruggono le cellule dell'apparato digerente delle larve causandone la morte.

Del polline, raccolto dalle api e riposto in talune parti dell'alveare ai fini dell'alimentazione, può finire con l'essere incorporato nel miele sia accidentalmente, attraverso le api stesse durante la produzione del miele, sia tecnicamente, mediante intervento dell'apicoltore, per effetto della centrifugazione dei favi durante la raccolta del miele, che determina l'estrazione, oltre che del contenuto degli alveoli in cui si trova il miele, anche del contenuto di alveoli vicini destinati allo stoccaggio del polline.

Nel 2005, nel polline di mais estratto dal sig. Bablok dagli alveari posti a una distanza di 500 m dai terreni del Freistaat Bayern è stata riscontrata la presenza, da un lato, di DNA di mais MON 810, nella misura del 4,1% rispetto al DNA complessivo del mais, e, dall'altro, di proteine transgeniche (tossina Bt).

Peraltro, è stata rilevata in alcuni campioni di miele del sig. Bablok la presenza di esigui quantitativi di DNA di mais MON 810, derivante dall'immissione di polline di tale mais.

Secondo Giovanni D'Agata le autorità italiane sono tenute a fare le indagini e poi, se dovessero trovare tracce di organismi non autorizzati geneticamente modificati dovrebbero ordinare il ritiro immediato dal mercato. È infatti è reato punibile ai sensi delle leggi che regolamentano l'ingegneria genetica commercializzare prodotti geneticamente modificati ove non espressamente autorizzati a seguito di procedure comunitarie.

3) POMPIERI (11 settembre)

11 settembre 2001 - 11 settembre 2011: per i pompieri dei soccorsi, il 19% in più di rischio di tumori. In Italia chi tutela i Vigili del Fuoco?

L'11 settembre prossimo saranno passati già dieci anni dal tragico evento che ha sconvolto il mondo, ma nonostante il decorso del tempo sembra che l'attentato continui a mietere vittime.

Secondo uno studio pubblicato dalla prestigiosa rivista medica "The Lancet" altre conseguenze negative avrebbe causato l'attacco tra le quali vengono inclusi anche i carcinomi conseguenti all'esposizione alla nube tossica sollevata dal crollo delle Torri Gemelle. Tra le persone maggiormente coinvolte, inevitabilmente vi sono i vigili del fuoco, oggi icona dell'eroismo per tutta la popolazione americana e non solo.

In seguito all'attacco, oltre ai due grattacieli, furono distrutti oltre 50mila computer contenenti sostanze fortemente cancerogene che si polverizzarono nell'aria circostante, liberando nell'atmosfera la loro tossicità. Se a subirne le conseguenze è stata, in generale, tutta la popolazione della città - di recente è stato stimato che l'influenza nociva sia arrivata a toccare il New Jersey - i danni peggiori, secondo quanto pubblicato su "The Lancet" - la più attendibile ricerca condotta fino a oggi in materia - sono stati subiti dai vigili del fuoco che parteciparono ai soccorsi al World Trade Center con il 19% di probabilità in più di ammalarsi di tumore rispetto ai colleghi che furono esclusi dalle operazioni.

La ricerca è stata realizzata dallo stesso celeberrimo "New York Fire Department" che ha preso in analisi un campione di quasi 10mila pompieri, con precisione 9.853, e i risultati hanno confermato un aumento del pericolo di tumori di qualsiasi tipo che lungi dal voler essere un vero e proprio allarme di una'epidemia è solo l'attestazione di un maggior rischio di poter contrarre malattie gravi.

Un altro studio, condotto dalla Scuola di medicina Mount Sinaï di New York, ha stabilito, infatti, che tra i pompieri che lavorarono nel 2011 dopo l'attentato presso il World Trade Center il 28% soffre d'asma, il 42% di sinusite, il 39% di reflusso gastro-esofageo. Ancora, quasi la metà di loro ha capacità respiratorie compromesse, il 28% soffre di depressione, il 32% di stress post-traumatico e il 21% di panico.

