ACQUE DI SONDRIO - Considerazioni Obiettivi - Approfondimenti sui Malleretti - TERZA PUNTATA

Scialba attenzione i Sondrio alla problematica del contesto territoriale, compresa quella idroelettrica?

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Richiami ad obiettivi strategici per un rapporto virtuoso tra Sondrio, territorio comunale e acque

Vanno segnalati altri temi rilevanti che riguardano le acque per una Sondrio sostenibile:

Nel territorio urbanizzato:

- aumentare la superficie permeabile del suolo;

- promuovere "tetti verdi";

- per quanto concerne il servizio idrico sfruttare le moderne tecniche informatiche che permettono il controllo a distanza delle perdite o la gestione delle reti a pressione variabile per ridurre perdite e sfiori;

- realizzare, se fattibile, l'utilizzazione idroelettrica del salto dalle captazioni;

- tendere a migliorare la qualità degli scarichi; migliore è la qualità degli scarichi, più "sostenibile" è la città che li genera;

- a livello di edifici promuovere, incentivare, premiare pratiche e tecnologie di risparmio idrico per la casa, compresa la raccolta della pioggia., riuso delle acque grigie.

Negli spazi aperti di fondovalle:

- valorizzare i superstiti reticoli idrici (Agneda, ultima fascia residua prima di intasare tutto fino alla tangenziale)

Nella fascia dei vigneti:

- promuovere il controllo metodico degli scorrimenti idrici superficiali, i deflussi da strade, data la vulnerabilità dei terrazzamenti.

La predisposizione del PGT dovrà essere fortemente orientata, anche attraverso la Valutazione Ambientale Strategica, ad obiettivi di ecosostenibilità.

Verso il servizio idrico integrato: l'acqua tra pubblico e privato

"Fra le contrapposte ideologie dei talebani della liberalizzazione e dei mujaheddin del pubblico a tutti costi…" Antonio Massarutto

"Prima di diventare un bene comune l'acqua deve diventare buon senso comune" Nichi Vendola

(non certo sospettabile di partigianeria a favore della privatizzazione)

Il dibattito è aperto tra la sinistra cosiddetta massimalista (contro la privatizzazione) e la sinistra riformista (privatizzazione regolata).

Ma tra gli amministratori valtellinesi c'è un livello molto basso di conoscenza e riflessione .

Le tesi contro la privatizzazione dei servizi idrici si fondano su una "sacralità" dell'acqua come "bene comune", da cui la necessità che l'acqua sia gestita da un soggetto pubblico; che i suoi costi siano sostenuti dalla fiscalità generale. Va in secondo piano il principio di responsabilità dell'utilizzatore (chi inquina paga).

Le tesi per la privatizzazione muovono dal fatto che comunque in Europa l'acqua è saldamente nelle mani della collettività e nessuno si sogna di levargliela. Ciò che è in discussione è l'iniezione di un po' di logica economica nella pianificazione degli interventi e nella allocazione dei diritti di utilizzo. È pure fuori discussione che il servizio idrico è un servizio pubblico essenziale ed è un dovere delle istituzioni (legislatore/regolatore) fare in modo che tutti ne possano usufruire pagando un prezzo equo.

La gestione delle strutture fisiche necessarie può essere affidata a un'impresa pubblica o a un'impresa privata. In un quadro di limiti crescenti della spesa pubblica (indebitamento, tassazione), la privatizzazione punta al coinvolgimento del capitale privato entro una attenzione imprenditoriale all'equilibrio costi-ricavi.

Ci sono molte ragioni per criticare il fervore che a livello nazionale si registra sulle gare "alla francese"; ma ci sono ragioni anche per non condividere un ostracismo generalizzato contro la privatizzazione. C'è stato molto business distorto nel modello della gestione pubblica a spese dei contribuenti. È anche vero che la cronaca, più o meno recente, è ricca di un business spregiudicato nella gestione dei servizi da parte delle imprese, più facile quando i controllori/regolatori sono deboli. Forse per questo, in nome di un sano principio di precauzione, la prudenza suggerisce di dare posizioni di vantaggio alla gestione pubblica.

