LA SCUOLA OGGI: PENSIERI & PAROLE

L’Italia? Un “Paese di Santi e
marinai”, si diceva un tempo. Oggi forse passerebbe per un
“Paese di poeti e commissari tecnici”.

Lasciamo pure a Trappattoni le sorti della patria
calcistica, ma uno si aspetterebbe per lo meno che in uno
stato dalle straordinarie tradizioni artistico-culturali, il
sistema educativo-scolastico fosse all’avanguardia o almeno
ai vertici del rendimento.

Eppure, ahimè, il sistema educativo italiano sembra non
essere all’altezza delle prestazioni medie della scuola
europea. È questa l’amara scoperta emersa da alcune
statistiche a livello internazionale sulla qualità della
scuola del nostro Paese.

Il 45% della popolazione tra i 25 e 34 anni lascia la scuola
senza un diploma secondario superiore contro la media
dell’UE del 27%, anche se lo scarto negli ultimi anni è in
tendenza positiva.

L’effetto è ancora più visibile sul livello universitario
che trova l’Italia come fanalino di coda per la percentuale
del conseguimento di una laurea universitaria: soltanto un
tirato 10% contro una media dell’UE del 26%. Di una spanna
dietro a Danimarca, Svezia, Finlandia, Germania, Austria,
Belgio, Grecia, Irlanda, Regno Unito e Lussemburgo. Soltanto
Spagna e Portogallo ci tirano un po’ su di morale. Quello
che più sorprende poi è un recente sondaggio che ci vede
ultimi in un confronto con trentadue Paesi circa il livello
di competenza funzionale di lettura e matematica dei
quindicenni.

Esiti sconcertanti che farebbero subito pensare a
investimenti carenti nel settore. Eppure, paradossalmente,
le spese annuali per studente nella scuola primaria e
secondaria sono superiori in media di circa il 10% rispetto
agli altri paesi dell’UE.

Un malessere, dunque, evidente legato piuttosto alla
mancanza di un sistematico ed efficiente sistema di
valutazione sulla qualità del servizio scolastico. Obiettivo
peraltro perseguito già dal ministro Luigi Berlinguer che
nell’estate del 1999 ritenne opportuno la creazione di un
istituto nazionale per la valutazione del sistema
scolastico. Oggi il ministro Letizia Moratti gli fa eco
affermando:”Serve un centro che valuti il funzionamento
delle scuole e i livelli di apprendimento degli alunni”. Una
necessità, quindi, ma vista da alcuni docenti come il fumo
negli occhi perché si considerano forse sotto continuo
monitoraggio, sotto “ispezione”, sotto un controllo indebito
che cozza con la propria “libertà d’insegnamento”.

Senza voler entrare nel “metodo”, quello che forse oggi si
cerca è una “standardizzazione” dei risultati attraverso una
“meccanica imprenditoriale” che mal si adatta però ad un’
“agenzia educativa” che corre così il rischio di
appiattirsi, di curarsi più del risultato che dello stesso
processo formativo.

La scuola oggi è sempre più spesso in mano a burocrati che
legiferano pur senza essersi mai seduti dall’altra parte dei
banchi di scuola. Il sistema educativo italiano a volte è
nel pieno potere di alcuni dirigenti inetti e frustrati che
si arrogano un diritto divino che pretende l’assoluta
sudditanza di alfieri e pedine da gestire a loro piacimento
sul campo, dispensando “grazie e favori” alla piccola corte
adulatrice di cui amano circondarsi, ed esiliando nelle
“marche” più invise chi con fiero cipiglio si oppone
riottoso al loro cupo volere.

Il vero rapporto tra insegnanti e studenti è stato da tempo
snaturato, vilipeso, travisato, in nome di una
pseudo-pedagogia demagogica che vuole standardizzare,
appiattire, omogeneizzare il sapere. Nessun uomo, però,
nasce uguale. Ed è inutile nascondersi dietro strategie
miracolose, presunti interventi individualizzati che
lasciano il tempo che trovano.

Allora basterebbero le macchine: più fredde, più rigorose
del nostro giudizio precario, inficiato da troppe
implicazioni esterne o psicologiche. Sarebbero sufficienti
le macchine con la loro intelligenza artificiale, con il
loro imperturbabile, olimpico giudizio. Distaccate, come
predica l’idiozia pedagogica del più reiterato conformismo,
e per questo inutili, insulse, quanto uno strizzacervelli
che finge soltanto di udire lo strazio dell’anima -
ascoltare sarebbe già troppo ! - per elargire, infine, il
suo bieco rosario di frasi trite e ritrite che non toccano
il cuore. Ma sicuramente il portafogli altrui.

Forse è per questo che il mondo si avvia allo sfacelo dei
valori più veri. Chi semina sabbia raccolga tempesta. E la
scuola raccoglie ormai l’aridità funesta di un’eredità
spirituale che latita.

Basta vergare fogli su fogli, giorno dopo giorno, stilare
cumuli di inutili relazioni, sterili verbali, tutti uguali,
programmazioni ampollose e retoriche con fiumi di obiettivi
che restano ancorati alla nuda carta, le stesse da 10 anni,
per concludere con pompose e vanagloriose autocelebrazioni !
Non sempre, però, “scripta manent”, se ai proclami non segue
l’azione. Invece, ora si assiste ad una inversione di
tendenza: basta documentare, gettare fumo negli occhi, per
nascondere il fallimento del proprio magistero pedagogico.
Cartacce! E alla fine diventano così importanti che si perde
di vista la vera finalità di tutto: lo studente!

Quanto tempo sprecato a pianificare ingestibili ingegnerie
educative, quante inutili energie buttate al vento! Troppa
fatica, durante insulse e snervanti collegiali trascorse a
risolvere i rebus della vita con quelli della settimana
enigmistica, per convergere sul termine giusto, più
appropriato, meno ambiguo, da apporre a un documento
“prezioso” da affidare alla storia o che farà sicuramente
incamerare denaro pubblico o privato. Troppa dabbenaggine
nel ricusare l’unico buon senso che invita a capire chi
siede nel banco innanzi a noi, prima di schedarlo nel
casellario mentale che sforna giudizi preconfezionati,
inquinati da rancori e dissapori quotidiani o dalle mattane
di un’intera vita.

E allora, di che stupirsi se un giorno…
Nello Colombo



GdS 18 XI 03  www.gazzettadisondrio.it

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