ARGOMENTI PROPOSTI DA Mario PULIMANTI: 1) DISPERAZIONE EROTICA 2) LE QUESTIONI ETICHE E LA CHIESA 3) JEANS, RABBIA E AMORE 4)LE QUESTIONI ETICHE E LA CHIESA 5) AUMENTI

1) DISPERAZIONE

Simonetta riposa, tranquilla. Dorme raggomitolata su un fianco, con le braccia strette intorno alle spalle. I muscoli del viso appaiono rilassati e una ciocca di lucidi capelli neri le attraversa la guancia.

Guardando la mia donna, mi sento avvolgere da un'ondata di tenerezza che mi fa salire le lacrime agli occhi. Dopo un po' chiudo gli occhi pure io. Sonnecchio per quello che mi pare un lungo lasso di tempo, sbirciando ogni tanto lei che è sempre immobile. Mentre il mondo è addormentato, la natura del tempo cambia. Alcuni momenti si coagulano, altri si diluiscono. Il tempo diventa irregolare, elusivo, incerto. A noi insonni, la notte sembra eterna, eppure troppo breve. Rimango sdraiato a lungo, osservando le orme tremolanti che danzano sul soffitto, senza riuscire a prendere sonno né a seguire il filo dei pensieri che mi frullano per la testa, aspettando che si faccia giorno.

Mi sento sospeso tra il buio e il tepore del corpo della mia donna.

Strane sensazioni. Mi arrovello sui miei pensieri fini a quando il sonno non s'impadronisce di me. E mi addormento. Dormo in modo irregolare. Sogno. In parte sono consapevole di stare sognando, in parte sono come travolto dalle immagini. Sono sogni brutti e inquieti.

Incubi. Sogni terribili. Apro gli occhi, ma non mi pare che ciò faccia una grande differenza. Vedo soltanto una marea indistinta. Rosa. E allora mi rendo conto di non aver aperto gli occhi e di essere ancora immerso nel sonno, pur contro la mia volontà. Tento di aprire gli occhi aiutandomi con le dita, ma le palpebre sembrano incollate. Raddoppio gli sforzi, ansimando, incapace di strapparmi dal sogno. Poi, in un attimo, mi sveglio. I miei occhi sono spalancati, le mani tremanti appoggiate al bordo del letto. Nella stanza la luce si sta colorando del rosa pallido dell'alba. Simonetta, sdraiata accanto a me, dorme pacifica. Indietreggio, sconvolto, quando gli amici affermano che la sua mente sia un sentiero tortuoso, e la mia una piatta pianura.

Bollato come suo scudiero! Mmh...sento la bocca secca. Mi fa male la testa. Viso e mani sono insensibili. Tento di chiamare Simonetta, ma non riesco a farlo, e comunque non avrebbe fatto differenza, dal momento che lei è immersa in un sonno profondo. Balzo in piedi, rendendomi conto che ho dormito o comunque ho indugiato sui confini del regno del sonno. Ho la sensazione che le mie gambe siano rigide come pezzi di legno. Barcollando, mi dirigo verso il bagno. Accendo la luce.

Accecante. Mi avvicino al lavandino. Mi spruzzo in viso. Avverto con piacere il contatto con l'acqua fresca. A questo punto, ricomincio a sentirmi umano, per quanto debole. Vorrei camminare, con lo sguardo fisso sulla luce del sole che si rispecchia sul mare. Una mano sulla spalla mi risveglia da questi dolci pensieri. E' Simonetta. "Stai bene, Mario?" Traggo un profondo respiro. "Sì". "E' colpa di questa umidità terribile e innaturale. E' come un castigo. Secondo mia madre, intorpidisce il cervello e brucia lo spirito, Dovresti sdraiarti e riposare". "No! Con questa umidità, il sonno è il peggior nemico dell'

