Contributi esterni: argomento proposto da Mario Pulimanti: 1) COSA VUOL DIRE IL NONNISMO A SCUOLA 2) La moneta unica europea ci ha fatto entrare, in questo modo, pienamente in Europa. ma l’entrata dell’Italia in Europa ha significato anche l’entrat

Contributi esterni: argomento proposto da Mario Pulimanti:


1) COSA VUOL DIRE IL NONNISMO A SCUOLA


Prendo lo spunto dal fatto che l’altro giorno il mio
secondogenito mi ha accennato che nella sua scuola, a
volte, sembra che ci siano episodici casi di bullismo,
per invitare il giornale a mettere in risalto cosa vuol
dire il nonnismo a scuola, così da prevenire l’aumento
di questo fenomeno che sembra stia prendendo sempre più
spazio nella scuola italiana. Il bullismo scolastico và
denunciato per evitare che per gli studenti italiani, la
loro vita scolastica si possa a volte trasformare in un
inferno: botte, calci, pugni, umiliazioni per essere
convinti a sganciare soldi a piccoli taglieggiatori di
minacce e violenze, potenzialmente denunciabili per
associazione per delinquere, in base all' art. 416 del
codice penale. Le vittime di questa forma di nonnismo
portata sono ragazzi, come mio figlio, delle prime
classi delle medie. Lui ed alcuni suoi amici vanno
incontro a minacce e violenze di ogni tipo perchè
consegnino il denaro che hanno in tasca o facciano altri
favori ai più anziani, compreso quello di partecipare a
giochi a base di pugni e ginocchiate, o più
semplicemente regalare loro la merenda o una maglietta.
Chi tenta di ribellarsi viene prelevato di peso. Alcuni
ragazzini sono ormai ossessionati da questi soprusi e
preferrebbero marinare la scuola, oppure arrivavano
stanchi e stressati, con un forte calo del loro
rendimento scolastico. Molti sottovalutano il problema,
pensano che si trattino di semplici goliardate e non di
un piccolo dramma sociale. Bullismo e nonnismo a scuola?
Quando è troppo e quando i teppisti scatenano gli
istinti più violenti, è meglio che in attesa di giudizio
vadano in carcere – anche se minorenni – piuttosto che
in comunità. Mi risulta che questo fenomeno sia in
preoccupante aumento (ed ha probabilmete a che fare con
carenze affettive e ambientali). Bisogna però ricordare
l’allarme di questo segnale, che i dati denunciano da
soli. La presenza del bullismo nelle scuole medie è
alta. Comportamenti palesemente violenti ma anche
atteggiamenti più sottili: insinuazioni, minacce, offese
che mirano ad isolare dal gruppo alcune vittime – capri
espiatori di un’aggressività non compresa e non
contenuta dagli educatori. Questo è’ il mobbing, il
nonnismo in versione prima infanzia: tanto più doloroso
–un marchio– in personalità fragili ancora in formazione.Questa
è una priorità: ho letto che la scorsa settimana un
adolescente di colore adottato ha tentato il suicidio
per le prese in giro continue dei compagni! E in questo
c’è una responsabilità delle strutture – pubbliche e
amministrative. Bisognerebbe dire una volta per tutte:
“Stop al bullismo nelle scuole medie inferiori e
superiori”. E’ stato infatti dimostrato in maniera
convincente che il bullismo è un problema rilevante
nelle scuole medie. Ed è proprio la generazione che
cresce, quella delle medie, ad essere più a rischio. E
non si deve correre il rischio di etichettare questi
episodi di nonnismo alle medie come semplici ragazzate,
perché questi fatti incresciosi dimostrano che qualche
cosa non va. E non sembra che sia una prerogativa delle
classi sociali più disagiate, come succedeva in passato,
ma sempre più spesso il disagio matura in chi, forse
proprio perché abituato ad essere sempre accontentato,
deve andare alla ricerca di qualcosa di più. Per
apparire, senza essere. Prese in giro e piccole
estorsioni di merende. Il bullismo può essere attuato
sia da singoli che da gruppi di alcuni ragazzi. Mi hanno
detto che si può distinguere un bullismo diretto, con
azioni aggressive, e un bullismo indiretto che provoca
in genere l’isolamento della vittima dal gruppo. Nella
maggior parte dei casi gli atti di prevaricazione
avvengono in gruppi di 2 o 3 ragazzi. Per definire
infine l’azione come atto di bullismo si è concordi nel
ritenere che l’atto debba prevedere una asimmetria nella
relazione, dove ovvero i più forti si impongono su un
debole. E sembra che i maschi sono maggiormente esposti
al bullismo rispetto alle femmine. Non è proprio il
nonnismo che c’era nelle caserme, ma anche di questa
forma più soft sembra che i ragazzi italiani delle
scuole media non ne siano certo entusiasti.


2) La moneta unica europea ci ha fatto entrare, in
questo modo, pienamente in Europa. ma l’entrata
dell’Italia in Europa ha significato anche l’entrata di
Roma in Europa


Sono ormai cinque anni che in Italia possediamo l’euro.
La moneta unica europea ci ha fatto entrare, in questo
modo, pienamente in Europa. Tuttavia, l’entrata
dell’Italia in Europa ha significato anche l’entrata di
Roma in Europa. E quindi di noi romani. Ma, mentre il
resto dell’Italia si sta progressivamente europeizzando,
non mi sembra che lo stesso stia capitando qui da noi,
“nell’urbe eterna”. Tanto è vero che, contrariamente ai
padani i quali sono ben felice di sentirsi
mitteleuropei, o ai piemontesi i quali sognano di fare
un po’ i francesi, o agli snob fiorentini che vorrebbero
tanto chiamare le loro colline Chiantistiche, a noi
romani, invece, di diventare inglesi, o francesi, o
tedeschi, o per lo meno spagnoli non ci interessa per
niente. Ed io, nativo dello storico rione del Testaccio
con discendenze trasteverine, cresciuto nel quartiere
“giardino” della Garbatella e, dopo essermi sposato da
più di venti anni, residente ad Ostia “il mare di Roma”
-e, quindi, profondamente romano e ben lieto di esserlo-
posso, a ragione, affermare che noi romani, da più di
duemila anni, a torto o a ragione, ci sentiamo superiori
a tutti. E’ un atteggiamento che fa parte della nostra
storia, del nostro carattere e del nostro modo
fanfarone, ma sincero, di affrontare la vita. Ce lo
vedete un romano fare la fila alla posta di Testaccio
come Mr. Jones al post office di Kensington? Ce lo
vedete un romano parcheggiare la sua automobile come un
danese a Copenaghen? O ridere delle insipide barzellette
fiamminghe? E quando va in spiaggia vestirsi come quei
tedeschi con sandali e calzini che incontri non solo sul
lungomare di Ostia, ma anche, con lo stesso look, nel
centro di Roma? No, non è bastato certamente l’euro a
convincerci che un wurstel vale una coscia d’abbacchio
né che la pancetta con le uova fritte sia più saporita
dei rigatoni con la pajata o della coda alla vaccinara
che cucinava mia nonna Jole. E, fortunatamente, allo
stesso modo la pensano anche i miei figli Gabriele e
Alessandro e tanti loro amici. Il romano è un osso duro
per l’Europa. Prima di piegarci ad un nuovo modo di
vivere e di pensare passeranno molti anni, forse diverse
generazioni. E, probabilmente non ci riusciranno mai!
Del resto “civis romanus sum!


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