ARGOMENTI PROPOSTI DA Mario PULIMANTI: 1) INSONNIA 2) AUGURI SENATORE ANDREOTTI! 3) "AUSTRALIA" (CON NICOLE KIDMAN) 4) PENSIERI NUCLEARI 5) CONVIENE RIDERE (CARNEVALE

1) INSONNIA

Arrivo a casa dopo le dieci di sera. Abito a Ostia, in un appartamento tra Corso duca di Genova e Piazza delle Repubbliche Marinare. E' un quartiere rumoroso, le strade sono sempre piene di tifosi della Roma e di ragazzi che fanno il giro dei bar. Molti frequentatori del Bar Amigos passano le serate proprio sotto la mia

finestra, comunicando a strilli. In compenso, il costo degli appartamenti è troppo alto. La stanchezza si abbatte su di me a ondate, come una marea, ma io e il sonno non siamo buoni amici. Nelle notti migliori riesco ad avere due ore di sonno REM prima che lo stress mi svegli. Do la colpa al mio lavoro, dato che è più facile che incolpare me stesso. Sono stato da vari medici generici, ma non ho mai ceduto all'idea di andare da uno strizzacervelli.E dire che una delle mie migliori amiche, Silvia, è una psicologa. D'altra parte l'insonnia

mi da mordente: meno sonno equivale a più produttività. E poi molte persone trovano sexy le borse sotto gli occhi. "Ciao, Mario, come è andato il lavoro?" mi chiede Simonetta. "I colleghi sono dei gran mattacchioni, una volta scolato qualche drink. Nah, sto scherzando: sono in ufficio diventiamo ancora più noiosi. Ho appena avuto una discussione di due ore con alcuni di loro su...una interrogazione riguardante i pomodori siciliani.". Sorride. Ceniamo. Mi metto una vecchia T-shirt, e mi infilo a letto. Penso a Gabriele e a Alessandro. Penso al mio stipendio. Penso al teatro. Come se non avessi abbastanza cose per la testa.

Il riposo, come previsto, rifiuta di ubbidirmi. Mi giro. Mi rigiro. Faccio esercizi di respirazione e di rilassamento che mi portano vicino al sonno, e forse, per brevi periodi di tempo, a un sonno vero, da cui vengo strappato dopo pochi minuti. Provo un enorme sollievo quando la radio sveglia suona e viene l'ora di andare al lavoro. Faccio la doccia, indosso una camicia celeste, una giacca blu con pantaloni in tinta, e esco.

Le otto del mattino e la temperatura è rigida. Ostia, città che non ha un buon odore nelle giornate normali, quando c'è una umidità del genere puzza decisamente. Devo passare da un vicolo per raggiungere la fermata del bus e il tanfo dei cassonetti della spazzatura mi colpisce come un cazzotto. Proprio di fronte alla fermata, c'è il bar aperto.Ordino un caffè, nero. Bevo un sorso e faccio una smorfia. Troppo amaro. Caffeina in bocca, varco la porta del bar e prendo il bus. Sono raffreddato. Sì, cavolo. Ho dei ghiaccioli che mi pendono dal naso. C'é altro? No, una giornata come tante altre. Perfetto.

