Il ginepraio

Sono certa che scrivendo questo testo mi infilerò in un “ginepraio” creando malumori, ma, per chi arriverà fino in fondo, potrebbe essere motivo di riflessione e/o di rabbia. Se parliamo di reddito di cittadinanza si apre un mondo, favorevoli, contrari, indecisi, disinformati. Chiarissimo è il sito dell’INPS, con la spiegazione di tutte le modalità per acquisirlo e sugli obblighi di chi ne usufruisce, il pilastro Europeo dei diritti sociali lo definisce così Chiunque non disponga di risorse sufficienti ha diritto a un adeguato reddito minimo che garantisca una vita dignitosa in tutte le fasi della vita e l’accesso a beni e servizi.; quindi è inattaccabile, a meno che, come purtroppo spesso succede nel nostro bel Paese (nulla a che vedere col formaggio) nasconda le solite “magagne” e sotterfugi. Resta comunque il fatto che ha creato non pochi malumori e mal di pancia a livello politico. Vi voglio invece parlare di un reddito, che sembra non infastidisca nessuno o almeno, i malumori sono più di sottofondo perché non se ne può parlare così liberamente, il reddito dei dipendenti della pubblica amministrazione, compreso la sanità, che prendono lo stipendio fisso, ma nelle ore tra ENTRATA e USCITA, si dilettano in occupazioni alternative, non svolgono bene i loro compiti, occupano posizioni del non so dove ubicarlo e allora lo lascio in quello dove fa meno danni, perché di questo non si discute a livello “alto”? Sicuramente i sindacati sarebbero pronti ad intervenire con misure tutelari nei confronti del soggetto accusato di fannullaggine. Penso che allo Stato costi maggiormente un dipendente che prende uno stipendio fisso e rende il minimo indispensabile col beneplacito delle amministrazioni rispetto ad un reddito di cittadinanza ben amministrato o no? A voi l’ardua sentenza.

L'autore si firma:
Carneade
(e noi condividiamo - GdS)

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