E se in America tale studio ha già aperto un serio dibattito sull'indennizzabilità delle patologie per chi si espose alla nube post attentato, tant'è che si discute per un'estensione della tabella delle malattie risarcibili con il fondo ("September 11th Victim Compensation Fund"), creato dal governo federale per il trattamento, il risarcimento e il monitoraggio di chi soffre di problemi di salute in conseguenza di Ground Zero - che però esclude ancora i tumori dalle patologie indennizzabili -, anche perché per ora la scienza ufficiale ha escluso nessi tra attentato e neoplasie o cancri, vi è da dire che anche in Italia i Vigili del Fuoco, sono esposti, specie nella stagione estiva, ma non solo, all'esposizione a fumi che troppo spesso hanno contenuto tossico, ma non ci risulta che le tutele predisposte siano adeguate rispetto allo straordinario e pericoloso lavoro che quotidianamente svolgono.

Per Giovanni D'Agata (x) a prescindere che non risultano studi ufficiali sull'incidenza di malattie conseguenti all'esposizione a sostanze e fumi tossici per questa specifica categoria professionale è opportuno che anche in Italia si apra un serio dibattito per garantire a quest'indispensabile forza di polizia tutte le più ampie garanzie in primo luogo a livello di profilassi per evitare che l'esposizione a sostanze tossiche non crei danni permanenti o futuri a questi nostri eroi di tutti i giorni.

4) VIRUS DEL NILO

Allerta infezione del Virus del Nilo occidentale (WNV) in Europa

L'ufficio regionale per l'Europa dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.), insieme a partner chiave − come il centro europeo per la prevenzione delle malattie e controllo (ECDC), la rete europea per la diagnosi di malattie virali d'importazione (ENIVD) e la rete per il controllo delle malattie trasmissibili nell'Europa meridionale e nei paesi del Mediterraneo (EpiSouth) − hanno provveduto di recente ad un attento monitoraggio della situazione regionale del Virus del Nilo occidentale (WNV).

I laboratori hanno confermato che in un certo numero di paesi europei sono stati evidenziati casi di infezione da WNV. Dall'inizio di luglio, all'11 agosto 2011, l'infezione è stata ufficialmente segnalata in Albania (2 casi), Grecia (22), Israele (6), Romania (1) e nella Federazione russa (11).

L'allerta che ne è scaturita riflette la maggiore consapevolezza tra gli operatori sanitari ed i laboratori sulla maggiore resistenza del virus favorita dalle condizioni meteorologiche propizie causate da precipitazioni e temperature elevate che hanno portato ad un notevole aumento della presenza di specie di zanzare del tipo Aedes e Culex nel bacino del Mediterraneo ed oltre.

Tale primo campanello d'allarme avrebbe incoraggiato gli Stati membri a implementare misure adatte al fine di ridurre al minimo l'impatto di un potenziale focolaio WNV nei paesi a rischio.

Vi è da specificare che negli esseri umani, l'infezione WNV è spesso una malattia febbrile asintomatica o lieve. Solo all'incirca il 20% delle persone che vengono infettate da WNV sviluppa poi i sintomi più gravi. Si stima, infatti, che circa 1 persona su 150 persone infettata con il virus del Nilo occidentale svilupperà una forma più grave della malattia (detta anche malattia neuro-invasiva).

Tra le categorie più a rischio vi sono persone di età superiore ai 50 e gli immunodepressi (ad esempio, i pazienti sottoposti a trapianto).

Tenendo conto, quindi, che l'80% degli infettati con WNV sono asintomatici e meno di 1% presenta sintomi gravi come meningite o encefalite, gli operatori della sanità dovrebbero adottare strategie preventive per evitare la possibilità di epidemie durante i periodi più a rischio. A causa dell'indisponibilità di un vaccino contro l'infezione umana WNV, la prevenzione clinica svolge un ruolo fondamentale nel ridurre la possibilità di esiti gravi della malattia.

A livello nazionale, i laboratori dovrebbero essere già in grado e pronti ad effettuare la diagnosi.

Secondo Giovanni D'Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale "Tutela del Consumatore" di Italia dei Valori e fondatore dello "Sportello dei Diritti" gli sforzi dei governi per prevenire la trasmissione della malattia dovrebbero concentrarsi principalmente sulla protezione personale e globale contro le punture di zanzara e la popolazione, soprattutto nelle zone colpite, dovrebbe essere informata circa le caratteristiche tipiche della malattia ed agire attraverso strategie di controllo già a partire dall'ambiente domestico. Inoltre, un'attenta attività di sorveglianza veterinaria e sull'uomo potrebbe essere determinante nell'aiutare le autorità sanitarie ad attuare misure di controllo già alla fonte.