2) AUGURI

E' uno di quelli tosti. Mi guardo intorno nel mio ufficio, una nocca premuta contro la tempia, cercando di scacciare il dolore con la volontà. Se ne saranno accorti i colleghi? Sicuramente. Ho i muscoli del collo così tesi che li si potrebbe suonare, sono fradicio di sudore e non riesco a controllare il tremito. Non ho mai avuto un dolore così intenso. E' come se avessi la testa in una morsa che viene stretta poco a poco, finché gli occhi non sono sul punto di schizzare fuori. Forse mia moglie ha ragione. Dovrei andare da un dottore. Ma l'idea mi terrorizza. E se il dottore scoprisse qualcosa di veramente grave? E se avessi bisogno di un intervento chirurgico? Preferisco affrontare il dolore piuttosto che permettere a qualche ciarlatano di frugarmi nel cervello. "Stai bene, Mario?" Una collega. Femmina. Aspetto scialbo, fianchi pesanti, capelli castani, corti, con taglio tutte punte, tipo Peter Pan. "Mal di testa." Riesco a fare una smorfia di sorriso. "Vuoi un analgesico?" "Sì, grazie." Lei va alla scrivania. "Saridon?" domanda lei da dietro il tramezzo che forma il suo cubicolo. "Benissimo." Mi porge la pillola, inarcando un sopracciglio. "Devo proprio ringraziarti per questo." "Non c'é problema. Soffro anch'io di emicranie. Avrei ucciso pur di far passare il dolore." "Lo sai, lavoriamo qui da anni e non so niente di te." Lei sorride. I denti davanti sono storti. "Sono sposata, con una figlia." Mi sforzo di sorridere. Chi poteva immaginare che un brutto coso come lei avesse una famiglia? "E tu? Sei sposato?" "Sì. Due figli, però." "Già, bé, come diceva Eduardo i figli sò pezzi de core." "Senti, adesso devo tornare al lavoro. Grazie per il Saridon.""Figurati." E se ne va ciondolando. Ingoio l'analgesico. Il dolore pulsante, sembra scemare lievemente. Siedo alla scrivania. Prima di accendere il pc, do una sbirciatina al giornale. Ehilà, Andreotti compie 90 anni. Anche lui soffre spesso di emicranie. Lo ritengo il miglior politico che l'Italia abbia mai avuto. Auguri, Senatore

3) AUSTRALIA

Vado a letto. Per le successive tre ore, il sonno è una faccenda stop- and- go, brevi periodi intervallati da attacchi di ansia, domande ossessive e dubbi. Mi costringo a fare qualche flessione sulle braccia e un po' di addominali,. Inutile. Mi alzo, faccio una doccia calda e mi vesto con una giacca marrone, calzoni in tinta e camicia a righine. Avventurandomi nel soggiorno scopro che non sono stato il solo ad avere una nottata intensa. Per il mio supremo stupore, Gabriele rimane a guardarmi sul divano. Ha studiato tutta la notte, e ora non ha sonno. "Adesso capisco come mai tanti ragazzi vanno fuori corso" Lui non replica. E' troppo stanco per rispondere alle mie battute goliardiche. Del resto sta frequentando Giurisprudenza con ottimi risultati. Bravo, Gabry! Entro in cucina. Mi preparo un caffè. Penso al lavoro. Il grado mi consente di alzarmi più tardi, di operare sulle pratiche senza problemi di giurisdizione, di dare ordini quando è necessario e di scegliere i provvedimenti di cui occuparmi.

Mi ci sono voluti più di trenta anni per raggiungere questo livello di autonomia e adesso me lo godo.

Probabilmente è questo il motivo per cui nessuno dell'ufficio viene a bussare alla mia porta per impartirmi ordini o lamentarsi del mio lavoro. Il grado ha i suoi privilegi. Sono spiritoso, attento, romantico e innamorato di me. Eppure, devo ammettere che una parte di me ha deciso che è corretto mostrare anche il rovescio della medaglia. Ho qualcosa che non va. E non sono difetti trascurabili. Ho i capelli bianchi.

Lascio sollevata la tavoletta del water. Conservo una giovanile passione per i film horror di seri B e la musica pop anni Ottanta. Certo, non ho mogli in quattro diverse città. Né tengo la mamma mummificata su una sedia a dondolo in soffitta. E mi piace la Kidman! (sia consentita una domanda: ma il Mario Pulimanti piace alla Kidman? - ndr) Australiana, pelle del colore della porcellana, lineamenti

perfetti e delicati, donna di indubbia bellezza, Nicole Kidman è la mia attrice preferita. Brava come nel dolente Ritratto di signora, bella come nel cimiteriale The others, scaltra come nell'effeminato The hours con cui, mettendosi un nasone finto per essere Virginia Woolf, riuscì a vincere un Oscar. Ho ancora nella mente lei, nel personaggio sensuale, scatenato ed a tratti demenziale di Satine (perfetta in questo ruolo di

seducente cortigiana) in Moulin Rouge, che sussurra al suo partner, Ewan McGregor: "la cosa più grande che tu possa imparare è amare e lasciarti amare!". Ormai ho raggiunto la pace dello spirito, se non proprio quella dei sensi, ma, ascoltando queste parole pronunciate così sensualmente, non posso non amare Nicole Kidman! (E due: ma la signora Simonetta che dice? Gli risponda pan per focaccia, almeno! - sempre ndr - )