uomo. Sogni terribili…". Decido di farmi una passeggiata in questa mattina di marzo. Esco. C'è nebbia. Avvolto nella foschia, il mondo mi sembra un luogo senza confini, senza uomini. Entro in un bar. Il locale è una piccola stanza dall'aria stantia, buia, umida e deserta. Le strade luccicano ancora per la pioggia durata tutta la notte. Pioggia purificatrice. Nell'aria aleggia un buon odore di pulito. La terra riarsa del parco Pallotta è diventata morbida e scura grazie alla pioggia. Gli alberelli del parco grondano di rugiada e il cielo ha un colore perlaceo, opalescente come l'interno di una conchiglia. Mentre la osservo, quella leggera patina di colore sembra evaporare e il cielo diviene azzurro, soffuso di luce. Senza nuvole. Osservando il parco, nota una bella ragazza che l'attraversa. Dal modo disinvolto di guardarsi intorno, senza dare l'impressione di notare nulla, deduco che è una abitante della zona e che ha già fatto quel percorso molte volte, forse ogni giorno. Si ferma accanto a una panchina e la guarda, corrugando la fronte e arricciando il naso. Mi avvicino. Mi sporco la scarpa destra con una dei zone canina. "Possa perdere la squadra del cuore a chi ha scambiato il parco per il WC del proprio cane". "Ah!"

esclama lei, sollevando gli occhi verso di me con un largo sorriso.

Scoppiamo entrambi a ridere. Ha in mano una rivista. In copertina una foto del Nicaragua. Là dove molti poveri si accoppiano e generano altri poveri. No, no, aspettate, non funziona. Non ha senso. Troppe parole, troppe parole…Nel frattempo mi squilla il cellulare. E' Simonetta.

Decidiamo di andare a Collevecchio. Simonetta nutre la convinzione che la vita in campagna sia più sicura, più tranquilla, meno gravida di minacce e di crimini. E' particolarmente sentimentale: per lei la vita in campagna è caratterizzata da un senso di nobiltà e di serenità e porta al distacco dalle passioni e dalla cattiveria.Il modello metropolitano che é stato per decenni al centro delle nostre speranze, si direbbe che stia collassando. Le nostre città spesso ci sembrano così inospitali e desolanti da preferire altri orizzonti. Ostia si allontana alle nostre spalle, fino a diventare invisibile. Dopo un po'

il sole si leva sui campi verdi e neri che fiancheggiano la strada, dissipando la nebbia con il suo calore. Quando raggiungiamo l'

autostrada, il cielo è ormai azzurro, senza nuvole. La monotonia del viaggio ci da il tempo di riflettere sull'ormai prossimo election day.

Simonetta ritiene che, in politica, molti esercitino la massima prudenza, sino a sfiorare la vigliaccheria, evitando di schierarsi, annusando da dove soffia il vento finché non si è chiaramente profilato il vincitore, e soltanto allora correndo al suo fianco. Nel frattempo guido. L'A1 porta da Roma verso settentrione e oltrepassa il Tevere per due volte, mentre attraversa la Sabina nella zona nord-occidentale.

