La sfera dell’occulto

Nel 2003 951.834 incidenti sul lavoro in Italia

In Italia nel 2003 gli incidenti sul lavoro sono stati 951.834
(881.178 dell’industria e servizi e 70.656 in agricoltura),
concentrati soprattutto nelle regioni del nord (in particolare
Lombardia, Emilia Romagna e Veneto), mentre i morti (le
cosiddette morti bianche) hanno raggiunto quota 1.311 (1.205
nell’industria e servizi e 106 in agricoltura).

In provincia di Sondrio nel 2003 gli infortuni sul lavoro sono
stati complessivamente 3.232 (ben 127 in più rispetto al 2002)
in netta controtendenza rispetto al resto della Lombardia, anche
se in provincia si registra un sensibile calo degli incidenti
mortali (5 nel 2003 rispetto ai 9 del 2002).

Queste cifre si inseriscono in un contesto mondiale che conta
ogni anno circa 270 milioni di vittime di incidenti sul lavoro;
circa 160 milioni di vittime di malattie professionali e circa
2,2 milioni di persone (circa 6.000 al giorno) morte per
incidente o malattie connesse al lavoro.

I dati di cui sopra sono contenuti nel rapporto diffuso nei mesi
scorsi dall’OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) e
dall’INAIL.

Per quanto concerne l’Italia, l’INAIL precisa che si tratta di
dati “ufficiali” che non tengono in conto il lavoro (e quindi
gli infortuni e le morti) “in nero”, che è in crescita continua.
Infatti, da uno studio pubblicato nell’estate scorsa dalla
Commissione Europea, risulta che in Italia l’incidenza del
lavoro nero sul PIL è pari al 20% (il più elevato in assoluto
tra i 15 Paesi dell’UE), inferiore solo alla Lituania tra i 10
Paesi nuovi entrati (21 – 22%) e alla Bulgaria e Romania
(rispettivamente il 22% e il 30%).

Le statistiche dell’INAIL inoltre, sottolineano il crescente
“contributo” dei lavoratori extracomunitari, il cui tasso di
incidentalità è decisamente più elevato rispetto a quello
“medio” nazionale (55,6 contro 42,2 per 1000 occupati) e che nel
2003 hanno subito 105.000 infortuni di cui 147 morti, pari a
circa l’11% del totale.

Questo perché le lavoratrici e i lavoratori extracomunitari sono
in genere impiegati nelle attività a maggior rischio come
l’edilizia, la metalmeccanica e l’agricoltura.

Le comunità che pagano il tributo più alto sono il Marocco
(20,6% gli infortuni e 11,6% le morti), l’Albania (13% gli
infortuni e 21,8% le morti) e Romania (8% gli infortuni e 14,3%
le morti).

Gli incidenti sul lavoro, oltre a costituire un serio problema
sociale, pesano anche sull’economia, con un costo annuo che in
Italia è valutato in 28 miliardi di euro per un’incidenza di 3
punti sul PIL.

Quelle riportate sono cifre spaventose che devono far
riflettere: governanti, imprenditori, sindacati, politici,
amministratori ed educatori di ogni livello formativo.

Sono cifre che dovrebbero interessare maggiormente anche i mezzi
di informazione di massa, non tanto per il gusto della
statistica o della cronaca, quanto per dovere morale verso chi
si ritrova martire involontario, immolato sull’altare del
mercato ad onore del dio profitto, spesso ammantato dalla
farisaica giustificazione della tragicità del costo umano dovuto
al progresso economico. Se ne parla poco e timidamente: una
sorta di tabù che sembra appartenere alla sfera dell’occulto.
Perché?

Ancora due considerazioni a seguito della lettura dei dati. La
prima: all’indomani della pubblicazione dei rapporti sopra
illustrati il Consiglio dei Ministri ha varato le norme per il
riordino del Testo Unico su salute e sicurezza sui luoghi di
lavoro. Un testo subito bocciato dai Sindacati Confederali in
quanto la nuova norma riduce sensibilmente gli obblighi alla
prevenzione, riduce le tutele ai lavoratori e rappresenta un
incentivo agli imprenditori senza scrupoli. Le misure di
riordino proposte risultano in forte contraddizione con le
stesse Direttive europee, esponendo così l’Italia alla censura
della Corte europea di giustizia, come è successo giorni orsono
per le discriminanti fiscali operate sui contributi
previdenziali versati ai fondi dei Paesi dei lavoratori
stranieri.

La seconda: In questi giorni la nostra provincia è stata
inondata da manifesti a firma dei giovani padani, inneggianti la
discriminazione verso i mussulmani. Ancora una volta si sta
dimostrando, a fronte anche dei dati sopra ricordati, come quei
giovani abbiano scarso rispetto della persona umana e delle sue
libertà fondamentali; e come invece persistano nella loro
ignoranza crassa, tipica di coloro che non hanno argomenti da
offrire all’infuori della propria arroganza.

Valerio Delle Grave


GdS 30 XI 2004 - www.gazzettadisondrio.it

Valerio Delle Grave
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