E ora è arrivato nella sale "Australia", un film di Baz Luhmann, dove una splendida Nicole Kidman è Lady Sarah Ashley, una ricca nobildonna inglese, che eredita una tenuta in Australia con 2000 capi di bestiame. e inizia una relazione con un altro allevatore della zona, interpretato da Hugh Jackman. Del suo ruolo in Australia Nicole ha detto che è stato "molto bello tornare a cavalcare e stare in mezzo a mucche e tori, anche se sono assolutamente false le voci secondo cui ho dovuto addirittura imparare a castrare un toro: non l'ho mai fatto! Per non parlare delle vesciche ai piedi e i muscoli a pezzi...." Chiudo gli occhi, fingendo di

essere il mandriano. Sto impazzendo? Sto cominciando a pensarlo sul serio.

4) PENSIERI

Sabato mattina. Il sole già splende, il cielo è azzurro e un vento fresco scuote rumorosamente le insegne degli stabilimenti.Sto passeggiando verso il pontile, dopo aver sorseggiato con calma una tazza di caffè sul balcone e dato una scorta ai quotidiani. Mi sono svegliato presto. Ieri sera, quasi all'una, dopo aver mangiato gli spaghetti aglio, olio e peperoncino e aver bevuto un goccio di vino, sono andato a letto pieno di pensieri strani. E allora non sono riuscito a dormire. In parte era colpa del bruciore allo stomaco per

aver mangiato a quell'ora tarda e in parte è stata colpa dei sogni inquietanti che ho fatto nei brevi istanti in cui mi sono appisolato. Mi sono svegliato diverse volte di soprassalto, con il cuore che mi batteva all'impazzata e vaghe e brutte immagini che scivolavano lungo i viscidi pendii del mio subconscio. Sono rimasto sdraiato a fare respiri lenti e profondi, finché non sono riuscito ad addormentarmi un'ora prima che mi svegliasse una telefonata. Da favola: avevano Sbagliato numero! Annuso l'aria, umida ma abbastanza fresca, e do un'occhiata all'orologio. Le sei e mezzo. Sembra che sarà un'altra bella giornata; e molto lunga, per giunta. Ricordi, sensazioni, cose così…Non so perché. Bouganvillee e rosmarino, gerani e basilico. Saint Tropez? Macché: Collevecchio. Mi sdraio sull'erba, sulla schiena, le mani intrecciate dietro la testa. Eccola là, l'Orsa maggiore. E accanto a lei, l'Orsa Minore. Quante volte le ho guardate, dal balcone di zia Felly affacciato sul cortile, oltre il quale si vede il Soratte. Da bambino certi pomeriggi d'estate prendevo la bicicletta Graziella che mi aveva regalato papà per i miei otto anni e mi lanciavo a tutta velocità lungo il Cavone. Poi sbucavo dalla Buchetta e imboccavo la strada immersa nel verde che porta al Parco della Rimembranza. Una volta lì smontavo dalla bici e scendevo tra i cespugli e andavo a sedermi sul piedistallo di un antico cannone costruito durante la prima guerra mondiale. E guardavo il tramonto. Collevecchio.

Un nostro vicino, amico di mio nonno, mi offriva sempre dei dolci appena sfornati dalla moglie. Era un uomo alto e tarchiato, largo quasi quanto era alto, ma muscoloso e sano. Indossava spesso uno stretto gilet sulla camicia e un paio di ampi pantaloni. Forse allora non avrà avuto più di quaranta anni, ma il lavoro dei campi lo aveva invecchiato, come dimostravano le rughe profonde e la pelle ruvida sul suo volto robusto.