Raggiungiamo Ponzano Romano, poi l'affluente Aja, che da oriente si getta nel Tevere; nel paese di Stimigliano, la strada corre su un ponte e si spinge nella parte più settentrionale del Lazio. Pochi chilometri sopra il Santuario di Vescovio, una piccola strada si dirama verso occidente, tornando sul Tevere. Quella strada s'inerpica su una catena di ripide colline e poi si tuffa in una vallata di vigneti e di pascoli. In quel punto, annidato sopra una collina, si trova il sonnolente paese di Collevecchio. Ci fermiamo da un contadino. Il dolce profumo del fieno e i forti odori di vacche e pecore sono penetranti nell'aria afosa. Addento un panino e bevo un sorso di vino, scacciando un'ape che mi ronza intorno. Pranziamo a Poggio Catino, da amici. Per me giunge l'ora di andarcene. "Bé, allora ci vediamo". Detesto i saluti lunghi. Andiamo in giro per tutto il pomeriggio, nel frastuono del silenzio sabino. Collevecchio. Entriamo in paese. All'angolo della piazza c'é un bar e, incassato nel legno della porta, noto una piastrella di terracotta, raffigurante la Croce di Sant'Andrea. Il simbolo di Collevecchio. Una targa sull'architrave da il benvenuto al locale. L'interno é in penombra, ma fresco. Gli unici clienti sono due ragazzi, seduti a un tavolo, con lo sguardo fisso nel vuoto. Il barista si mostra lieto di portarci due aperitivi. Mi guardo intorno e colgo il mio riflesso in una caratteristica brocca sul bancone. Il mio viso é stanco, i capelli sono aggrovigliati. Mi avvicino ad un signore anziano appena entrato nel bar. Con la sua voce stridula sta gridando: "Date retta a me. La morale esige che il figlio obbedisca al padre e il padre al proprio padre, ma che razza diordine può esserci in un mondo in cui alcuni uomini diventano sadici inquinatori e altri pedofili e ladri?

Il

mondo é in rovina, perduto, senza speranza di salvezza. Il mondo é nelle tenebre... " In un istante sono raggiunto da Simonetta, che esclama "Mario, esci!" spingendomi fuori dalla porta. Acconsento, sollevando un sopracciglio. Usciti in strada, le lancio uno sguardo.

Il

suo sguardo severo si ammorbidisce. Il suo viso si apre in un largo sorriso mentre mi scompiglia i capelli. "Adesso và a salutare tua zia Felly e poi raggiugimi da mamma per consumare il pranzo". Mia suocera è un eccellente anfitrione. Mi viene incontro sulla porta di casa e immediatamente mi offre un aperitivo. A cena si rifiuta di discutere di argomenti controversi, sostenendo che ciò può causare indigestione.

Durante il pasto, non parliamo di politica. Il cibo è squisito e abbondante, il vino eccellente. Lentamente mi rilasso e le mie ansie scompaiono, finché non mi ritrovo su un divano del giardino. Intorno a noi il mondo è immerso nelle tenebre e il cielo risplende di stelle.

La luce della luna rischiara le colline basse e ondulate, ammantandole d'argento. Sono seduto con Simonetta, in una posizione che ci consente di spaziare lo sguardo verso occidente. All'orizzonte si staglia una catena di alte colline che segnano il confine della vallata, al di là della quale scorre il Tevere. Più vicino, alcune luci e una serie di tetti illuminati dalla luna indicano il paesino di Calvi; a sinistra, dietro gli alberi, s'intravede la parte più alta della Chiesa dedicata alla Madonna del rifugio. Da un'unica finestra s'irradia una luce color ocra pallido. I commenti del telegiornale provenienti dall'interno della casa di mia suocera si mescolano col frinire dei grilli; ad un certo punto, sento anche alcune voci che acclamano Veltroni e Berlusconi, interrotte a intervalli regolari da scoppi di risa e applausi. Rientriamo. A un certo punto sentiamo bussare. Dalla porta fa capolinea un viso sorridente. Uno zio. Si offre per organizzare la festa di San Bernardino. Ma...in fin dei conti... il "festarolo" sono io. Sì, no, certo...Insomma, la cifra è alta. Nella stanza c'è un attimo di gelo. Improvvisamente provo qualcosa dis trano: un senso di disagio, che però sembra non appartenere a me, ma a qualcun altro. E'

come quando si ascolta il suono della propria voce: sappiamo che ci appartiene, eppure ci sembra estranea. Rimango interdetto. Lui mi guardo stupito, poi scoppia a ridere. "Cos'è, hai paura di spendere 30 mila euro?". Sta scherzando. ovviamente. Ride ancora scuotendo la testa. Ci salutiamo contenti. Poco prima di mezzanotte mi accorgo che dall'esterno non giunge più alcun rumore. Socchiudo la porta. Mi addormento. Finalmente sono tranquillo. Mario Pulimanti

2) LE QUESTIONI

Vagare senza meta a Ostia, senza doveri né obblighi da assolvere, dà una piacevole sensazione di libertà.

