IL PERICOLO CINESE

Riceviamo e pubblichiamo questa nota seppur originariamente inviata, e pubblicata, a un quotidiano, per le sue argomentazioni che possono interessare, condivisibili o meno che siano dai lettori:

Caro direttore,

mi riferisco alla lettera del sig. Giglio Rossi e alla Sua
rispettiva risposta, pubblicata da “la Provincia” del 10
dicembre 2003.

Dalla missiva del sig. G. Rossi si rileva il pressappochismo
delle argomentazioni e la gratuità di giudizio nei confronti
dei sindacati i quali, secondo lui, non sarebbero in linea
coi tempi.

Gli imprenditori, che cessano la attività produttiva in
Italia per commercializzare quella fatta fare in Cina,
speculando sul basso costo del lavoro e sulla assenza di
diritti umani, civili e sindacali dei lavoratori cinesi;
loro (gli imprenditori) sarebbero al passo coi tempi. Ma
tant’è.

Nel complesso la Sua risposta, sig. Direttore, risulta
abbastanza appropriata, anche se ingenerosa nei confronti
dei sindacati, che hanno qualche difetto ma non tutti i
difetti. Le spiego perchè.

Con l’irruzione dell’informatica nel sistema produttivo, in
Italia e non solo in Italia, sono anche cambiate molte delle
idee su cui si era sviluppata la cultura dell’impresa e del
lavoro “fordista” che, come risaputo, era strutturata su un
solido fondamento gerarchico - autoritario che determinava
ritmi di produzione e controllo sul lavoro.

La quantità della produzione e dei prodotti, come criterio
guida del nostro apparato industriale, ha sempre prevalso
rispetto alla selezione specialistica e alla qualità; questo
criterio ha continuato a prevalere, anche se in
attenuazione, fino ai giorni nostri, indebolendo nel
contempo il complesso delle imprese specie quelle di piccole
dimensioni che non hanno investito in ricerca e tecnologia.

Grazie al chip e al computer, nella nuova civiltà
elettronica nella quale siamo entrati, produrre ricchezza
significa sempre meno estrarre materia, trasformarla e
trasportarla con l’apporto di molte braccia, di grandi
sforzi e con molta energia. Naturalmente queste attività
esistono ancora anche se in misura minore. Ma oggi produrre
ricchezza significa sempre più trasportare informazione a
velocità elevata; significa capacità di produrre idee
(design ) per dare istruzioni agli automatismi, alle
macchine che devono produrre e a coloro che se ne occupano:
qui e altrove.

Uno dei principali effetti della rivoluzione elettronica é
stato quello di avere radicalmente trasformato il lavoro,
smembrando la vecchia organizzazione fordista, moltiplicando
i “luoghi” della produzione e allargando i confini al mondo
intero.

Ebbene, in questo colossale processo di trasformazione del
lavoro, che tende a diventare una presenza sempre meno
concentrata e sempre più diffusa a livello capillare, il
sindacato sta cercando con molta fatica e notevoli
difficoltà di adeguare al nuovo scenario, le proprie
capacita operative, di rappresentanza e di tutela.

Le difficoltà appena accennate sono vieppiù complicate dalle
politiche economiche neoliberiste praticate dal governo che
si mostra: molto discreto verso lo strapotere dei grandi
gruppi finanziari, spesso miope e sordo verso i bisogni dei
meno abbienti, quanto mai disattento ai guasti che un
mercato senza regole può causare nella società civile.

Ovvio che una certa imprenditoria obsoleta e bottegaia
risenta di questo stato di cose e ricorra ad espedienti come
quello denunciato dal sig. G. Rossi, oppure ricorra a
pressioni presso il governo affinchè ricorra a sistemi di
protezionismo contro il “fenomeno cinese”.

Anche una parte del sindacato confederale fatica a capire
quale sia la strada migliore da percorrere e, in mancanza
d’altro insiste col difendere l’indifendibile. Bisogna
prendere atto che le cose che riguardano il lavoro sono
irreversibilmente cambiate e non saranno mai più le stesse.
Ma questa presa d’atto deve essere fatta propria anche dalle
imprese e dal governo. Le imprese devono occuparsi di più di
investimenti in ricerca e in tecnologia che in speculazioni
finanziarie. Il governo deve attuare politiche di promozione
dello sviluppo, investendo nelle strutture della formazione
dei giovani e delle persone espulse dai cicli produttivi
obsoleti, destinando cospicue risorse verso la ricerca
scientifica in generale, ripristinando la politica di
concertazione degli interventi con i soggetti sociali:
associazioni imprenditoriali, sindacati dei lavoratori e
istituzioni locali. Non solo critiche al sindacato, quindi,
ma anche qualche proposta.

Valerio Delle Grave


GdS 28 XII 03  www.gazzettadisondrio.it

Valerio Delle Grave
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