Arrivo al pontile. Mi fermo. Contemplo il mare. Che bello vedere una tale, sconfinata immensità. Meraviglioso trovarsi davanti a qualcosa di cui non riesci a scorgere la fine. Scruto l'orizzonte che si perde

nell'acqua. Rimango per qualche istante con lo sguardo perso in lontananza. Poi guardo verso il punto in cui il mare si ricongiunge alla terra. A riva si scorgono cinque gabbiani vicino a delle imbarcazioni.

Ho un sacco di progetti e questo mi fa pensare che tutto sommato non è ancora il momento di mettersi a fare bilanci, più o meno. Rifletto: di solito sono piuttosto incapace riguardo ai problemi meccanici o elettrici.

La mia abilità manuale non va al di là della sostituzione di una lampadina. E anche in quel caso devo leggere le istruzioni. Tengo le braccia incrociate sulla camicia, ma non sembro intenzionata a tornare a casa. E così continuo a passeggiare, con il rumore delle onde come unica compagnia. Lascio che il fragore delle onde mi avvolga. Mi sento sfinito: non ho più risorse fisiche, e anche quelle mentali iniziano a vacillare. Non ho mai immaginato che combattere con i pensieri potesse prostrarmi tanto. Mi stringo contro i ricordi e un sorriso illumina il mio viso stanco. Mi sento come un cane alla catena. Per quanto voglia correre, non mi posso allontanare. Penso: "Da chi discendiamo?". Da nobili? Non credo. Probabilmente da artigiani e contadini.

Perché no? Gente che si dedicava anima e corpo a lavorare terre ingrate, cercando la comprensione delle spighe e la pietà del sole. Buone persone. Spesso penso a papà, morto nel novantadue. Se sono in difficoltà, penso: papà ti prego fai qualcosa. Lo so che ci sei, da qualche parte. So che mi vedi. Torno a casa.Mi siedo sul divano. Penso. Di solito sono piuttosto incapace riguardo ai problemi meccanici o elettrici. La mia abilità manuale non va al di là della sostituzione di una lampadina. E anche in quel caso devo leggere le istruzioni.

Ora vedo il telegiornale. Ma cosa sta dicendo la tv? Ah, che bisogna riprendere la ricerca sul nucleare. "Il nucleare è un tema delicato per il nostro Paese, ma l'attuale Governo è intenzionato a riportare l'Italia quanto meno nel campo della ricerca dello sfruttamento dell'energia nucleare per recuperare il gap accumulatosi in questo campo con gli altri Paesi". Possibile, mi chiedo. Del resto nessuna nazione, per quanto potente, può illudersi di contare solo sulle proprie forze. Esco sul balcone. Mi fermo sulla soglia per lasciare ai miei occhi il tempo di riabituarsi al sole. Finisco di bere il mio gin and tonic, che il pranzo è quasi pronto. Bene. Sento un odorino. Ora posso concludere. Insomma, alla prossima.

5) RIDERE

Non ho l'aria condizionata. Per risparmiare. Il che significa che in estate in casa mia c';è più o meno la stessa temperatura che all'inferno, ma con più umidità. Nel tentativo di raggranellare spiccioli, dunque, ho trasformato il mio appartamento in una serra. Nel periodo estivo é così caldo che delle orchidee selvatiche puntano sui cuscini del divano. Esco. Nelle strade vicino a casa mia ci sono più tombini che asfalto e io mi devo contorcere ogni volta che la mia macchina prende una buca. Sto andando a trovare un amico. Il condominio dove vive è il più bello dell';isolato, il che non significa molto. Ci sono comunque dei graffiti sul marciapiede e sui muri, nel portone ci sono tre evidenti buchi di strana provenienza. Parcheggio davanti all'edificio, sulla strada. Scendo dalla macchina provando lo stesso senso di disagio che ho sempre a Nuova Ostia. Il portone blindato ha la serratura rotta e mi permette di entrare facilmente. L'atrio puzza di sporcizia e di marcio. Altri graffiti sulla parete, qualcuno ha spaccato due delle tre luci del corridoio. Il mio amico ha un appartamento al piano terra. Il numero è stato tolto dalla porta. Busso. Mi apre la porta. Entro. Ride. Sembra posseduto da uno degli Orsetti del Cuore. Il motivo? E' contento perché é arrivato il carnevale del 2009! Incredibile, vive in questo tugurio, eppure ride per il carnevale. Mmmh...a questo punto mi mostro freddo fino alla scortesia, perché secondo me sta esagerando. Eppure lui continua a ridere, contento. E' proprio vero quando si dice "Beati i puri di cuore". E lui, vedendomi perplesso, mi fa: "Mariuccio, la vita va

