Un'alternativa liberaldemocratica per il dopo Berlusconi

Riceviamo e pubblichiamo:



Caro Mario,

la Tua recente lettera ha posto, come del resto l'ottimo
articolo di Michele Salvati, un problema essenziale per il
futuro della nostra democrazia. La Tua proposta di
un'alternativa moderata per il dopo Berlusconi è talmente
ambiziosa da apparire utopistica. Ma anche i referendum
apparivano così. Auspichi un confronto, un dibattito sulla linea
della Casa delle Libertà. Ma da parte di chi? Non dai dirigenti
di Forza Italia, soprattutto dopo l'uscita di campo di quel
gruppo di intellettuali che faceva capo al compianto Lucio
Colletti. Ora non ci sono più neppure loro a tentare qualche
scossa, qualche atteggiamento critico, qualche ipotesi
costruttiva. Alle ultime elezioni i candidati che potevano dire
qualcosa sono stranamente spariti dalle liste di Forza Italia e
il passaggio dall'opposizione al Governo ha peggiorato la
situazione, ha burocratizzato parecchia gente che già prima
pensava poco, ha, nella totale inesistenza di un partito,
concentrato tutto sul Governo; per la verità e con le dovute
eccezioni, un tutto più quantitativo che qualitativo.

Chi dunque all'interno della Casa delle Libertà, ma in
particolare di Forza Italia, potrebbe e soprattutto dovrebbe
discutere di politica, della prospettiva generale del Paese, del
suo destino istituzionale? Come sono Lontani anche per Forza
Italia i tempi delle grandi riforme e delle grandi speranze! Ma
dentro a Forza Italia non si riesce a discutere né prima né
dopo.

Pensavo e speravo di aver potuto innescare un momento di
riflessione e dibattito dopo le elezioni amministrative di
Verona. No: si è deciso che è stato un fatto locale, come fatto
locale e di confine è ora giudicato il Friuli Venezia Giulia,
che aveva espresso addirittura il Segretario Nazionale di Forza
Italia, e che ha avuto i noti risultati. Sembra infatti che vi
sia nei dirigenti, parlamentari e non, una sorta di accettazione
del fatto di poter durare la durata di Berlusconi, politica o
fisica che sia. In questo sta la mancanza di prospettiva, la
irresponsabilità nei riguardi del futuro del Paese. Nessuno dei
grandi leaders del recente passato ha mai presunto tanto. Da De
Gasperi a Fanfani a Moro nessuno ha immaginato - neppure nelle
notti di incubo - che con lui finisse la DC o comunque il
proprio partito. Né Sturzo, né Gramsci o Togliatti, né Matteotti
o Nenni, o Saragat, che pur si trovarono di fronte il fascismo e
le guerre: nessuno di loro ha misurato su se stesso la politica
del proprio Paese. Forse neppure De Gaulle: e sarebbe tutto
dire!

Se il dibattito istituzionale, politico, elettorale, di sistema
non verrà fatto dentro la Casa delle Libertà e - ne sono certo -
non verrà fatto, allora bisogna pensare ad agire subito, non per
il dopo Berlusconi ma già per ora, per inserire elementi di vera
e concreta Liberal democrazia, di critica e di proposta e di
reale presenza politica in quel contesto. Infatti - a mio avviso
- l'unico condizionamento che potrà essere compreso è quello
elettorale, quello del rischio delle sconfitte. Se il Paese non
riuscirà a mantenere un sistema bipolare chiaro, se ricomincerà
ad emergere la tentazione proporzionalista tanto cara all'UDC e
non solo, le prospettive saranno fosche. Più preoccupante
dell'era Berlusconiana sarà la successiva anche perché i vizi si
imparano e si moltiplicano. Ecco perché tocca soprattutto a noi
rispondere al grave interrogativo che tu hai posto.

Aventino Frau


GdS - 18 VI 03 - www.gazzettadisondrio.it

Aventino Frau
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