La mia unica preoccupazione riguarda le persone che non desidero incontrare, anzitutto i finti amici o i veri integralisti.

Camminando, penso.

La scelta compiuta da parte dell'Episcopato italiano di intervenire sulle questioni etiche (famiglia, eutanasia, aborto, riconoscimento delle unioni di fatto e delle coppie omosessuali) ha prodotto una ripresa di consenso nei confronti della Chiesa, ma al tempo stesso il suo intervento ha avuto l'effetto di scaldare gli animi.

Non tanto nel senso della vecchia contrapposizione fra laici e cattolici.

Le questioni etiche sono talmente gravi che anche chi non crede condivide la parola della Chiesa su certe questioni, approvando il diritto della Chiesa ad esercitare il potere diretto d'intervenire nella sfera pubblica e nel conflitto politico ogni qualvolta le decisioni da prendere riguardano questioni etiche che la Chiesa ritiene essere in contrasto contro l'ordine naturale.

Tuttavia i confini del credere sono stabiliti di volta in volta dall'individuo.

Perciò lo sforzo che la Chiesa cattolica sta compiendo per affermare una dottrina consolidata che non può essere messa in discussione dalle coscienze individuali né tanto meno fatta oggetto di compromesso politico, si scontra con la secolarizzazione dolce che da qualche tempo sta caratterizzando l'Italia.

Non c'è nient'altro da pensare.

Non ho nient'altro da dire.

Alla prossima!

Giurin giuretto, parola di lupetto.

3)JEANS

Sono uomo, sono romano.

E abito a Ostia.

Vagare senza meta a Ostia, senza doveri né obblighi da assolvere, dà una piacevole sensazione di libertà.

La mia unica preoccupazione riguarda le persone che non desidero incontrare, anzitutto rigidi integralisti e falsi amici.

Sono fortunato. Incontro un'amica.

Ha un cane al guinzaglio.

Pastore.

Puzza.

Appunto.

Del resto non si può impedire a un cane di puzzare di cane.

Incontro un amico.

Triste.

La moglie se n'è andata.

Per sempre.

"Coraggio" gli sussurro.

Cammino finché non mi trovo di fronte a un ampio belvedere che da sul mare. Oltre la linea dell'orizzonte si staglia netto il profilo di una nave.

Cisterna.

Mi siedo sul parapetto, il vuoto sotto ai piaedi.

Rimango per un pezzo a contemplare l'orizzonte.

Entro in un bar.

Mi siedo a un tavolo.

Di fronte a me, un signore.

Anziano.

Ex consigliere circoscrizionale.

Mentre parla in un tono monotono, inevitabilmente mi ritrovo inondato da un oceano di retorica che martella contro scogliere di metafore.

Una buca.

Inciampo.

Torno a casa imprecando contro tutti gli dei.

Pranzo.

Più tardi, leggo.

Sul divano.

Prendo in mano il libro che sto leggendo, ma le parole sembrano scivolare via dal foglio.

Guardo oltre il libro, verso il balcone.

Simonetta siede al sole con gli occhi chiusi, come un gatto soddisfatto e felice. Una nuvola oscura il sole, gettando per qualche istante il balcone in un cono d'ombra. poi il sole torna a splendere.

Dopo alcuni minuti, un'altra nuvola prende il suo posto.

Sono sollevato, avendo l'impressione che quasi faccia le fusa.

La chiamo.

"Mario, vado al Teatro Manfredi. Sabrina mi aspetta per un caffè".

Si allontana.

Quando scompare, mi guardo intorno.

Non c'é nessuno.

Gabriele ha raggiunto un amico.