presa ridendo, senza pensarci troppo sopra!" Mi ha convinto. Rido anch'io. Passiamo due ore in allegria, tra battute spiritose e birra a volontà, poi lo saluto. Ritorno a casa, più contento di quando ne sono uscito.

Mi metto al pc. E scrivo le cose che state ora leggendo, non per rilevare un codice segreto che apra una porta nascosta su un mondo d'insperate possibilità, ma per dire una cosa, sì ovvia, ma ugualmente importante, che mi fatto capire il mio amico: ridere stimola il sistema cardiovascolare tanto quanto l'esercizio fisico. Ridere fa bene al cuore, mentre la depressione aumenta il rischio di mortalità. Quindi non dobbiamo offenderci se a volte amici, colleghi o semplici conoscenti scherzano su questioni che ci toccano. È umano, naturalmente, ma riuscire a ridere di noi stessi è salutare. Come ho detto fa bene al cuore. Una medicina che va bene per tutti, grandi e piccoli, uomini e donne. Quindici minuti quotidiani di sane risate rappresentano una cura molto efficace per il sistema cardiovascolare. Tanto è vero che il riso fa buon sangue ed il ridere anche di noi

stessi è la migliore medicina perché il buon umore sembra attivare le reti del cervello che sono coinvolte nel benessere psicofisico. L'umore ha un grande impatto sulla nostra salute psicologica e fisica. Il

nostro senso dell'umorismo, intendendo con questa espressione anche la capacità di stabilire amicizie ma anche rapporti di coppia duraturi, è una potente medicina anti-stress. Vivere con il sorriso sulle labbra -

anche quando si viene derisi o criticati ingiustamente - aiuta ad affrontare meglio le difficoltà della vita, non costa nulla e non ha effetti collaterali. Ho sempre saputo che il riso aiuta la salute e che ridere difende dal logorio. L'umorismo è una necessità, risultato di un impulso a eludere la ragione, ricreando in noi adulti

uno stato infantile della mente, come rimozione di inibizioni interne. E' basato spesso su un meccanismo psicologico che cela l'orgoglio di sentirsi migliori degli altri. Perché l'umorismo permette di parlare di cose che in società sono inammissibili. In questo senso ha a che fare con l'aggressività, come la sessualità. Si possono dire battute sessuali senza scandalizzare. Mentre la volgarità dà fastidio. Eppure persino questo tipo un po' becero di umorismo affranca, ridendo, da uno dei tabù imposti dalla società e assorbito nella coscienza. Ecco perché i bambini si divertono a dire parolacce, a parlare di cose proibite. Sembra che sia terapeutico anche l'umorismo nero, perché aiuta ad allontanare l'ansia nei confronti della morte. Scarica

tensioni, eliminando le quali restano più energie per affrontare la giornata, il lavoro, lo studio, la famiglia. Non si migliorano così le capacità intellettive, ma queste vengono sfruttate meglio. Mentre se si è tesi non si riesce a concentrarsi, per essere creativi. Curarsi ridendo, guarire ridendo, è forse più difficile da quando il carnevale dura tutto l'anno, e non solamente nei pochi giorni in cui il Buffone diventava Re. Buon Carnevale a tutti!

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