5) ALCOL

Duemilioni e mezzo di decessi ogni anno nel mondo causati dall'alcol. Troppe le patologie conseguenti ed i rischi sociali. In Italia l'Istituto Superiore di Sanità lancia l'allarme della sindrome feto-alcolica: 7 neonati italiani su 100 sono a rischio.

L'abuso di alcol è un problema globale che compromette lo sviluppo individuale e sociale in tutto il pianeta. La conseguenza di questa vera e propria piaga sono 2,5 milioni di morti ogni anno nel mondo. È noto, peraltro, che provochi danni ben oltre la salute fisica e psicologica del bevitore danneggiando il benessere e la salute delle persone che bevono. Ma le persone intossicate possono danneggiare gli altri: mettono a rischio di incidenti stradali o comportamenti violenti o influenzano negativamente i colleghi di lavoro, parenti, amici o estranei. Così, l'impatto dell'uso nocivo dell'alcol raggiunge tutti gli ambiti della società.

L'abuso è un fattore determinante per disturbi neuropsichiatrici, tra gli altri anche l'epilessia ed altre malattie come quelle cardiovascolari, cirrosi del fegato e vari tipi di cancro. L'uso nocivo dell'alcol è anche associato con diverse malattie infettive come l'HIV/AIDS, la tubercolosi e le infezioni sessualmente trasmissibili (MST). Questo in conseguenza del fatto che il consumo di alcol indebolisce il sistema immunitario e ha un effetto negativo sull'aderenza dei pazienti al trattamento antiretrovirale.

Una parte rilevantissima dei danni conseguenti all'abuso sono da ravvisarsi nelle lesioni involontarie e intenzionali, e tra queste gli incidenti stradali, la violenza ed i suicidi che vanno a coinvolgere in maniera sempre più eclatante le categorie più giovani.

Il grado di rischio per l'abuso di alcol varia con l'età, il sesso e altre caratteristiche biologiche del consumatore. Inoltre, ha un ruolo importante il livello di esposizione alle bevande alcoliche e l'impostazione e il contesto in cui si beve. Ad esempio, l'alcol è il terzo fattore di rischio più grande del mondo per lo sviluppo di malattie; è il principale fattore di rischio nel Pacifico occidentale e le Americhe e il secondo più grande in Europa. Peraltro, risulta che nel solo anno passato ben 320.000 giovani di età compresa fra i 15 e 29 anni sono morti per cause alcol-correlate, pari al 9% di tutte le morti in quel gruppo di età.

Il consumo di alcol da parte delle gestanti può causare la sindrome alcolica fetale e può determinare complicazioni alla nascita, che sono nocive per la salute e lo sviluppo dei neonati.

In Italia 7 neonati su 100 sono stati esposti al consumo di alcol nel grembo materno. Si tratta dei primi dati italiani rilevati dal uno studio dell'Istituto Superiore di Sanità e diffusi nell'ambito di una conferenza stampa in occasione della prima Giornata internazionale della consapevolezza sulla sindrome feto-alcolica. Lo studio multicentrico di prossima pubblicazione è stato condotto attraverso un biomarcatore, l'etilglucuronide, in grado di rilevare l'esposizione all'alcol nel meconio, le prime feci dei neonati. Il gruppo di studio, capeggiato dalla dottoressa Pichini ha messo in luce che c'è un consumo di alcol in gravidanza sottostimato o non riconosciuto da parte delle donne che partoriscono: l'analisi sul meconio di 607 neonati, infatti, ha rivelato un'esposizione media del 7.6% di neonati, con una distribuzione nelle diverse città campione dello studio molto diversificata: da uno 0% nella neonatologia di Verona ad un 29% nella neonatologia dell'Umberto I di Roma.

Secondo Giovanni D'Agata (x) da anni impiegato in una battaglia senza tregua all'abuso dell'alcol ritiene che sia giunta l'ora di adottare una strategia globale che attraverso un impegno collettivo da parte delle istituzioni possa ridurre questa vera e propria piaga in grado di minare le basi della società e dai costi sociali impressionanti. Non c'è più tempo, perché troppe vite umane vengono spezzate per conseguenze dirette ed indirette del consumo di alcol. Informare ed educare sui rischi e i problemi conseguenti può essere determinante per ridurre notevolmente la possibilità che altre morti e malattie si verifichino in futuro.

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