Alessandro é andato all'oratorio.

All'improvviso, però, la mia mascella prende a tremare.

Le labbra fremono.

Il mento si corruga e infine, pur tentando di tenerla chiusa, apro la bocca in uno sbadiglio.

Poi sbatto le palpebre.

Prima ancora di chiudere gli occhi, tuttavia, sprofondo nell'incoscienza.

Il sonno mi avvolge completamente, privo di sogni e punti di riferimento.

Un sonno così somiglia all'eternità, senza nulla che aiuti a misurare il trascorrere del tempo, senza una traccia che indichi la vastità dello spazio, dove un singolo istante non é molto diverso da un miliardo di anni e un atomo é grande quanto l'universo.

Tutte le diversità della vita, il piacere e il dolore, si dissolvono in un'unità primordiale, che abbraccia ogni cosa, persino il nulla.

E' a questo che somiglia la morte?

Poi all'improvviso, mi sveglio. Nella stanza la luce si colora del rosa pallido del tramonto.

Guardo a lungo il soffitto., non riesco ad alzarmi.

Accendo la tivvù.

La giornalista sorride e un attimo dopo apprendo che nel mese di maggio 2008 i jeans hanno compiranno 135 anni.

Ma non li dimostrano.

A pensarci bene, sono l'unica invenzione umana che sembra non invecchiare affatto.

Spengo la tivvù.

Mentre leggo una rivista dove sono raffigurati dei minatori dell'

ottocento al tempo della corsa dell'oro che indossavano dei blue jeans, mi chiedo dov'é la differenza con i jeans indossati oggi.

Mi metto al computer per saperne di più.

Nemmeno il tempo di digitare il nome jeans su un famoso portale e mi trovo subito davanti alla loro storia.

E che storia avventurosa!

Vengo subito a sapere che il tessuto jeans, molto robusto e resistente agli strappi, veniva usato per fabbricare i teloni da imballo e le coperture delle vele.

In seguito, per la sua resistenza, fu utilizzato per confezionare i pantaloni da lavoro degli scaricatori del porto in partenza da Genova per l'America.

E così nell'ottocento, con le grandi emigrazioni, la tela Blu di Genova (tela jeans vuol dire infatti tela Genova) arrivò negli Stati Uniti d'America, dove venne utilizzata per realizzare gli abiti dei cercatori d'oro.

Nient'altro ha resistito così bene alla prova del tempo.

Il jeans, nato a Genova, difatti fu migliorato in America, ma da un emigrante europeo: il bavarese Levi Strass al quale bisogna dare atto di aver capito che quelle brache pratiche ma poco eleganti potevano essere migliorate.

E i miglioramenti che lui vi apportò sono quelli che le hanno rese immortali. Egli cominciò a realizzare dei grossi pantaloni in tela robusta per i cercatori d'oro, delle tute color marrone, senza passanti nè tasche dietro, e presero il numero in codice 501, che resiste tuttora.

E, anche se non era stato lui a inventarli, fu comunque lui a trasformarli in un capo praticamente indistruttibile grazie a quei rinforzi alle tasche e alla ribattitura lungo le cuciture laterali.

Levi Strass presto li trasformò nella divisa del West, tanto che alla fine dell'ottocento, in America, il tessuto jeans diventò sinonimo di pantaloni.

E Levi Strass, che vide l'America vestire i suoi jeans, non avrebbe comunque mai immaginato che sarebbero diventati la divisa dei giovani di tutto il mondo, che avrebbero resistito negli anni al succedersi delle mode, senza mai tramontare: divisa dei lavoratori, delle classi più povere e rudi, poi divisa dei giovani ribelli negli anni Cinquanta, dei contestatori anni Sessanta-Settanta, e infine capo alla moda presente su tutte le passerelle.

Oggi, i Levi's non sono più l'unica marca di jeans nel mondo, ma rimangono la marca più universalmente nota e desiderata.

