Contributi esterni: argomento proposto da Mario Pulimanti: 1) Non un matrimonio qualsiasi, ma… 2) Sono un disastro

Contributi esterni: argomento proposto da Mario Pulimanti:

1) Non un matrimonio qualsiasi, ma…

Non scrivo a proposito di un matrimonio qualsiasi, ma
descrivo il matrimonio di mio fratello Stefano! Sono
passati pochi giorni da sabato 23 luglio, quando Stefano
si è sposato con la sua Alessia. A distanza di una
settimana scrivo al giornale per far loro gli auguri per
il primo "settimananniversario", cogliendo l'occasione
per ringraziarli, a nome mio e di mia moglie Simonetta.
Vi auguriamo di essere mostruosamente felici! E
ricordatevi che il segreto di un matrimonio duraturo è
tutto da cercare nell’amore che vi aiuterà a diventare
sempre più complici, amici e compagni di viaggio.
Stefano, finalmente dopo aver superato mille ostacoli e
difficoltà, hai potuto realizzare il sogno della tua
vita. Come certamente ricorderai, la celebrazione è
stata impeccabile, voi sposi avete risposto alle domande
in modo forte e chiaro e non è mancato un applauso e
qualche pianto commosso (anche la nipotina Serena
-figlia di nostra sorella, l’archeologa Antonella Maria-
non ha saputo trattenere dapprima le lacrime e poi veri
e propri urli di gioia...). La funzionaria comunale
subito vi ha sgridato e minacciato, leggendovi gli
articoli del Codice Civile. Vi siete un po' spaventati,
avete risposto che per voi andava bene, e vi siete
scambiati anelli preziosi. Tu eri emozionato, o
perlomeno fuori di testa. Stavi benignamente dando ad
Alessia la mano destra del suo testimone -che era il suo
simpaticissimo fratello Fulvio- per fargli infilare
l'anello. Io, che ero il tuo testimone, nonché fratello,
me ne sono accorto all'ultimo istante, mentre Alessia
stava già per prendere la mano di Fulvio: le ho
sussurrato "mah, forse con la sinistra va meglio" e via.
Dopo i riti conclusivi, preceduti da un momento di
silenzio con One degli U2 (io veramente mi aspettavo la
marcia nuziale classica) in sottofondo, voi sposi e noi
fratelli-testimoni ci siamo messi di lato a firmare. Poi
la funzionaria-sciamano ha dato la sua benedizione senza
maledire nessuno, le mamme Ernesta e Paola hanno pianto
di felicità, il padre della sposa ha fatto ammazzare
molti animali per il banchetto sacrificale, i parenti
hanno portato molti regali e si sono ubriacati. Usciti
alla luce, sugli scalini del Tempio Comunale (ora Chiesa
sconsacrata) a voi sposi abbiamo tirato manciate di
chicchi di riso, perché il riso è simbolo di fecondità,
anche se il mio primogenito, il diciottenne Gabriele, ha
un po’ esagerato e ve ne ha tirato contro una quantità
industriale). Poi Alessia ha gettato in aria un mazzetto
di fiori: noi Pulimanti crediamo che quei fiori siano
magici, che abbiano il potere di portare al matrimonio
la ragazza che li afferra al volo. Anche se devo dire
che stavolta non è andata proprio così, perchè il
mazzolino l’ha raccolto l’altro mio figlio, l’undicenne
Alessandro, che l’ha prontamente regalato alla mamma
Simonetta. Il pranzo di nozze, in un noto ristorante di
Testaccio, è durato fino a sera, e anche a tavola non
sono mancati gli scherzi. Stefano, i tuoi amici hanno
fatto un gran baccano, hanno suonato le trombe delle
automobili, cantato forte e bevuto una quantità di succo
d'uva fermentato. Voi siete stati al centro di un
bellissimo ricevimento. Sembravate il re e la regina sui
vostri troni, circondati da noi invitati. Alessia aveva
il classico vestito bianco che, a lei che assomiglia
moltissimo a Julia Roberts, le donava molto e tu,
Stefano, avevi un abito nero che hai fatto fare dal
sarto e una cravatta blu. Ecco, vi ho raccontato come si
è celebrato un matrimonio tribale romano-testaccino,
devo dire, il migliore dei matrimoni possibili. Tu e
Alessia, infine, avete fatto finta di andare a dormire
insieme, nello stesso letto, per la prima volta nella
vostra vita. Ma senza combinare nulla, ho saputo poi, da
mio fratello. Perché il rituale è stato molto
impegnativo ed eravate sfiniti, anche se sicuramente
avete dormito tra rose e gelsomini. Certo, questa
giornata è stata per voi piena di soddisfazioni ma anche
molto, molto faticosa. Fortuna non ci si sposa troppo
spesso.



