Contributi esterni: argomento proposto da Mario Pulimanti: Ecco: sto scrivendo perché mi sono spaventato nel leggere che la trippa e la polenta sono cancerogeni

Contributi esterni: argomento proposto da Mario Pulimanti:

Ecco: sto scrivendo perché
mi sono spaventato nel leggere che la trippa e la
polenta sono cancerogeni. Il pesto anche, immagino,
invece, che il cous cous sia sanissimo. Che tristezza! I
fautori degli Ogm e del cibo Frankenstein sembrano voler
cancellare persino i piatti simbolo della storia
gastronomica italiana, avvelenare (con la paura,
l’ansia, la minaccia) il grande gusto della tradizione,
in un tentativo di sradicamento che, peraltro, tocca
numerosi altri ambiti. Occorerebbe protestare per questi
attentati, non solo al buongusto, ma anche al nostro
palato! Protesta, infatti, l’associazione Slow Food, che
ha lanciato nei giorni scorsi un appello: “Più
biodiversità, meno Ogm”, perché davvero non può essere
vero che il cibo delle nonne faccia male e quello
geneticamente modificato renda invece più giovani e
aitanti. Alla mobilitazione hanno risposto molti
ristoranti sparsi in tutta Italia. Un tuffo nella sana
tradizione italiana, alla faccia di chi, forse, ci
vorrebbe tutti a fare la fila da Mc Donald’s. Lo sforzo
è necessario, mentre si moltiplicano i tentativi di
propagandare gli alimenti geneticamente modificati come
più sicuri e buoni. Serve, invece, grande chiarezza,
corretta informazione, difesa dei prodotti tradizionali
e di chi li coltiva, rispetto dell’ambiente e della
salute dei consumatori. Sono molti ormai gli Enti locali
(tra Regioni, Province e Comuni) che hanno già
promulgato norme per dichiararsi “Ogm-free”, liberi da
Ogm. Anche io vorrei, oggi idealmente schierarmi su
questo fronte sempre più vasto, armandomi... di buon
appetito. Mario Pulimanti


Sono ormai cinque anni che in Italia possediamo l’euro.
La moneta unica europea ci ha fatto entrare, in questo
modo, pienamente in Europa. Tuttavia, l’entrata
dell’Italia in Europa ha significato anche l’entrata di
Roma in Europa. E quindi di noi romani. Ma, mentre il
resto dell’Italia si sta progressivamente europeizzando,
non mi sembra che lo stesso stia capitando qui da noi,
“nell’urbe eterna”. Tanto è vero che, contrariamente ai
padani i quali sono ben felice di sentirsi
mitteleuropei, o ai piemontesi i quali sognano di fare
un po’ i francesi, o agli snob fiorentini che vorrebbero
tanto chiamare le loro colline Chiantistiche, a noi
romani, invece, di diventare inglesi, o francesi, o
tedeschi, o per lo meno spagnoli non ci interessa per
niente. Ed io, nativo dello storico rione del Testaccio
con discendenze trasteverine, cresciuto nel quartiere
“giardino” della Garbatella e, dopo essermi sposato da
più di venti anni, residente ad Ostia “il mare di Roma”
-e, quindi, profondamente romano e ben lieto di esserlo-
posso, a ragione, affermare che noi romani, da più di
duemila anni, a torto o a ragione, ci sentiamo superiori
a tutti. E’ un atteggiamento che fa parte della nostra
storia, del nostro carattere e del nostro modo
fanfarone, ma sincero, di affrontare la vita. Ce lo
vedete un romano fare la fila alla posta di Testaccio
come Mr. Jones al post office di Kensington? Ce lo
vedete un romano parcheggiare la sua automobile come un
danese a Copenaghen? O ridere delle insipide barzellette
fiamminghe? E quando va in spiaggia vestirsi come quei
tedeschi con sandali e calzini che incontri non solo sul
lungomare di Ostia, ma anche, con lo stesso look, nel
centro di Roma? No, non è bastato certamente l’euro a
convincerci che un wurstel vale una coscia d’abbacchio
né che la pancetta con le uova fritte sia più saporita
dei rigatoni con la pajata o della coda alla vaccinara
che cucinava mia nonna Jole. E, fortunatamente, allo
stesso modo la pensano anche i miei figli Gabriele e
Alessandro e tanti loro amici. Il romano è un osso duro
per l’Europa. Prima di piegarci ad un nuovo modo di
vivere e di pensare passeranno molti anni, forse diverse
generazioni. E, probabilmente non ci riusciranno mai!
Del resto “civis romanus sum!
Mario Pulimanti


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