Neanche l'assedio di famosi sarti come Calvin Klein e Ralph Lauren ha diminuito il loro dominio sul mercato mondiale.

Ed ora, che siamo nel 2008, i vecchi jeans si meritano un brindisi:

ai prossimi 135 anni!

Chissà, forse nel 2143 saranno di nuovi i cercatori d'oro a indossarli.

Su altri pianeti.

Per il momento i jeans li indosso io, li indossa il mio figlio ventunenne Gabriele insieme al fratello più piccolo Alessandro, li indossano mio fratello Stefano e mia sorella Antonella e li indossa anche mia cognata Alessia che è talmente magra che può portarli con estrema disinvoltura.

Non sono certo io il primo a dire che è la sosia perfetta di Julia Roberts.

Li indossa Simonetta mentre sogna Collevecchio.

Le è sempre piaciuto.

L'aria fresca, gli animali, gli alberi.

E i suoi jeans di Armani.

Usciamo.

Alla cena provvede un ristorante vicino al mare.

Rombo al forno.

Con patate.

Passeggiata romantica.

Sul lungomare.

E' allora che Simonetta sente forte una sensazione.

Di stanchezza.

Torniamo a casa.

Accendo lo stereo.

Lester Young.

Penso all'ufficio.

E a certi colleghi.

Fortunati e con incarichi.

Mmh...e poi dicono che le conoscenze non servono!

Raggiungo Simonetta tra le lenzuola tiepide del letto.

Lei fa le fusa come un gatto assonnato, poi arriccia il naso, brontolando sospettosa quando annusa il profumo di rabbia che mi é rimasto sulla pelle.

Mi sento troppo stanco per dare spiegazioni o per prenderla in giro.

Non l'abbraccio, ma le volto la schiena.

Poi scivolo in un sonno agitato.

4) LE QUESTIONI

Vagare senza meta a Ostia, senza doveri né obblighi da assolvere, dà una piacevole sensazione di libertà.

La mia unica preoccupazione riguarda le persone che non desidero incontrare, anzitutto i finti amici o i veri integralisti.

Camminando, penso.

La scelta compiuta da parte dell'Episcopato italiano di intervenire sulle questioni etiche (famiglia, eutanasia, aborto, riconoscimento delle unioni di fatto e delle coppie omosessuali) ha prodotto una ripresa di consenso nei confronti della Chiesa, ma al tempo stesso il suo intervento ha avuto l'effetto di scaldare gli animi.

Non tanto nel senso della vecchia contrapposizione fra laici e cattolici.

Le questioni etiche sono talmente gravi che anche chi non crede condivide la parola della Chiesa su certe questioni, approvando il diritto della Chiesa ad esercitare il potere diretto d'intervenire nella sfera pubblica e nel conflitto politico ogni qualvolta le decisioni da prendere riguardano questioni etiche che la Chiesa ritiene essere in contrasto contro l'ordine naturale.

Tuttavia i confini del credere sono stabiliti di volta in volta dall'individuo.

Perciò lo sforzo che la Chiesa cattolica sta compiendo per affermare una dottrina consolidata che non può essere messa in discussione dalle coscienze individuali né tanto meno fatta oggetto di compromesso politico, si scontra con la secolarizzazione dolce che da qualche tempo sta caratterizzando l'Italia.

Non c'è nient'altro da pensare.

Non ho nient'altro da dire.

Alla prossima!

Giurin giuretto, parola di lupetto.

5) AUMENTI

E' in arrivo un'ennesima stangata per le nostre famiglie e da aprile potremmo così ritrovarci con 57 euro l'anno in più da pagare per le bollette di luce e gas. Colpa del caro-petrolio, che ha superato i 100 dollari al barile. Sembra che l'elettricità aumenterà del 3,9% e il metano del 4,1% nel prossimo trimestre aprile-giugno. Brutte notizie.

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