2) Sono un disastro



Non ho il coraggio di dire queste cose a mia moglie,
così le scrivo sul giornale. Così come, sul versante
femminile, esistono le mani di fata, su quello maschile
esistono gli uomini veri, quelli da amaro Montenegro,
capaci di salvare cavalli ma anche di aggiustare
oggetti, di riparare guasti domestici, di lavare i
piatti e di cucinare. Io, ahimé, come molti altri
uomini, non appartengono a questa categoria. In realtà
so fare tante altre cose. Leggo moltissimi libri e me li
ricordo. Credo di cavarmela con la scrittura e malgrado
quello che dicono certi miei colleghi, penso di lavorare
con impegno e con discreta abilità. Faccio delle belle
fotografie. E poi quando c’è da bere e da mangiare sono
un vero professionista! Ma, come dice mia moglie
Simonetta, in tutto il resto, o quasi, sono un disastro.
E quando dico disastro non esagero. Perché la mia vita è
punteggiata, quotidianamente, da sconfitte imbarazzanti.
Prendiamo la botanica. Vi dico subito che Simonetta ha
il pollice verde. Ogni pianta che lei mette in casa
diventa un baobab. Io, invece, sono una catastrofe
vivente. Ogni pianta che metto in ufficio muore dopo
pochissimi giorni. Sono l’Attila delle azalee, dei ficus
e degli oleandri. Passiamo alla cucina. Per sintetizzare
il mio rapporto con i fornelli sarò esplicito: non so
cucinare nemmeno un uovo al tegamino. Quando prendo in
mano una padella divento Fantozzi. Confondo il sale con
lo zucchero. Mi brucio le mani quando scolo l’acqua
della pasta. E le poche volte che ho provato a cuocere
una bistecca i vicini hanno chiamato i pompieri per via
del fumo, che ho provocato nel palazzo. Poi c’è il
bricolage. Se c’è da attaccare un quadro mi prendo a
martellate da solo. Se devo bucare una parete col
trapano mi ritrovo nel salotto dei vicini di casa. Non
parliamo dei miei maldestri tentativi quando c’è da
sturare un water: provoco un maremoto e allago
l’appartamento. Se cerco di aggiustare una presa
elettrica faccio saltare la corrente in tutto il
quartiere. Da solo non riesco a mettermi un cerotto al
dito. E se prendo in mano un tubetto di attaccatutto
resto per tre giorni con il pollice incollato
all’indice. Piuttosto che cambiare una gomma della mia
automobile, vendo l’automobile. Perché potrei restare
lì, a combattere col crick, per intere settimane.
Impazzisco quando c’è da registrare qualcosa in Tv
usando il timer. Se decido di registrare un film mi
ritrovo sul nastro un documentario sulla vita delle
renne nella Lapponia orientale! Comunque sono un uomo
fortunato perché mia moglie, nonostante tutto, è
innamorata dei miei difetti e, sempre vigile sul destino
dei nostri due figli, Gabriele ed Alessandro, finisce
con l’essere lei il vero fulcro della famiglia, anzi ne
è l’unica colonna portante. E, anche se il suo tentativo
di trasformare la nostra famiglia in una unità di cui
andare socialmente fieri fallisce inevitabilmente,
eppure l’amore rimane lo stesso.


GdS 30 VII 2005 - www.gazzettadisondrio.it

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