CNDDU: Giornata Mondiale della Donna 2022

Il Coordinamento Nazionale dei Docenti della Disciplina di Diritti Umani in occasione della Giornata Mondiale della Donna 2022 intende, come ogni anno, ripercorrere le conquiste sociali, economiche e politiche raggiunte dalle donne nel corso della storia e riflettere su quanta strada ancora c’è da percorrere per il raggiungimento della vera parità di genere, obiettivo agognato dell’Agenda 2030.
La storia di questa giornata è profondamente radicata nelle pagine più significative del ’900.
Attraverso la risoluzione 32/142 l’ONU stabilì nel 1977 che l’8 marzo sarebbe diventato ufficialmente la “Giornata delle Nazioni Unite per i Diritti delle Donne e per la Pace Internazionale”.
La Giornata Internazionale della Donna ebbe una genesi strettamente collegata al clima politico di inizio’900, quando la popolazione femminile iniziava ad organizzarsi per reclamare maggiori diritti, in particolar modo quello di voto.
Fu il Partito Socialista americano a lanciare l’idea di una giornata dedicata all’importanza delle donne all’interno della società.
Successivamente, questa idea venne ripresa durante la seconda Conferenza Internazionale delle Donne Socialiste tenutasi a Copenaghen, in Danimarca.
Nel nostro Paese si diffuse agli inizi del ‘900 e fu molto sentita soprattutto dalle operaie delle fabbriche le quali vedevano in questa giornata un movimento di lotta per l’affermazione dei loro diritti.
Ma fu tra gli anni della Resistenza e gli anni ’70 che avvenne il vero cambiamento nella forma mentis della donna, la quale iniziò a combattere il patriarcato e la cultura oscurantista che avevano relegato la donna a un ruolo subordinato e subordinante rispetto a quello dell’uomo.
Le donne italiane, dopo il grande contributo che avevano dato durante la Liberazione e negli anni del Boom economico, deluse e stanche per i pochi riconoscimenti ottenuti in ambito sociale, iniziarono a riempire le piazze urlando la loro intelligenza accantonata dal maschilismo imperante, ma soprattutto cominciarono a pretendere un posto al sole, dopo il buio degli ingrati secoli maschili.
Fu una vera corsa alle conquiste: non più reato per l’adulterio, possibilità di divorziare, diritto di famiglia e finalmente l’abrogazione del barbarico delitto d’onore, creatura mostruosa, partorita dal Codice Rocco, negli anni della dittatura.
Il ‘900 ha raccolto buoni frutti in fatto di diritti perle donne, questo è innegabile. Ma l’arrivo del duemila non ha portato ai nuovi, grandi traguardi che si speravano.
Il percorso per giungere a una vera e concreta parità di genere fatica a trovare pieno completamento persino in quei Paesi che possono vantare ordinamenti giuridici all’avanguardia e una legislazione fortemente salda nell’affermazione della piena uguaglianza di genere.
E’ opportuno per tale motivo che vi sia un forte impegno tanto sul fronte dell’azione interna, quanto su quello dell’attività di sensibilizzazione e cooperazione internazionale.
Nel caso del nostro Paese, ci tranquillizza ricordare che ampio è lo spazio che la Costituzione dedica al riconoscimento dei principi di uguaglianza e delle pari opportunità tra uomo e donna. Non ci resta che seguire questa mirabile strada tracciata dalla nostra Carta costituzionale, nella consapevolezza che si tratta comunque di un percorso faticoso e complesso.
E’ faticoso questo percorso perché ci sono ancora tanti muri da abbattere, retaggi del passato. Ed è complesso perché purtroppo l’attualità ci narra vicende  tremende fatte di discriminazioni quotidiane, in casa e nel mondo del lavoro, fino ad arrivare ad una brutale violenza che aumenta il gap comunicativo, emotivo e pratico tra uomo e donna.
E’ per queste donne discriminate e violate che l’8 marzo ha la sua ragione di esistere. Ma è anche vero che la Giornata Mondiale della Donna si trasformerà realmente in una festa solo quando le donne non saranno più oggetto di abusi, discriminazioni e subordinazione, solo quando scompariranno tutti i tipi di prevaricazione, da quelle macroscopiche a quelle più piccole e quotidiane, ma non per questo meno gravi.
Sono ancora tanti, inoltre, gli ambiti lavorativi in cui la donna, pur avendo titoli e competenze, fatica ad affermarsi.  E il 10 di marzo, Giornata Internazionale delle donne giudici, ci permette di mettere a confronto numeri e situazioni lavorative che non sono ancora quelli sperati.
Ripercorrendo velocemente la storia della magistratura nel nostro Paese, vediamo che le donne entrano per la prima volta in magistratura nel 1963, in seguito all’abrogazione della legge 1176 del 1919 che le escludeva da tutti gli uffici pubblici che implicavano poteri giurisdizionali, l’esercizio di diritti e potestà politiche, o la difesa militare.
Nonostante la legge del 1963, le donne continuano, oggi, a essere meno presenti nelle posizioni decisive. Secondo i dati dell’Ufficio Statistico della Magistratura (febbraio 2020), la presenza delle donne in quest’ambito diminuisce in base alla rilevanza degli incarichi. Molto marcato è infatti il divario di genere nel Consiglio Superiore della Magistratura dove solo 1 su 4 sono le donne elette e complessivamente queste ultime non sono mai state più del 25%.
E’ veramente urgente un riequilibrio di genere.
Spesso l’ADMI, l’Associazione Donne Magistrato Italiane, ha posto l’accento sulla necessità di introdurre nuove misure che garantiscano una rappresentanza di genere adeguata all’attualità.
Molto interessante, anche se amara, è la relazione “Sulle donne in Magistratura”, 17 novembre 2020, dell’ADMI. Nel breve testo vengono ricordate le difficoltà delle donne in tema di accesso ai pubblici uffici e citate con fierezza le “madri costituenti”, infine emerge la figura di Rosanna Oliva, cui era stata negata la possibilità di diventare prefetto “perché donna”.

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