Ove si parla di Gastronomia come forma alta di cultura
Ho accudito tre figli, ora adulti, attualmente mi curo
dei miei tre nipoti e ne so qualche cosa, io, de buon
cibo, per cui penso di avere voce in capitolo per poter
dire la mia, se me lo permettete. Non sarò brava come il
cuoco Vizzani, né posso permettermi di essere invitata
da Antonella Clerici per poter parlare di cucina come
Beppe Bigazzi e Anna Moroni, ma so anch’io che la
cultura dei cibi è una delle poche cose che ci difendono
dall'omologazione planetaria. In un mondo dove i Mac
Donald si estendono a macchia di grasso. La gastronomia
è una forma alta di cultura, anche se non si tratta di
una cultura immutabile, anzi con il suo cambiare essa
segna l'evolversi del gusto. Per esempio, proprio dalla
trasmissione della Clerici ho saputo che l'antenato del
tortellino aveva dentro persino l'acqua di rose. Ed io,
romana testaccina, mi chiedo dove andranno a finire
finiti i buoni piatti della nostra cucina romana, che mi
ha insegnato a cucinare mia nonna Teresa e mia mamma
Jole e che io ho sempre cucinato per i miei figli: i
crostini alla romana, la minestra col battuto, i
bucatini all’amatriciana, l’abbacchio alla romana, la
coda alla vaccinara, i rigatoni con la pajata, ecc.ecc.?
”. E ora sono pure arrivate le leggi comunitarie contro
la pasta di grano duro, l'aceto balsamico, l'olio vero e
pure il tortellino. Come aveva preconizzato in molti per
gli antichi nobili piatti sono tempi duri. E allora
pensiamoci noi italiani a difendere il nostro cibo
inimitabile e saporito come non c’è in nessuna altra
parte del mondo! Ernesta Aloisi Pulimanti (Roma)
Ernesta Aloisi
GdS - 10 II 05 - www.gazzettadisondrio.it