Addio mercato della frutta e della verdura? Addio cassette fuori dei negozi? O addio al buon senso?

Piazza Quadrivio anni '50. Le cantine Pelizzatti a 50 metri, il negozio Caslini che con gli alimentari vendeva anche i tabacchi e, come nella foto del nuovo millennio, il Bundin, prima il padre e poi il figlio, classe dell'Impero, 1936. Frutta e verdura erano di qualità ma poi c'era un ingrediente, in quel negozio, che nel commercio costituisce un valore aggiunto: la cordialità, un 'savoir faire' genuino, un misto dialetto e lingua e grande professionalità, fino al punto di dire di non comprare quella roba se quella roba non aveva il, metaforico, marchio di qualità.

Le cassette sempre esposte, così come le si vedono nell'immagine di Wikipedia.

E ora basta per lui e suoi colleghi?

L'ultima dimostrazione che in questo mondo così progredito – almeno così dicono evidentemente tenendo conto solo della parte per così dire 'materiale', non del resto – ha in sé qualcosa che non quadra. Stavolta il dubbio viene nientepopodimeno che dalla Suprema Corte di Cassazione per la sua sentenza secondo la quale ha ritenuta giusta la precedente sentenza del Tribunale di Nola.
Condanna, ma quale era la colpa? "per aver detenuto per la vendita 3 cassette di verdure" all'aperto, esposte agli agenti inquinanti. Quindi non per frutta avariata ma per il solo fatto che le tre cassette di frutta, che avevano spinto un cliente a denunciarlo, erano esposte all’aperto e, pertanto, a contatto con agenti atmosferici e gas di scarico dei veicoli in transito”. Si legga: “la messa in commercio di frutta all’aperto ed esposta agli agenti inquinanti costituisce una violazione dell’obbligo di assicurare l’idonea conservazione delle sostanze alimentari e rispettare l’osservanza di disposizioni specifiche”. E ancora: “La natura di reato di danno non richiede la produzione di un danno alla salute  poiché l’interesse protetto dalla norma è quello del rispetto del cosiddetto ordine alimentare, volto ad assicurare al consumatore che la sostanza alimentare giunga al consumo con le garanzie igieniche imposte per la sua natura”.
Traduciamo dal linguaggio giuridico: chi vende all'aperto frutta e verdura con cassette esposte corre il rischio di subire una condanna che, ove arrivasse in Cassazione, per coerenza si suppone che verrebbe confermata.

Può darsi che la giungla legislativa con un ginepraio di leggi talvolta 'in dissenso l'una con l'altra' legittimi una conclusione certamente contraria al buon senso perchè, se conseguentemente applicata dappertutto significherebbe un grosso problema per 10.000, 15.000 o anche più negozi e loro clienti. Fosse così torna di attualità il saggio detto di Cicerone “summum ius summa iniuria”.
Per fortuna le sentenze della Cassazione non sono pane quotidiano della gente in particolare dei fruttivendoli. Per fortuna quindi continueranno davanti ai loro negozi o ai loro furgoni nei mercati a fare quello che tutti hanno sempre fatto, loro e quelli che c'erano prima di loro.

 

Amarilli
Costume