Presentazione della ricerca “ISOLE NELLA CORRENTE. Come sono cambiate in trent’anni le comunità per tossicodipendenti

Le comunità non sono più solo luoghi di accoglienza, cura e rieducazione, ma si caratterizzano come luogo di relazione aperta con la società

Da strutture di servizio nate per rispondere a un bisogno
a realtà che promuovono processi di inserimento sociale di
qualità:
come sono cambiate in trent’anni le comunità per
tossicodipendenti.

Nate negli anni Settanta, al fine di togliere i drogati dalle
strade, le comunità per tossicodipendenti
sono diventate luoghi dove diversi soggetti favoriscono sia la
qualità dei servizi sia un maggior
benessere della vita sociale. A trent’anni dall’apertura delle
prime strutture, soprattutto grazie
all’iniziativa di figure carismatiche, le comunità per
tossicodipendenti non sono più solo luoghi di
accoglienza, cura e rieducazione, ma si caratterizzano come
luogo di relazione aperta con la
società.

Oggi le comunità rappresentano un vero e proprio
approccio di intervento rispetto alla
tossicodipendenza, sono il processo da mettere in atto e non più
solo la risposta emergenziale a un
problema.

È questo il senso della ricerca “Isole nella corrente. Cosa
resta oggi delle comunità per
tossicodipendenti”, presentata a Milano, nella sede della Caritas Ambrosiana, durante un
seminario con il medesimo titolo cui hanno partecipato Franca
Olivetti Manoukian, di Studio
Aps-Analisi psicosociologica di Milano, Maurizio Fea, docente di
Metodologia e progettazione
educativa all’Università Cattolica di Milano, Leopoldo Grosso,
vicepresidente del Gruppo Abele di
Torino, e don Roberto Davanzo, direttore della Caritas
Ambrosiana.

Lo studio, realizzato dall’Area dipendenze della Caritas
Ambrosiana, in collaborazione con A77,
Cascina verde, Centro ambrosiano di solidarietà, Comunità del
Giambellino e la consulenza di
Franca Olivetti Manoukian, ha indagato qualitativamente il
lavoro di quindici comunità di
recupero della diocesi di Milano attraverso l’incontro con le
persone e le organizzazioni che sono
impegnate in prima linea sul fronte dei servizi residenziali per
tossicodipendenti.

«Siamo consapevoli – ha detto don Roberto Davanzo – che la lotta
alla tossicodipendenza non si
esaurisce nelle strutture residenziali, ma si articola in una
serie di interventi diurni, di strada,

ambulatoriali, di prevenzione. Ma siamo altresì consapevoli che
la dimensione comunitaria della
risposta al problema delle dipendenze sia un orizzonte
obbligatorio. È indubbio che il processo di
recupero deve puntare a quella comunità (famigliare, sociale,
civile) da cui le sostanze hanno
allontanato. Se la droga ha finito per allontanare dalla
“città”, è alla “città” intesa come pieno
esercizio di diritti e doveri che le comunità terapeutiche
devono poter condurre».

Milano, 18 novembre 2005
Cooperativa Oltre



GdS 20 XI 2005 - www.gazzettadisondrio.it

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