Guerra: i kamikaze e gli Imani
Riceviamo e pubblichiamo:
1)
Caro Direttore, con l'annuncio del regime di Saddam che 5000
kamikaze sono pronti ad immolarsi in nome della Jihad,
finalmente potremo conoscere il pensiero degli Iman e dei
responsabili di comunità islamiche presenti in Italia. Sino ad
ora, la maggioranza di essi non ha incitato alla guerra santa e
la loro moderazione sembra essere ripagata in termini di
accettazione da parte degli italiani. Ora, sarebbe interessante
sapere se la scelta del silenzio è stata animata da un autentico
spirito di pace o autoimposta per "ammorbidire" e veicolare
l'immagine di un Islam mite e democratico. Ma dinnanzi al
mostruoso annuncio della Jihad islamica di disporre di una
consistente quota di spazzatura di fanatici islamici,
antiamericani e antioccidentali, pronti a suicidarsi in nome di
Allah, non potranno più tacere. Lavarsene le mani, vestendo i
panni di Pilato, non basterà, sarà insufficiente! Se questa
volta taceranno, mi sorge il sospetto che il loro silenzio sia
più molto vicino all'assenso che alla condanna. In questo senso
però, i segnali non sono molto incoraggianti, visto anche i
recenti arresti degli Iman di Cremona e Firenze con l'accusa di
reclutare terroristi, nonché delle innumerevoli cellule
terroristiche scovate dai servizi segreti su tutto il territorio
nazionale. Pure nella complessa questione palestinese nessun
Iman italiano ha mai esplicitamente e ufficialmente condannato
gli attacchi suicidi contro l'inerme popolazione ebraica,
pertanto non mi stupisce ora, altrettanto subdolo silenzio.
Conclusione logica: fintantochè non udirò i vertici della
religione islamica condannare senza riserve o distinguo gli
odiosi crimini contro l'umanità perpetrati dai loro "martiri",
mi vedrò costretto ad osservarli con occhi di sana e
giustificata diffidenza. E non è pregiudizio, volenti o nolenti,
lo scontro di civiltà, l'undici settembre è iniziato, negarlo è
pericolosa ingenuità e sciocca dabbenaggine.
2)
Caro Direttore, come molti italiani non ho potuto fare meno di
imbattermi in questi giorni in cortei e manifestazioni a favore
della pace, ma contrariamente alle mie aspettative, non ne sono
uscito con il cuore più ricco di pacifici sentimenti. Se come
disse Mc Luan:" il veicolo è il messaggio", ne comprendo le
ragioni, evidentemente i "veicoli" utilizzati dai pacifisti non
grondavano propriamente di amore e pace.
Tutto ruotava e si esauriva tra urla forsennate guarnite di
irriferibile epiteti all'indirizzo del "boia" Bush (raffigurato
per l'occasione a sparare all'impazzata con mitra e missili
Cruise), e sventolii di bandiere rosse di "sinistra” memoria.
Più che evocare in me sentimenti di pace, le bandiere effigiate
con falce e martello mi hanno ricordato gli ottanta milioni di
morti provocati dalle dittature comuniste. Ma ciò che
maggiormente mi ha sbalordito, è stato vedere alcuni “individui
doubleface” indossare le magliette di Che Guevara e
contemporaneamente ammantarsi nelle bandiere multicolore della
pace. Per onestà intellettuale, storica e politica, i “registi”
del pacifismo avrebbero fatto meglio a ricordare ai propri
militanti pacifisti che il Che non ha fatto rivoluzioni con
bandierine, slogan e fiori, ma imbracciando armi ed ammazzando
senza pietà i nemici della rivoluzione. Forse un po' di coerenza
non avrebbe guastato, se non altro in considerazione della magra
figura a chi avesse chiesto ragione di tale ridicola
contraddizione. Alla fine della "visita" pacifista, mi sono
chiesto se è mai possibile strumentalizzare il valore pace per
motivi “altri”e non dichiarati, ma palesemente intuibili. Se il
veicolo è il messaggio, la risposta è data.
3)
Caro Direttore, Domenica pomeriggio 6 aprile, mentre percorrevo
piazza Bra (Verona), sono stato richiamato dal rumore di una
sirena, dopo lo stupore iniziale, dalla sommità dell' Arena ho
visto calare uno striscione e un attimo dopo è iniziato un
comizio contro la guerra con epiteti e offese all'indirizzo di
Bush e ad una nota multinazionale del petrolio. Essendo evidente
che il blitz pacifista non era autorizzato, assieme ad altre
persone ho raggiunto la postazione , interrompendo il comizio
fuori programma e lasciando cadere lo striscione.
Successivamente le forze dell'ordine, hanno raggiunto ed
identificato i pacifisti che stavano tranquillamente
allontanandosi tra la folla. Fatto salvo il diritto a
manifestare, ovviamente con previa autorizzazione, mi chiedo
solo a quale sorte sarebbero andati incontro se i medesimi
sproloqui fossero stati proferiti da forze politiche di destra.
Probabilmente non credo se la sarebbero "cavato"con una semplice
identificazione, ma con fastidiosi e gravi strascichi
giudiziari. Evidentemente essere pacifisti ed insultare Bush e
la bandiera americana non costituisce reato, non esserlo ed
insultare, non dico il capo dello Stato, ma un semplice sindaco,
costerebbe molto caro.
Ancora una volta: due pesi e due misure. La griffe del
pacifismo(e lo si è visto in altri innumerevoli casi italiani) è
diventata garanzia di immunità a qualsiasi azione di
disobbedienza, autorizzata o meno.
Gianni Toffali
gianni.toffali@inwind.it
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