La legge 36/94 ha creato uno schema basilare: il gestore è il fornitore del servizio; la sua controparte è l'Autorità d'Ambito Territoriale Ottimale (ATO), che ha il compito di indirizzare e regolare l'attività del gestore; rappresenta l'interesse collettivo ed è costituita dai Comuni di un determinato territorio.

Ma governare e gestire l'acqua comporta un grado assai elevato di conoscenze, mezzi tecnici, servizi complessi. Affare di esperti operatori, lontano dalla comprensione popolare. È fatale che il potere finisca in poche mani assumendo aspetti di monopolio.

Ho richiamato questi aspetti generali ritenendo che un loro approfondimento potrebbe essere una base per affrontare la stessa situazione provinciale in modo partecipato, evitando di entrare unicamente in accordini o schermaglie politicanti (ricordo riunioni nel centrosinistra valtellinese per valutare se era meglio stare con De Gianni o con Passamonti…).

Una chiave di volta è la formazione del Piano d'Ambito attraverso un processo realmente partecipato - come previsto dalla direttiva 60/2000/Ce.

Al Nord, in particolare nelle aree di montagna, viene preferita per i servizi idrici la cosiddetta soluzione in house ; ci possono essere opportunità di seguire criteri particolari (l'errore della l. 36/94 era stato quello di immaginare per lo più vasti ambiti e per lo più urbani).

La soluzione non è certo quella di tornare indietro verso la gestione "in economia" da parte dei Comuni.

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Scenari di ipotesi di una società energetica con le grandi aziende

Nelle recenti vicende politico istituzionali non è mancato il perseguimento di obiettivi di innovazione nel settore delle utilities delineando forme di società mista pubblico-privato. È il caso di AEV, che non ha potuto giungere ai traguardi previsti, per difficoltà anche con alcuni attori (comuni di Valdisotto e Tirano…).

Alcuni convegni tenutisi nei mesi scorsi, con autorevoli presenze, presso la Camera di Commercio, e una recente intervista a Fabi e Zuccoli, hanno dato luogo ad esternazioni "elettrizzanti" che hanno affascinato settori della politica.

È stata delineata una "società energetica di valle capace di unire aziende idroelettriche, imprenditori e istituzioni per essere protagonisti del settore idroelettrico e spuntare prezzi vantaggiosi sul costo dell'energia elettrica".

Ai fini di questo traguardo è stato individuato il momento cruciale costituito dall'imminente scadere delle concessioni, con un elevato potere contrattuale della mano pubblica, a cui torneranno in quella occasione.

Quindi in quel momento il "territorio" potrebbe confrontarsi con gli operatori privati per intese costitutive della società.

Nell'occasione il presidente di A2A, Ing. Zuccoli, ha fatto condivisibili affermazioni sull'obsolescenza della vecchia mediazione fra prelievo idroelettrico e territorio costituita da canoni e sovraccanoni, mediante il discutibile filtro del BIM. Ha dichiarato una disponibilità al grosso progetto societario; anche per amore verso la propria valle; pur essendo impegnato in operazioni di ben altra grandezza, in un ampio quadro internazionale nel quale la produzione idroelettrica non appare né strategica né core business. "Sì", comunque, da parte di A2A ad unire tutte le componenti interessate ma "evitando ingerenze politiche nelle logiche aziendali".

Sia Zuccoli che Fabi guardano all'uranio. Zuccoli guarda al modello complessivo finlandese. Gli occhi di Fabi fissano anche la miniera sopra Piateda.

Al progettone societario, peraltro appena appena abbozzato, non mancano attenzioni politiche che vanno dalla circospetta attenzione al fascino di entrare nella stanza dei bottoni.

Qualcuno ha indicato disinvoltamente di copiare Trentino e Alto Adige, sottovalutando la specificità delle Province a statuto speciale, nelle quali ai diversi ordini di grandezza delle risorse economiche si somma una autonomia di governo delle acque pressoché completa (pianificazione di bacino, piano tutela acque, assetto idrogeologico, pianificazione energetica, pianificazione urbanistica,ecc.).

Anche se il potere di rinnovo delle grandi concessioni idroelettriche finisse prossimamente nelle mani della Provincia non si sarebbe a tale livello. Ma il loro trasferimento alla Provincia richiederebbe una vera titolarità di questo ente per il "demanio idrico"; mentre il conseguimento di questa conquista dichiarato da Provera non risponde al vero, consistendo in una mera transazione sui fondi riscossi.

Il demanio idrico è in salde mani della Regione ( dlgs 112/98 e l.r. 1/2000). A meno di sviluppi ultrapositivi della vicenda derivante dal famoso "comma 1106" le titolarità delle grandi concessioni, PTUA, Autorità di Bacino, stanno al di sopra della Provincia.

Difficile pensare a un trasferimento dei poteri concessori alla Provincia, via mera liberalità e generoso impeto di sussidiarietà da parte della Regione.

Ma in queste note non si vuole gettare acqua sul fuoco. L'adeguata temperatura di un "movimento di valle" politicamente e socialmente coeso, non meramente populista, progettuale a lunga gittata, con intreccio di poteri forti, istituzioni, associazionismo, potrebbe essere condizione necessaria, anche se forse non sufficiente, per simile conquista.

Il fascino di sedere, come parte istituzional-politica, in un potente consiglio di amministrazione insieme ad imprenditori e a pezzi da novanta come A2A ed Edison, può essere indubbiamente attrattivo. Con il Polo tecnologico come braccio tecnico-scientifico. Una "Utility" con la U maiuscola che potrebbe spaziare dall'idroelettrico, alle energie rinnovabili, al servizio idrico integrato, al trattamento energetico dei rifiuti, alla propagazione dell'ecoefficienza a scala territoriale complessiva, il tutto nella rivoluzionaria atmosfera soft della e-economy.

Va comunque detto che da parte delle istituzioni sarebbe comunque bene entrare in tale ipotetico consesso con una robustezza politica elevata. Non nel senso di maggioranza politico-partitica, ma nel senso di avere comunque - fuori dalla porta del consiglio di amministrazione ove siederebbero - una capacità istituzionale per i compiti fondamentali della pubblica amministrazione: progettualità e autorevolezza programmatoria; per essere comunque, e anzitutto, "regolatori" prima che gestori.

Per esempio: ad una transizione alla Provincia del demanio idrico e relativi poteri sulla acque dovrebbe corrispondere un radicale irrobustimento delle strutture della Provincia, attualmente carenti anche per l' esercizio delle competenze ordinarie.

Una robustezza nel proprio mestiere di base - il "governare bene" nei propri compiti in quanto depositari, anzitutto, del bene pubblico e dell'equità sociale - renderebbe minore il dislivello che in quel consiglio di amministrazione inesorabilmente si vivrebbe, a fronte del primato delle logiche di mercato, delle capacità e delle strumentazioni tecnico-operative, delle conoscenze, che gli attori economici forti hanno.

Anche il prof. Quadrio Curzio, durante una sua recentissima esternazione in valle, ha auspicato una futura autonomia energetica della Valtellina come frutto di un organismo societario di valle; autonomia risultante dalla somma di una cospicua quota di energia idroelettrica conferita a speciali condizioni dai produttori e una produzione da altre font rinnovabili (fotovoltaico, solare…).

A fronte di futuribili scenari non mancherebbero percorsi intermedi di convergenza tra pubblico-privato nei quali perseguire una realpolitik con innovazioni tali da raggiungere risultati significativi nella gestione degli impianti idroelettrici, nella loro sostenibilità ambientale, nell'ottenere minori costi in valle per l'energia, quale leva di sviluppo qualificato.

Su queste finalità si potrebbe conseguire una convergenza di intenti tale da superare frantumazioni di interessi, conflitti stagnanti fra ambiente e sviluppo, fra conservazione e innovazione.

Nel suo ruolo di capoluogo Sondrio dovrebbe essere protagonista di riflessioni, proposte, azioni.

(fine)

Giovanni Bettini (x)

(x) Architetto, urbanista, ambientalista. Già deputato

Giovanni Bettini (x)
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